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Dora Bruder
 
Dora Bruder 2015-01-27 04:48:50 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    27 Gennaio, 2015
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Giornata della memoria

“Dora Bruder” è una ragazza ebrea; Patrick Modiano è il recente premio Nobel per la letteratura. In quest’opera Modiano tenta di portare alla luce una storia per la quale un annuncio di giornale (“Al Collegio del Sacro Cuore di Maria, da dove Dora Bruder sarebbe scappata una sera di dicembre in cui forse su Parigi era caduta la neve”) è la punta di un iceberg.

Nata nel 1926 (“Nel reparto di maternità di questo ospedale sono nati, nello stesso periodo di Dora, molti bambini di famiglie ebree povere che erano appena immigrate in Francia”) e figlia di ebrei immigrati a Parigi, viene ospitata in un collegio (“… giugno 1940, le allieve e le suore lasciano Parigi e si rifugiano nel Maine-et Loire””) dal quale fugge proprio quando la persecuzione nazista si propaga a macchia d’olio nell’Europa occupata dalla violenza di Hitler.

La famiglia Bruder sembra non aver radici (“(“Sono persone che si lasciano dietro poche tracce. Quasi anonime”) e cerca di proteggere la figlia (“Non ha dichiarato la figlia”): lo scrittore si aggira per Parigi (“E in mezzo a tutte quelle luci e quell’agitazione stento a credere di essere nella stessa città in cui si trovavano Dora Bruder e i suoi genitori…”) immaginandola ai tempi della storia che desidera estrarre dalle macerie dell’oblio e dal determinismo nichilista del fluire del tempo (“Cammino per strade vuote. Per me restano tali anche la sera, nell’ora di punta…”).

Cosa si nasconde dietro alla fuga (“La fuga… è una richiesta di aiuto e in certi casi una forma di suicidio”) di un’adolescente (“Sembra però che ciò che ci spinge a fuggire d’improvviso sia un giorno di grigiore e di freddo che ci fa provare una solitudine ancora più acuta e la sensazione di una morsa che si chiude”) che si aggira nel suo mistero, forse incurante del precipitare degli eventi (“Era in febbraio, pensavo, che loro dovevano averla presa nelle loro reti”) che coinvolgono la sua famiglia, la sua gente (“Hanno seguito il lungo corteo di profughi sulle strade che scendevano verso la Loira”) e l’umanità intera?

Tra le tracce rinvenibili negli archivi (“Il 13 agosto 1942 le trecento donne ebree che erano ancora internate alle Tourelles furono trasferite al campo Drancy”) e raccogliendo qualche testimonianza, Modiano lascia che le emozioni di scrittore prevalgano sulla fredda sequenza dei dati e dei risultati della ricerca storiografica (“Le Tourelles erano soltanto una stazione di smistamento dove ogni giorno si rischiava di partire per una destinazione ignota”). Dopo essersi affannato a interpolare i vuoti (“Ho provato una sensazione di assenza e di vuoto ogni volta che mi sono trovato in un posto in cui avevano vissuto”) sepolti da enigmi e oblio, l’artista fa un passo indietro, per assicurare, alla sua eroina che ha il volto tramandato da poche fotografie, il sacrosanto diritto di esistere in una libertà soltanto ipotetica, storicamente travolta dalla follia omicida dell’umanità: “Ignorerò per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l’inverno della sua prima fuga e nelle poche settimana di quella primavera in cui scappò di nuovo. E’ il suo segreto. Povero e prezioso oggetto che i carnefici, le ordinanze, le autorità cosiddette d’occupazione, il deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo – tutto ciò che insozza e distrugge – non sono riusciti a rubarle.”

Bruno Elpis

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Commenti

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Vedo che le nostre impressioni coincidono quasi totalmente! Ciao, Bruno.
Un commento bello e interessante, Bruno.
Anche a me il libro è piaciuto (mi pare di avergli attribuito il tuo stesso punteggio).
Vedo che stanno uscendo in queste settimane molti libri dell'autore. Evidentemente il Nobel ha avuto i suoi effetti. Il suo stile è affascinante proprio perché, così lieve e personale, sembra non concedere nulla alle attuali ' esigenze del mercato ' .
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