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I dolori del giovane Werther
 
I dolori del giovane Werther 2020-12-21 13:26:13 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    21 Dicembre, 2020
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Un caso editoriale... un po' invecchiato

Leggere “I dolori del giovane Werther” subito dopo “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” mi ha portato a due constatazioni: la prima è quanto l'opera giovanile di Goethe avesse avuto un potentissimo impatto non solo sui lettori di tutta Europa, ma anche sul mondo letterario del tempo; la seconda è diretta conseguenza della prima, e si riferisce al fatto che la letteratura italiana (mi riferisco esclusivamente a quella in prosa) avesse a un certo punto smesso di essere quella da cui tutta Europa attingeva. A un certo punto (e quello della scrittura del Werther sembra essere un importante snodo) i letterati italiani si ritrovano molto più frequentemente ad attingere ai colleghi stranieri dando il via a una tendenza che mi pare si sia attenuata soltanto nel Novecento (che comunque è stato un secolo florido per la letteratura quasi ovunque). Si, perché le somiglianze tra Jacopo Ortis e Werther sono a dir poco evidenti, e il fatto che Foscolo avesse il coraggio di negarlo è anche piuttosto ridicolo: perché anche se Ortis mette parte del suo focus su un sentimento patriottico che nel Werther è totalmente assente, la struttura del romanzo - nonché le sue dinamiche narrative - sono praticamente identiche.
Ma sto divagando.
Tralasciando l'Ortis, "I dolori del giovane Werther" si focalizza su temi più psicologici e relativi all'individuo, con cui pare che la generazione di giovani del tempo si ritrovasse molto. Werther è un uomo passionale, intelligente ma scostante, che può passare dalla gioia di vivere (palese a inizio romanzo) a una completa depressione che porta all'epilogo che tutti conosciamo. Nonostante contenga brani meravigliosi e riesca a isolare tratti della natura umana che sono applicabili all'uomo ancora oggi, il Werther è tuttavia uno di quei romanzi che secondo me sono “invecchiati male”. Mi spiego meglio. Sebbene si legga piacevolmente (cosa niente affatto scontata per l'epoca in cui è stato scritto), è tuttavia intriso d'un sentimentalismo che fatica a farci entrare in empatia col protagonista e, sebbene ogni romanzo vada contestualizzato, è naturale che il lettore tenda a sentire più vicini personaggi che esprimano emozioni che può capire (cosa che è difatti accaduta quando il Werther è stato pubblicato). Ma ci sono personaggi che resistono alla prova del tempo: infatti, il dolore di vivere d'un certo Amleto è spaventosamente attuale ben quattrocento anni dopo il suo concepimento, mentre quello di Werther è qualcosa che oggi si fatica a comprendere, che ci sembra eccessivo e quasi immotivato. Perché? Perché il dolore di Amleto ha radici che vanno molto in profondità, in anfratti dell'animo umano che non cambiano mai; in dubbi che l’uomo moderno non ha ancora sradicato e forse non sradicherà mai. Il dolore di vivere di Werther, invece, che era sembrato eccessivo anche a molti suoi contemporanei, risulta piuttosto alieno agli occhi di una società come la nostra, in cui l'amore romantico ha subito una gran batosta (purtroppo); figurarsi come può considerare la cieca passione di cui è preda Werther, che dall’amore impossibile non trova altra via d’uscita che la morte.
In conclusione, senza negare il valore poetico e storico dell'opera, “I dolori del giovane Werther” è un romanzo che ci presenta un dramma in certi tratti toccante, ma che si allontana sempre più dall'uomo moderno e non può avere l'impatto di altri capolavori, anche se più antichi addirittura di secoli.

“Oh ché la lontananza è come l’avvenire! Vasto e indistinto, tutto un mondo si stende innanzi all’anima nostra, e sguardo e senso vi si perdono; ahimè vorremmo dar tutto l’essere nostro per sentirci una volta colmare della delizia di un sentimento unico, grande, splendido; ma quando poi gli siamo corsi incontro, quando il Laggiù è divenuto un Qui, ogni cosa è rimasta come prima, e non è finita la nostra povertà, non s’è allargato il nostro carcere, e l’anima agogna sempre il ristoro che le è sfuggito.”

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Commenti

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Bella recensione, Valerio.
Ti voglio segnalare il bel romanzo (pare ben documentato) "Carlotta a Weimar", di T. Mann. Protagonista è la donna che ha ispirato la figura di Lotte del "Werther". Ormai sessantenne, incontrerà , dopo decenni, pure Goethe.
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Valerio91
23 Dicembre, 2020
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Ciao Emilio,
mi segno il titolo che hai consigliato. Dalla postfazione di Werther (scritta dallo stesso Thomas Mann), mi sembra di capire che questo incontro tra Goethe e la Lotte "reale" sia davvero avvenuto, e lei ne sia rimasta piuttosto delusa.
Interessante.
Ciao Valerio, molto belle e acute le tue riflessioni iniziali che denotano senza dubbio anche le tue ampie conoscenze. L'idea che invece non condivido è quella su come è invecchiato il libro. Concordo con te che c'è troppo sentimentalismo ma in quei anni abbondava e abbonda anche oggi in un determinato genere di libri, che può piacere o non piacere. Molti classici sono intrisi di questo sentimentalismo, persino in Dostoevskij ne troviamo, ma non per questo sono invecchiati male. Quanti ragazzi giovani di oggi, di nemmeno vent'anni, si suicidano per cose ancor più futili di un amore non corrisposto? Una lettura che ricordo con piacere per la sua grande eleganza e poetica.
In risposta ad un precedente commento
Valerio91
24 Dicembre, 2020
Ultimo aggiornamento:
24 Dicembre, 2020
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Ciao Ioana,
non so, forse la considero una cosa lontana dalla mia concezione di realtà, dunque non la reputo attuale. Sebbene il tuo ragionamento abbia perfettamente senso, non credo che quello dei suicidi per "amore non corrisposto" sia il tasso più alto, al giorno d'oggi, mentre allora pareva essere una cosa sentitissima. Oggi è entrato in gioco un amore molto più "razionale", nel senso che i colpi di fulmine come quelli che colpiscono Werther e Jacopo Ortis (così come tantissimi altri personaggi soprattutto pre-Novecento) sono ormai sempre più rari; ancor più rari i suicidi per amori scaturiti così all'improvviso, senza una relazione che sia veramente intima ma perlopiù platonica (anche se in questo caso un minimo d'intimità c'è, ma nulla di trascendentale).
Io ho l'impressione che questo tipo di personaggi "romantici" risultino ormai un po' "obsoleti", fuori dalla nostra (o almeno dalla mia) concezione delle cose, e forse uno dei bivi è stato proprio un personaggio come Jay Gatsby, che prova un amore romantico folle per una donna che in fondo non conosce ma che tuttavia ha radici psicologiche profondissime, che per me connotano gli eroi (o antieroi) moderni in cui riusciamo a immedesimarci.
Questa è ovviamente una mia opinione... difatti le mie recensioni (sebbene ultimamente siano un po' più critiche del solito, devo ammettere) non vogliono esprimere nulla di oggettivo, ma la mia percezione di lettura.
Ciaooo
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