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Fight Club
 
Fight Club 2015-10-18 21:04:36 Vita93
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Vita93 Opinione inserita da Vita93    18 Ottobre, 2015
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Generazione X

“Non importa che se ne parli bene o male, purché se ne parli”. Pochi romanzi si accostano alla famosa affermazione di Oscar Wilde più di “Fight Club”. È quasi impossibile restare indifferenti di fronte ad una lettura così particolare. Il giudizio, sia esso positivo o negativo, passa in secondo piano, tale è la capacità di Palahniuk di incuriosire il lettore con un prodotto unico, apparentemente non accostabile ad alcun genere.

La storia ha come protagonista un anonimo trentenne. Nonostante disponga di un buon lavoro, è sfiduciato nei confronti del genere umano, oltre a soffrire di una tremenda insonnia che lo costringe a partecipare a numerosi gruppi di sostegno per malati terminali, dove trova un conforto che non riesce ad avere nella vita di tutti i giorni.
L’incontro con Tyler Durden cambia la sua vita dopo anni di torpore e passività. Il bizzarro personaggio si presenta come una sorta di guru, demolitore del moderno capitalismo e di una società votata ad un consumismo sfrenato, indotto e non necessario, a difesa della repressa classe media.
I due trovano conforto per se stessi e per molti altri uomini in incontri clandestini di lotta libera tenuti nei sotterranei di bar, cantine, garage, dove sfogare le proprie frustrazioni. Nasce il “Fight Club”, il primo passo di un surreale disegno più ampio che mira alla distruzione della società.

Il libro è un provocatorio simbolo della Generazione X che in chiave puramente concettuale, e per mezzo di molti stereotipi, mira a rappresentare i nati tra il 1965 e il 1980 come un gruppo di individui mediamente caratterizzati da uno scarso sentimento di appartenenza alla società e al valore delle istituzioni, e da un forte scetticismo verso un futuro percepito come vuoto.
Palahniuk utilizza un vocabolario nichilistico, sincopato, ossessivo. Indicative sono le continue ripetizioni di parole e concetti evidentemente volti a fissare un’immagine precisa nella mente del lettore, affascinato e allo stesso tempo smarrito nel continuo cambio di prospettiva della trama, dal momento che già dopo poche pagine si perdono il conto dei flashback e dei salti temporali ideati dall’autore.

Per quanto lo stile sia frammentato, la provocazione è precisa e cristallina. Un messaggio di critica nei confronti del consumismo, dell’arrivismo sfrenato della civiltà moderna, dell'omologazione, della pubblicità che diffonde modelli impossibili da seguire e da imitare, della massa che si lascia imbrigliare da una rete di menzogne. Ma è una provocazione che non risparmia critiche anche alla presunta ideologia sovversiva.

Pur riconoscendo l’indubbia originalità dei contenuti, del linguaggio e delle metafore disseminate per tutto il romanzo, “Fight Club” non mi ha propriamente turbato o sconvolto. Né tantomeno mi sono riconosciuto nel protagonista. Però mi ha senz’altro incuriosito. E vagamente pungolato. E non è poco.

Inizialmente il libro, datato 1996, ebbe scarso successo commerciale, ma divenne un oggetto di culto dopo l’omonimo e brillante film di David Fincher del 1999, con protagonisti Edward Norton e Brad Pitt.

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Commenti

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Ciao Iacopo.
Il tuo commento è equilibrato e molto interessante.
Io non conosco l'autore, molto noto, perché avverto in lui qualcosa di respingente che mi ha fatto evitare i suoi libri. Forse c'è un pregiudizio nei suoi confronti. Tu hai letto altri suoi libri? Ce n'è qualcuno fra essi che reputi quasi imperdibile?
In risposta ad un precedente commento
Vita93
19 Ottobre, 2015
Ultimo aggiornamento:
19 Ottobre, 2015
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Grazie Emilio, ti confermo che anche io ho avuto una sorta di pregiudizio verso l' autore, ma non tanto riguardo al tema o allo stile che trovo originali quanto verso un uso massiccio del " surreale " che io digerisco a fatica, nella letteratura come nel cinema. Di Palahniuk ho anche " Soffocare ", che è considerato l' altro suo capolavoro insieme a " Fight Club " ma che non ho letto.
Riguardo a questo filone di scrittori pessimisti ho qualche libro di Bukowski, ancora da scoprire, e di Irvine Welsh di cui ho letto il famoso " Trainspotting " che ho trovato molto più improntato all' ironia rispetto al duro nichilismo di Palahniuk.
Ti ringrazio, Iacopo.
Devo dire che non mi piace il nichilismo; anzi penso che uno scrittore debba mantenere aperto uno spiraglio verso la speranza. Ciò che hai affermato qui su Palahniuk non fa che rafforzare la mia diffidenza verso quest'autore.
In risposta ad un precedente commento
Vita93
20 Ottobre, 2015
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Si anche io non mi definisco un appassionato di certe filosofie di vita così estreme, ma riconosco quando una cosa è bella indipendentemente dal tema. A tal proposito se sei appassionato di cinema o serie tv ti consiglio la prima stagione di True Detective, una vera e propria opera d' arte in 8 episodi in cui il personaggio Rust Cohle interpretato da Matthew McConaughey, vero e proprio nichilista, è semplicemente leggendario.
Così come a scuola ricordo di aver studiato volentieri Nietzsche e allo stesso tempo altri nichilisti mi hanno suscitato scarso interesse. Quindi credo sia molto più importante il " come " del " cosa ", del tema.
Ecco, il nichilismo di " Fight Club " non mi ha pienamente conquistato perchè troppo surreale, non perchè nichilista. Magari con " Soffocare " sarà tutta un' altra storia.
Spero si sia capito quello che volevo esprimere, e grazie per il tuo interessamento Emilio.
Sei stato chiarissimo, Iacopo.
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