Narrativa straniera Romanzi Groviglio di vipere
 

Groviglio di vipere Groviglio di vipere

Groviglio di vipere

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Groviglio di vipere è un romanzo del 1932 dello scrittore francese Francois Mauriac.



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Groviglio di vipere 2015-01-12 05:14:17 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    12 Gennaio, 2015
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Parenti serpenti da Nobel

Le Nœud de vipères di François Charles Mauriac è la confessione epistolare di Luigi, un uomo di sessantotto anni che vede tutta la sua famiglia – moglie, figli e nipoti – ronzare intorno a lui nell’attesa di ereditare il patrimonio che egli ha accumulato anche grazie all’avarizia. Nutre pertanto la prospettiva di una vendetta che consiste nel diseredare i ”parenti serpenti”. Ma la moglie muore prima di lui e la sua visione delle cose cambia profondamente, soprattutto nell’imminenza della fine dei suoi giorni.
Nella sua lettera, Luigi parla della sua storia con la moglie Isa, dell’amore soffocante di sua madre, delle sue crisi di gelosia. Analizza il suo rancore e i rapporti familiari, fondati sull’interesse economico, e progressivamente matura la “conversione”. Luigi non potrà terminare la sua lunga lettera perché muore nel corso della scrittura. L’ultima parola sarà « ador… ».
Il tema del denaro, del senso della vita, l’idea di Dio e del sentimento religioso si intrecciano in un groviglio che ha la stessa potenza immaginifica del “nodo di vipere” evocato dal titolo e che allude sia ai “parenti serpenti” sia all’intreccio di sentimenti e meccanismi negativi - odio, rancore, invidia, gelosia, ripicche, vendette – che affollano il cuore e lo comprimono.
L'ateo convinto, che aveva sempre accusato moglie e i figli di praticare la religione con ritualità abitudinaria e superficialità, riesce a cambiare e a perdonare, mentre i figli, neppure dopo aver letto il suo diario, riescono a perdonarlo o a capire che le loro colpe non sono inferiori a quelle del padre.
Mauriac, premio Nobel per la letteratura nel 1953, ha scritto un’opera spietata, poco indulgente, spigolosa, che tuttavia ha la profondità della verità e la schiettezza di chi non conosce le mezze misure.

Bruno Elpis

Post scriptum sul Nœud de vipères

La natura fornisce spunti continui sia al linguaggio di tutti i giorni, sia all’immaginazione artistica che nella natura stessa ravvisa occasioni per metafore e trasposizioni.
Nel caso dei rettili, sembra che uno spettacolo da brivido venga offerto da una strategia comportamentale: per conseguire risparmio di calore, le serpi attuano il cosiddetto svernamento di gruppo; numerosi individui (addirittura centinaia!) realizzano uno stretto contatto che permette il mantenimento di temperature più elevate negli ibernacoli. Sono stati osservati anche casi di svernamento di specie diverse nelle stesse cavità, talvolta anche di prede e predatori in contemporanea: coesistenza possibile in quanto nei periodi freddi i rettili non si alimentano.
Quando escono dall’ibernazione in primavera, le serpi offrono uno spettacolo impressionante formando enormi grovigli di maschi che cercano di accoppiarsi con le femmine.
A queste immagini spesso si ispira l’uomo nel suo linguaggio, quando utilizza il fenomeno naturale sopra illustrato per rappresentare in senso spregiativo una situazione di intrighi o un intrico di personaggi infidi.

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“Vipera” di Maurizio De Giovanni e “Covo di vipere” di Andrea Camilleri, per comparare come l’immagine della vipera sia stata utilizzata da due narratori nostrani
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Groviglio di vipere 2015-01-11 17:20:06 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    11 Gennaio, 2015
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Un tenerissimo uomo orribile

"Ero stato così orrendo, che non avevo avuto un solo amico. Ma, mi dicevo, non dipendeva forse fatto che non ero stato capace di simulare? Se tutti gli uomini procedessero sinceramente come io ho fatto per mezzo secolo, ci meraviglieremmo forse che sia così piccola la differenza di livello tra essi? In verità nessuno agisce a viso aperto. La maggior parte simula la grandezza, la nobiltà, e, a sua insaputa, si conforma a tipi da letteratura o ad altri. Lo sanno i santi, che si odiano e si disprezzano perchè si vedono. Non sarei stato disprezzato, se non fossi stato così sincero, così aperto, così semplice."

Bellissimo il personaggio dell'io narrante. E' un personaggio burbero, ostile al mondo, convinto di essere odioso alla sua famiglia, la cui intelligenza lo aiuta a creare una barriera con il mondo che vede schierato contro di lui. La moglie lo ha sposato per interesse, innamorata di un altro, i figli tramano per avere da lui l'eredità. In realtà ha molti buoni motivi per vedere le cose così come le vede, ma a un certo punto, inizia a lasciare un certo margine alle ragioni altrui e prova a ragionare in modo diverso. In realtà nulla cambia nei rapporti con gli altri a parte l'avvicinamento alla nipote Giannina. Ma in fondo nella vita di una persona riuscire ad aprire un solo cuore è sufficiente a giustificare una intera esistenza.

"Come sarei felice se, prima di morire, mi fosse dato raggiungere il cuore anche di un solo essere."

Bellissime le pagine in cui questo uomo burbero, ostile al mondo descrive l'amore per la figlia Maria, morta bambina, per il nipote Luca e anche per la sorella della moglie. Bellissimo il modo in cui senza usare parole e frasi melodrammatiche, ma con una narrazione asciutta, acida, dura lo scrittore ci fa entrare nel cuore torrido, nel deserto dell'io narrante e nel suo bisogno di affetto e di calore umano.
La sua necessità di amore sarà appagata non tanto dall'amore che riceve ma dalla sua mutata disponibilità d'animo.
"Privo di tutto, isolato, colpito dal dolore di una morte orribile, rimanevo calmo, attento, vigile.
Il pensiero della mia triste vita non m'avviliva e non mi sentivo il peso di quella vuota esistenza.... quasi non fossi un vecchio molto malato, quasi avessi innanzi a me un'intera vita, come se la pace, che in me dominava, fosse stata qualcuno."
Un libro notevole per lo spessore dei pensieri e la capacità di penetrazione dell'animo umano. Credo che l'opera di Mauriac sia stata ingiustamente bollata di moralismo. Chi cerca la verità dell'uomo non è giusto che si becchi l'etichetta di moralista solo perchè affronta temi morali e religiosi se lo fa con grande libertà e apertura di pensiero e non per propagandare una ideologia.

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Dostojevskij
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