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La pietra di paragone
 
La pietra di paragone 2020-12-26 21:04:58 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    26 Dicembre, 2020
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Tradimento e castigo

Ho letto questo libro senza sapere che fosse la prima opera della scrittrice e tutto questo non fa che rendere più che positiva la mia considerazione di Edith Wharton, una delle mie autrici preferite, che seguo da un pò di tempo e di cui sto leggendo piano piano tutta la bibliografia. Sono contenta che oggi è possibile trovare il libro cartaceo edito da due diverse case editrici, praticamente sconosciute, la “Landscape”e la “Collina d’oro” (quest’ultima è retta da una fondazione culturale) di cui vi invito a consultare i rispettivi cataloghi online. L’edizione “la tartaruga” del romanzo è fuori catalogo e si può solo trovare all’usato.
E’ un racconto lungo di poco più di cento pagine che si leggono con immensa piacevolezza, soprattutto per lo stile della Wharton, una lingua così elegante e profonda allo stesso tempo e così cristallina che è puro godimento per il lettore.
È la storia di un giovane, Stephan Glennard, che vende, per poter sposare la ragazza di cui è innamorato da due anni, le lettere che una sua defunta amica, innamorata di lui non ricambiata, aveva continuato a scrivergli fino alla morte. Un carteggio molto interessante poiché la donna in questione è stata una delle più importanti scrittrici dell’epoca, Margaret Aubyn, morta da tre anni.
La storia si apre con un annuncio sul quotidiano che il giovane sta leggendo, in cui si dice che un certo studioso stia cercando lettere autografe dell’esimia scrittrice poiché si sa veramente poco di lei. Dopo aver deposto il giornale sullo scrittoio alla memoria di Glennard si affaccia dal passato il volto della cara amica, innamorata senza speranza:

“La rivide come gli era apparsa in occasione del loro primo incontro, una povera intellettuale con gli occhi miopi, il viso lungo e pallido appena ammorbidito dalla grazia della giovinezza e dell’inesperienza, ma anche allora del tutto incapace di fare presa sui sentimenti”.

Una donna dalla bellezza scialba -assolutamente diversa dalla divina Alexia che tanto desidera sposare -, una donna che diventava bella solo quando scriveva e quando parlava. Pensandoci, il giovane si sente lusingato dall’amore della Aubyn, in effetti “un uomo si sente indirettamente adulato dalla superiorità morale di una donna, l’ascendente mentale di quest’ultima non è attenuato da un simile, preciso tributo al suo potere. Guardare in alto è uno sforzo per i muscoli; e Glennard cominciava a ritenere ogni giorno di più che in una donna il cervello dovesse essere solo il risvolto della bellezza”.

Senza meditarci su, decide di vendere le lettere agli editori e dai proventi di questo “tradimento”, poiché in quelle lettere la povera scrittrice aveva messo a nudo la sua anima, può sposare la sua Alexia e tirarla fuori dalla sua giovinezza indigente. Ovviamente a lei non dice nulla.

Le parole non dette o quelle dette, tutto piove sul capo del giovane come velate accuse: le copertine dei libri, le discussioni nei circoli della vita mondana, i giornali, tutti parlano del nuovo romanzo epistolare della scrittrice, pubblicato postumo. Più si parla di lei, più la vergogna punge il cuore e la coscienza del giovane amico. Le amiche frequentate dalla moglie sono attirate e indignate dalla lettura di testi così intimi, una di loro dirà che “è come origliare dal buco della serratura”.

Il rimorso non tarderà a farsi strada, stendendo un velo di ansietà, di colpa sulla serenità della nuova vita a due. Ecco la grandezza della penna della Wharton nel suo lavorio di cesello sulla psicologia del giovane Glennard, sul suo desiderio di autocastigo fino a desiderare il disprezzo di Alexia.

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