Narrativa straniera Romanzi Tropico del Cancro
 

Tropico del Cancro Tropico del Cancro

Tropico del Cancro

Letteratura straniera

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Proibito per oscenità in tutti i paesi anglosassoni, il libro divenne ben presto uno dei più ambiti souvenir di viaggio dei turisti inglesi e americani, che lo importavano di contrabbando. Romanzo in prima persona, o meglio vera e propria autobiografia con il ritmo narrativo di un romanzo, Tropico del Cancro racconta, con linguaggio fluidamente realistico, la vita e le imprese di Henry Miller e dei suoi amici, aspiranti artisti, nei quartieri poveri della Parigi degli anni Trenta.



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Opinioni inserite: 5

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Tropico del Cancro 2019-11-03 17:46:58 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    03 Novembre, 2019
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Parigi hardcore

Questo Cancro è ambientato a Parigi.
Poi verrà il Capricorno ambientato a New York.
Il filo comune di entrambi è: vivere di nulla, bighellonare e soprattutto fottere ogni cosa che si muove.
E' un libro lussurioso e anarchico.
Se avete morali, vi prude se sentite parlare di sesso, se credete che il lavoro, la professione, la carriera, accumulare danaro, sia il massimo della vita, allora mi sa che questa lettura potrebbe disturbarvi un pochino.
E' il classico libro, come lo definisco io, senza ne capo ne coda, che potrebbe durare un milione di pagine come cinque righe.
Ci sono una serie di strampalati avvenimenti che accadono per le sudice vie di una sporchissima Parigi, mai così lontana dai suoi fasti e le sue strade scintillante.
Ci sono degli esseri che si accoppiano in maniera selvaggia per ogni dove.
Il nostro eroe scrittore ha talmente alta la repulsione per la fatica e il lavoro che preferisce essere torturato piuttosto che muovere un dito.
Chissà come riesce malgrado essere scannato al midollo, a inzuppare il biscotto per ogni anfratto.
Immaginate uno straccione, un fallito, un derelitto, uno con la pancia gonfia per la fame, riuscire a pucciare ogni gallinella gli passi sotto al becco.
Ora io non sono sicuro che lo scrittore fosse completamente savio quando ha scritto questa opera così romantica, però mi appare assai curioso che abbia praticamente fecondato tutta la capitale francese senza avere un quattrino in tasca. Per mia esperienza di solito quando mi approccio a una femmina, la prima domanda è: che lavoro fai? manco il nome mi chiedono....dovrebbero imparare dalle francesi a sto punto......

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Tropico del Capricorno
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Tropico del Cancro 2014-03-12 17:53:52 Giovannino
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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    12 Marzo, 2014
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Sesso, sesso e sesso.

In tre parole: sesso, sesso e sesso. Eh si, c'è poco da dire, è il filo conduttore del romanzo, magari intorno c'è anche altro (senza magari), però il sesso è ciò che più risalta e ciò che attirerà maggiormente la vostra attenzione, soprattutto se pensate che questo libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1934 e per quel tempo dire che il linguaggio di Miller è scandaloso è forse riduttivo. Nel romanzo Miller ci racconta del suo soggiorno parigino, la storia non segue un filo cronologico, e i riferimento storici sono pochi e poco chiari, viene però descritto accuratamente (in prima persona) tutto quello che il nostro Henry fa nelle varie giornate. Passiamo quindi dalle giornate trascorse ai bar e alle strade di Montparnasse ai vari bordelli, dove Miller passa diverso tempo. Non mancano le descrizioni accurate delle varie avventure sessuali del protagonista e dei suoi amici (si, spesso il vecchio Miller andava nei bordelli accompagnato da altri amici, a volte usando anche i loro soldi). Il linguaggio è diretto e semplice e in alcuni casi è presente anche un accenno di "prosa spontanea", tecnica utilizzata e resa famosa da Kerouac (i due si stimavano molto). Ciò che più mi ha colpito di questo romanzo, oltre appunto agli espliciti riferimenti sessuali (ho capito perché il libro è stato prima censurato e poi usato per sostenere la "rivoluzione sessuale") è stato il paragone tra Francia (o Europa) e America. Miller vede la Francia e l'Europa come un posto dove l'uomo viene valorizzato per le sue capacità e l'artista ha più spazio per esprimersi, al contrario l'America viene descritta come bigotta è culturalmente arretrata. Molto interessante anche il monologo finale in cui l'autore si definisce "disumano" in quanto ormai ha perso ogni legame umano e crede che l'uomo debba abbandonare "ciò che è statico" (la storia, gli antichi idoli o scrittori) per riavvicinarsi a "ciò che è fluido" (i rapporti umani, la contemporaneità). Un libro che si legge, anche se a volte rischia di risultare monotematico e lento, fortunatamente non dura più di quanto deve.

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Tropico del Cancro 2014-01-11 04:57:54 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    11 Gennaio, 2014
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CINQUANTA SFUMATURE DI MILLER…

Il libro scandalo di Arthur Miller, pubblicato nel 1934, è un’autobiografia che coglie l’intemperante autore nella sua stagione parigina (“È l’autunno del mio secondo anno a Parigi”), dedito a una vita trascorsa sopra le righe tra sfrenatezze ed eccessi sessuali e alcolici. Una versione riveduta e corretta dell’ottocentesco stile bohémien (“Non ho soldi, né risorse, né speranza. Sono l’uomo più felice del mondo”), a concretizzare una poetica (“Una sola cosa mi interessa, ora, e ha per me un’importanza vitale: registrare tutto quello che nei libri è omesso”) che vorrebbe essere innovativa per il XX secolo (“Il secolo vuole violenza, ma abbiamo soltanto esplosioni mancate”) nelle ansie di un decennio proteso tra crisi economica ed esplosione del secondo conflitto mondiale.

… E CINQUANTA SFUMATURE DI PARIGI

Non soltanto sullo sfondo, Parigi invade l’artista con i suoi monumenti (“Alberi scarni, nudi, matematicamente fissi nei loro graticci di ferro; la tetraggine degli Invalides che scaturisce dalla cupola e inonda le strade buie adiacenti alla piazza”), con i templi della mondanità (“Vedo la platea vuota delle Folies Bergère e in ogni crepa ci sono scarafaggi, pidocchi e cimici; vedo gente che si gratta frenetica…”), con lo spirito di pittori (“A sera, di tanto in tanto, sfiorando i muri del cimitero, inciampo nelle fantomatiche odalische di Matisse legate agli alberi…”) e poeti (“A pochi palmi, ma distante incalcolabili ere temporali, giace lo spettro prono di Baudelaire, avvolto in bende come una mummia…”): una realtà metropolitana pervasiva (“Ci vorrebbe una vita a esplorarla di nuovo. Questa Parigi, di cui io solo avevo la chiave, non si presta a un giro, nemmeno con le migliori intenzioni; è una Parigi che bisogna vivere, che bisogna provare giorno per giorno in mille diverse forme di tortura, una Parigi che ti cresce dentro come un cancro, e cresce e cresce finché non ti ha divorato”) che viene descritta come incubo (“A ogni stazione della metropolitana ci son teschi ghignanti… Ovunque siano muri, là sono lucidi tossici granchi che annunziano l’avvicinarsi del cancro. Dovunque tu vada, qualunque cosa tu tocchi, è cancro e sifilide. Sta scritto in cielo: fiammeggia e danza come un malaugurio. Ha roso le anime nostre e noi non siamo altro che una cosa morta, come la luna”) in analogia a quanto avviene in molta arte figurativa dell’epoca.

Il romanzo è un capolavoro creativo nell’espressione della concezione artistica (“Fino a oggi… ho avuto idea di abbandonare la base aurea in letteratura, La mia idea, in breve, è di offrire una resurrezione dei sentimenti, di raffigurare la condotta di un essere umano nella stratosfera delle idee, cioè in un accesso di delirio”) e in alcune intuizioni estetiche, come ben illustrato da un prefatore d’eccezione: George Orwell che scrive l’introduzione all’opera intitolandola “Nel ventre della balena”.
L’opera mi ha respinto per le concezioni maschiliste (“L’importante è non prendere lo scolo”), materialiste (“Ci son da qualche parte i quindici franchi di cui a nessuno importa un accidente e che nessuno alla fine avrà, ma i quindici franchi son come la causa prima delle cose…”) e nichiliste (“Tutto questo mistero del sesso, e poi ti accorgi che è nulla, un vuoto e basta”) di un sesso praticato senza trasporto sentimentale (“Né lui né io abbiamo un briciolo di passione”) tra i postriboli e sotto l’incubo del mal francese.

Bruno Elpis

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...il libretto de "La bohème" o il romanzo di Henri Murger "Scènes de la vie de bohème"
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Tropico del Cancro 2010-10-18 09:54:50 Ginseng666
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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    18 Ottobre, 2010
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Volgarità e disfacimento

Abbagliata da giudizi positivi e da critiche lusinghiere, e avendo il libro in biblioteca, mi sono impegnata in questa lettura che si è rivelata ostica e per nulla piacevole...
Sono le reminescenze dell'autore che descrive il suo vissuto e quello dei suoi amici in una Parigi povera e decadente...
Pur essendo dispiaciuta non mi sento di condividere tali giudizi...
Si tratta di un libro volgare e dai contenuti scialbi, privi di significato, orrende descrizioni sessuali che mi hanno indotto il vomito, linguaggio scurrile e privo di eleganza...
Non mi sento di consigliarlo a nessuno e mi spiace per l'autore Miller che ha scritto anche dei romanzi carini come ad esempio "Paradiso perduto", ma in questa squallida cronoca di sesso, pidocchi e ambienti sudici non ci trovo nulla di interessante.
Non lo consiglio agli adulti perchè c'è il pericolo di smettere di fare sesso per il disgusto, non lo consiglio ai ragazzi per ovvie ragioni di decenza, perchè è un romanzo imperniato di parolacce e quindi nulla può insegnare loro se non la volgarità e la decadenza...Se volete leggere un bel classico erotico vi consiglierei semmai "l'amante di lady Chatterley" che riporta alcuni esempi cristallini di amplessi sensuali molto eccitanti.
Per il resto, e scusandomi dei toni accesi...
Sconsigliato.
Saluti.
Ginseng666

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Non lo consiglio a nessuno..
Tropico del Cancro 2010-05-25 11:11:47 Indigowitch
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Indigowitch Opinione inserita da Indigowitch    25 Mag, 2010
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Inquietudine e disfacimento

Il motivo per cui leggere questo romanzo?
Uno di questi è lo stile. Miller riesce a coinvolgerti piano piano, in maniera quasi inoffensiva, ti balza alle spalle e, senza accorgertene, scopri che non puoi fare a meno di pensare con la sua testa, vedere le cose con i suoi occhi.
La realtà che dipinge è cruda, arida, priva di lirismo.
La Parigi descritta è una città-fantasma, e il narratore stesso è un fantasma, un uomo squattrinato che non ha niente da perdere, che ti trascina nei suoi deliri così veri, così spiazzanti...
E' una Parigi dei quartieracci, dei bordelli, una città polverosa a cavallo tra le due Guerre.
Quando si parla di Miller, la prima parola che viene in mente è "sesso". Inutile dire che il sesso c'è,ma è davvero così fondamentale? Quando leggo una scena di sesso in Miller la trovo sempre perfettamente calata nel contesto, sicuramente realistica, un po' cruda, ma per niente ipocrita.
I personaggi di Miller non sono spensierati acrobati del sesso, piuttosto sono mossi da una fame di vita che ha il sapore della disperazione. E' un sesso, quello di Miller, che porta,assieme alla soddisfazione momentanea, la sifilide, la gonorrea, il disfacimento interiore.E' anche un sesso visto con ironico cinismo, che in certi casi ti strappa un sorriso,come nelle scene in cui compare la sedicente principessa russa.
Un libro da leggere, possibilmente continuando con "Tropico del Capricorno", a mio avviso il vero capolavoro milleriano.

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