Narrativa straniera Romanzi Taccuino di un vecchio sporcaccione
 

Taccuino di un vecchio sporcaccione Taccuino di un vecchio sporcaccione

Taccuino di un vecchio sporcaccione

Letteratura straniera

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Le corse dei cavalli, gli incontri di boxe, le donne, le sbornie colossali, le interminabili giornate al bar, le avventure spesso sordide sullo sfondo di un'America povera ed emarginata: nel suo libro più celebre, un Bukowski più "arrabbiato" che mai ci restituisce con forza tutto il suo universo narrativo, giustapponendo alla crudezza di una resa realistica l'elemento ludico, la vis comica, la capacità di sorridere davanti alla desolazione della vita.



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Taccuino di un vecchio sporcaccione 2016-07-17 15:00:06 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Luglio, 2016
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Un ritratto disperato di sè stesso e del mondo

Il taccuino è costituito da note (“Notes of a dirty old man”) che Bukowsky fece pubblicare nel 1969 e che apparivano in una rubrica settimanale tenuta dall’autore su un foglio underground di Los Angeles, Open City, allora con buon numero di vendite e un discreto successo. La raccolta è una selezione di annotazioni apparse in circa 14 mesi: sono divagazioni su una delle grandi passioni di Bukowsky, le corse dei cavalli e le relative scommesse, gli incontri con scrittori e poeti dei suoi tempi, esperienze varie di vita, dai lavori precari che terminavano regolarmente con il licenziamento, ai litigi con i padroni di casa, il tutto condito da solenni ubriacature, avventure con donne di ogni risma, litigi furiosi che lo vedevano quasi sempre soccombere. Una vita disperata, tra sogni di grandezza e miserie quotidiane, visioni oniriche e desideri di morte, sempre in lotta impari con il becero conformismo, la stupidità e la cattiveria dell’uomo, l’ipocrisia gretta del potere costituito. E’ indubbiamente un grande autore, che ha lasciato un segno forte nella letteratura del secolo scorso, un autore che potrà non piacere a tutti ma che ha caratterizzato con il suo stile informale e senza censure morali un’epoca storica. La sua visione disperata del mondo (“Il mondo fa di noi uomini dei pazzi, e perfino i santi sono dei dementi, non si salva niente. Così vaffanculo”) è comunque sempre mitigata da una vena ironica di commiserazione per sé e per gli altri, che lo aiuta a sopravvivere ed a “liberare” la sua anima, che solo accanto ad un’altra “anima libera” trova un senso di profondo benessere.

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Taccuino di un vecchio sporcaccione 2013-09-21 05:46:01 paolasirigu
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paolasirigu Opinione inserita da paolasirigu    21 Settembre, 2013
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Un sapiente disordine narrativo

Non è possibile scrivere la trama di quest’opera, perché è una vera girandola di pensieri, possiamo invece darne una visione d’insieme. Quando uscì questo libro, possiamo immaginare che accadde se pensiamo a com’era trent'anni fa l’America, un paese di puritani dove si venerava lo zio Tom. Scossa dallo stile irriverente di un emigrato, un signor nessuno che dal nulla si permetteva di mettere in discussione il paese più potente del mondo, l’America intera non poté che trovare questa opera scandalosa e assolutamente inaccettabile. I conformisti dell'epoca cercavano di mantenere lo status quo e di difendere il pensiero borghese refrattario a qualsivoglia forma di innovazione. Eppure Bukowski riuscì a ottenere un grande successo e una grande fama artistica. Bukowski, infatti, se a prima vista può sembrare uno stupido alcolizzato, in realtà si rivela persona colta e intelligente. Oltre a possedere una solida cultura che sfoggia con classe nei suoi scritti, si mostra in grado di dipingere la realtà che lo circonda con un occhio disincantato e spietato. Egli non parla solamente di prostitute e sbronze, di posti squallidi e poco frequentati, parla anche di politica e di guerra, ed era questo ovviamente ciò che dava più fastidio all'America. In un’America che tutto taceva (con la guerra del Vietnam per esempio), qualsiasi forma di ribellione era vista con grande fastidio. Questo scrittore fece parte della «Beat Generation», movimento che contestò molte azioni del paese, in primis quelle politiche.
Lo stile di Bukoswki è sempre il medesimo: asciutto e mirante all'obiettivo di stupire e soprattutto di scuotere i lettori per comunicare il fetore che circonda certi ambienti della società americana, ben lontani da quell'immaginario collettivo che vede nell'America l'emblema del benessere e delle "possibilità. Lo stile è asciutto, mai prolisso, quasi giornalistico, e riesce a dipingere le situazioni che vive con un realismo coinvolgente. E' uno stile particolare, personalissimo e nel quale egli riversò la disperazione con cui visse la vita. Uno scrittore quindi assoluto e inimitabile, che non scese mai a compromessi e che usò la scrittura come unico mezzo per affrontare la vita.
La narrazione gioca su una serie di racconti che sembrano intrecciarsi casualmente, come altrettanto casualmente entrano ed escono nel racconto una miriade di personaggi; Bukowski presenta un campionario umano che crea repulsione, uno "zoo" di personalità malate e deviate, quasi irrimediabilmente perse, eppure l'ironia scanzonata di Bukowski riesce a descrivere in modo efficace quella realtà senza ambiguità, dando al disordine un senso di discontinuità che permette al lettore di riflettere sulle permanenti provocazioni.
Definirei lo stile di questo libro un sapiente disordine narrativo e personalmente non posso che consigliarvi questa indimenticabile lettura.

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