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Notte di battaglia
 
Notte di battaglia 2023-01-21 17:02:29 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    21 Gennaio, 2023
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Caro babbo ti scrivo, così mi distraggo un po’

Swiv è una bambina di circa otto anni. Vive a Toronto assieme alla mamma “Mooshie” – attrice teatrale, incinta al terzo trimestre e, anche per ciò, bipolare con continui mutamenti d’umore – e alla nonna Elvira, cardiopatica e con altre cento patologie che potrebbero portarla a morte “in cinque minuti”. Quindi, per questi motivi, Swiv ha dovuto crescere in fretta, per badare alla sua bislacca famiglia piena di eccessi. Già quando la mamma, anni prima, era stata per oltre quattro mesi all’estero per un film, s’era dovuta occupare del papà che, depresso, stava scivolando verso l’alcolismo. Da allora non ha più smesso di preoccuparsi per suoi. Adesso il papà non c’è più, disperso chissà dove e chissà a fare cosa, dopo che, a seguito dell’ultimo litigio con la moglie, s’è allontanato da casa senza dare più notizie di sé. La mamma invece è impegnata in una pièce teatrale che la tiene lontano di casa per gran parte della giornata, quindi è Swiv a dover seguire la nonna, aiutandola nei difficili spostamenti limitati dall’artrosi, raccogliendole le pillole e le conchigliette di pasta che le cadono continuamente a terra e si spargono ovunque, infilandole le calze anti-trombo, spruzzandole lo spray alla nitroglicerina quando la vede boccheggiare, accompagnandola per la città, quando insiste per far visita alle amiche con cui parla solo delle morti recenti e di chi non c’è più da anni.
In compenso, Elvira, inguaribilmente malata di ottimismo, nonostante i suoi acciacchi, dispensa la sua saggezza cumulatasi negli anni raccontando alla bimba mille cose, utili, inutili, strane e, spesso, un po’ folli; recuperate dal suo passato lontano, vissuto anche in Europa tra est e ovest, dalla sua ricca cultura letteraria, dalla sua esperienza di donna e infermiera, dalla passione per tutti gli sport di squadra. Ma di tempo per stare assieme ne hanno, giacché Swiv, a causa di una delle sue solite intemperanze a scuola, è stata sospesa a tempo indeterminato.
Tutti questi fatti e cento altri ancora sono l’argomento delle interminabili lettere che Swiv scrive (ma ovviamente non invia) al padre, per raccontargli la loro vita di tutti i giorni, nei minimi particolari, dai continui contrattempi, agli spaventi, agli scatti d’ira della mamma e i successivi pianti disperati per il pentimento, dalle irrefrenabili risate della nonna, alla sua esuberanza che non tien conto delle condizioni precarie di salute. Non tutto le è chiaro, molta della storia di famiglia di quando lei non c’era o era troppo piccola per ricordare le è ignota. Certi discorsi sono troppo involuti per lei. È pudica sino alla ritrosia e lo spirito un po’ hippie della nonna la imbarazza e tenta di chiudere le orecchie a certe uscite. Tuttavia, con tenacia, pazienza, dedizione e tanto, tanto amore, cerca di tenere il passo, interpretare e capire quella sua strana famiglia che fa di tutto per non essere normale.

La fascetta che avvolge il volumetto così recita: “Ridere e commuoversi insieme, come nelle storie migliori”. Beh, giunto alle ultime righe del racconto, mi son reso conto di aver, talvolta, sorriso (a mezze labbra, quantomeno), ma di essermi soprattutto sentito soverchiato da un peso di tristezza e malinconia indicibile, unito a un'irrefrenabile empatia per questa bambina che si meriterebbe solo di essere tenuta tra le braccia e rasserenata, lei che avrebbe diritto a un’infanzia spensierata e felice, piena di cure e attenzioni da parte dei parenti e che, invece, la trattano come l’unico pilastro sul quale far poggiare il traballante edificio della famiglia.
Swiv, indubbiamente, è la bambina che tutti vorrebbero avere come figlia, intelligente, spigliata, attenta ai bisogni degli altri, affettuosa e, nonostante tutto, solare e positiva, malgrado le crisi di panico che le prendono quando teme che la nonna muoia all’improvviso o la mamma impazzisca e si suicidi come fecero il nonno e la zia Momo. E l’ottimismo, la voglia di combattere per cercare di sopravvivere a questa guerra quotidiana, ci vengono trasmessi attraverso le sue parole, come un grido di battaglia disperato, ma pure come un ammaestramento per tutti.
Lo stile dell’A., che dovrebbe emulare il modo di esporre i pensieri di una bambina di meno di dieci anni è perfetto, ma solo sotto questo profilo: è caotico; pieno di incisi e di digressioni, spezzettato, i discorsi diretti vengono frammisti alle descrizioni e ai pensieri personali senza soluzione di continuità; mai perfettamente logico e mai irragionevole, ma anzi, terribilmente concreto. Purtroppo, però, il rovescio della medaglia è che questo tipo di narrazione rende molto difficile la lettura; se da un lato sicuramente coinvolge, dall'altro affatica, ogni tanto disorienta, fa perdere il filo dei ragionamenti e, talvolta, porta a distrarsi.
Sorvolando su questa innegabile difficoltà, però, il romanzo è decisamente tenero e commovente. I personaggi di Swiv e di Elvira sono fantastici e sicuramente memorabili, nel senso più proprio del termine. La trama - una volta che, con lo scorrere delle pagine, si riesce a ricostruire il disegno complessivo che essa vuole mostrarci - porta a farci domande profonde sulla nostra vita e sui nostri rapporti con gli altri, a indicarci una via ideale da seguire.
Viene pure il sospetto che questo romanzo sia stato concepito più come una seduta psicanalitica dell’A. la quale, anche attraverso la riproposizione autobiografica di alcuni tragici eventi personali (il padre e la sorella si sono suicidati esattamente come il marito e la figlia primogenita di Elvira), potrebbe aver voluto scaricare dalla sua mente dolori, frustrazioni e ansie, riversandoli sui suoi personaggi letterari. Forse, anche per questo appare partecipato e intenso oltre la mera finzione letteraria.
Da leggere, meditare e apprezzare, ma sicuramente inadatto se si è un po’ depressi.

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