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Illusioni perdute
 
Illusioni perdute 2014-02-23 06:01:17 romantica82
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romantica82 Opinione inserita da romantica82    23 Febbraio, 2014
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Un libro senza tempo

“Fu un momento delizioso, una di quelle rose d’amore e di tenerezza che fioriscono sul ciglio dei più aridi sentieri della miseria e qualche volta in fondo ai precipizi”: questa immagine del fiore, simbolo di bellezza e di purezza, che a volte fiorisce in mezzo ad un territorio brullo e desolato è, a mio avviso, la sintesi magistrale di questo libro.
Il fiore rappresenta proprio il tema delle illusioni ed il suo essere spuntato in un luogo così inospitale, fatto, cioè, di ipocrisie e di chiusura verso chi non è riconosciuto come autorevole agli occhi della società, impedisce a quel piccolo essere di crescere, germogliare e mettere radici costringendolo, così, a morire irrimediabilmente.
Se in Eugenie Grandet Balzac tratta il tema dei “sogni illusori” da un punto di vista prettamente femminile, in questo libro egli lo fa ponendo al centro dell’attenzione un ragazzo, accomunato da Eugenie per la sua provenienza provinciale, ma, differentemente dalla fanciulla dallo spirito arrendevole, egli è un ambizioso, un intellettuale che ama la scrittura ed, in particolar modo, la poesia. Questi è Luciano Chardon, figlio del farmacista del paese e di una donna proveniente dall’aristocratica famiglia de Rubempré che, a causa della prematura morte del marito, ha dovuto farsi carico del figlio sognatore e di una ragazza, Eva, che cerca, con il sudore della fronte, di aiutare il fratello a coronare il proprio sogno: andare a Parigi, la grande capitale, dove sicuramente sarebbe riuscito ad entrare nella respublica dei letterati.
Eva, sua madre e Davide Sèchard, migliore amico di Luciano e poi marito di Eva, lavorano con impegno per consentire a Luciano di partire il prima possibile e fanno coincidere i loro sogni con la speranza di vedere pubblicati i lavori in prosa ed in versi del ragazzo.
Ma, recatosi a Parigi, irrimediabilmente egli si scontra con una realtà completamente diversa da quella che aveva immaginato nel paesello: i libri vengono trattati alla stregua di una merce qualsiasi, prodotti insieme dagli scrittori e da quel nuovo e misterioso meccanismo che si chiama industria culturale, e la letteratura, da disciplina alta che scandaglia l’animo umano, è supinamente subordinata alla legge della domande e dell’offerta. Questo metterà fortemente in crisi il giovane e bel Luciano, che intraprenderà una parabola discendente che lo porterà addirittura a mettere in crisi il proprio rapporto con le tre persone più importanti della sua vita: Eva, Davide e sua madre.
E il lieto fine? Come di consueto nelle opere di Balzac il finale rimane aperto e lascia a ciascuno di noi di metterci in relazione con le nostre illusioni, con i nostri sogni più reconditi e, solo alla luce di questa analisi interiore e soggettiva, ognuno può attribuire un finale differente, ed anch’esso personalissimo, alla vicenda narrata.
Consiglio vivamente la lettura di questo capolavoro, un libro senza tempo, per l’appunto, perché in qualsiasi periodo storico ed in qualunque città o paese si viva, ogni uomo o donna ha un proprio bagaglio di illusioni che, in misura più o meno grande, ha cercato di mettere in pratica nella propria vita e, dalla mancata realizzazione di tutte o di parti di esse, ciascuno trae un insegnamento ed elabora un particolare modo di concepire l’esistenza umana.

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