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Qualche giorno dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, in una lussuosa villa del Connecticut, alcuni amici newyorkesi appartenenti all’alta borghesia intellettuale si ritrovano per riprendersi da quella che considerano la più grande catastrofe politica della loro vita. Si rifugiano in campagna nella speranza di ristabilire la “bolla” in cui sono abituati a vivere. Eva Lindquist, la padrona di casa, propone una sfida. Chi di loro sarebbe disposto a chiedere a Siri come assassinare Trump? Nessuno, a eccezione di un cinico editore, raccoglie la provocazione. Gli amici progressisti di Eva e del marito Bruce con la loro pavida reazione introducono uno dei temi portanti del romanzo: la paura di fronte a un nuovo clima politico. Delusa dal suo paese, dove non si sente più “a casa” e al sicuro, Eva decide di partire per Venezia, città che ha conosciuto e amato in gioventù. Lì, quasi per caso, visita un affascinante appartamento e decide di acquistarlo. Il soggiorno in quella città la aiuta a cercare un nuovo modo di immaginare il mondo. Intorno a quello di Eva si intrecciano i destini degli altri personaggi, che prendono forma attraverso dialoghi incalzanti e ironici, nei quali si configurano possibili soluzioni a esistenze segnate dall’inquietudine. Ecco allora i tradimenti, le fughe e la menzogna a coprire tutto. Il decoro affronta gli imprevedibili appetiti d’amore, di potere e di libertà che plasmano la vita pubblica e privata delle classi privilegiate. Un romanzo che parla del bisogno di sicurezza e dell’istinto di scoperta, del rapporto tra altruismo e autoconservazione e della natura effimera di un certo tipo di ricercatezza.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il decoro 2020-07-22 09:39:06 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    22 Luglio, 2020
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Minestra di acetosella

“Oh Eva devi scrivere questo libro, devi scrivere questo libro”…
“Se fosse per me ne sarei felice, soltanto che i commerciali dicono che questo non vende, quello non vende, nessuno legge più le biografie, nessuno legge più le raccolte di racconti, la poesia poi non l’ha mai letta nessuno”, la gente vuole soltanto libri su quanto è stronza Hilary Clinton e i cosiddetti graphic novels del cazzo, dove le parole proprio non ci sono”.
“Niente di strano che tu sia contento di esserne fuori”, disse Jake.
“Certo. Sono stufo di queste cazzate. E non sono solo gli editori, ci si mettono anche gli scrittori. Il novanta per cento di quello che viene pubblicato non ha alcun valore. Con un po’ di fortuna, e questo sarà il lato positivo di queste elezioni del cazzo, quando gli scrittori si sentiranno di nuovo oppressi, ricominceranno a scrivere libri che varrà la pena di leggere, al posto di tutta quella merda scritta sotto la presidenza Obama, roba da medio borghesi idioti, egocentrici liberal, gente che ha solo da stare lì a guardarsi l’ombelico. Voglio dire, Sheila Heti, Cristo santo. Che stupido libro del cazzo. Questa fa un pompino a un tizio e vomita. Ma chi se ne frega?”
“A me Sheila Heti piace un sacco” disse Sandra.
“Anche a me” disse Rachel. “Non la capisci perché sei un uomo”.
“Bene, allora Jeffrey Eugenides. E’ un segaiolo. Come quello stronzo di Jonathan Franzen, quello stronzo di Jonathan Lethem, e quel coglione di Jonatham Safram Foer. Tutti questi Jonathan di sto cazzo sono solo una manica di segaioli”.

Ammetto che mi aspettavo un testo molto diverso: pungente, satira politica, se non satira almeno qualche amara considerazione o comunque qualche considerazione sulla politica di qualsiasi tipo data la presentazione dell’editore e l’incipit che vede la protagonista Eva chiedersi come assassinare Trump dalla prima frase. In realtà, il romanzo è molto politically correct, anche troppo. Non c’è nessuna considerazione che non sia banale. I maggiori critici della presidenza Trump sono i cani, a cui Trump provoca un uso incontrollato di vescica e sfinteri per un disturbo da stress. Anche la protagonista Eva, sembra avere una allergia a Trump che la costringe ad acquistare un costoso palazzo veneziano probabilmente al triplo del suo valore. Ma l’allergia è davvero a Trump? Eva non è nemmeno andata a votare perché c’era troppa fila. Invece le file degli aeroporti non le danno fastidio. Insomma, il romanzo descrive molto bene una elite, gente che lavora senza avere un lavoro vero: scrittori, architetti, consulenti finanziari, decoratori di interni, cuochi gay improvvisati ma anche ospiti, insomma scrocconi che vivono delle briciole della elite. Gente infantile, li si potrebbe definire alto borghesi idioti, egocentrici liberal, gente che ha solo da stare lì a guardarsi l’ombelico, per citare l’autore. Gente che se ne va in giro con un cappello in testa a forma di passera. Sembra che vivano in un olimpo a parte. A un certo punto il marito di Eva, Bruce, sembra innamorarsi della segretaria malata di cancro che ha tutti i problemi della gente normale. La aiuta, le dà soldi, molti soldi ma non va a letto con lei, suggerendo uno spessore morale che in realtà non esiste. Infatti, poi nelle ultime pagine non si sa come né perché ha una relazione con Sandra. Insomma non era spessore morale, è che certa gente si mescola solo i suoi simili, stessa classe sociale. Tutti parlano, dall’inizio alla fine del libro, solo di Eva, che hanno eletto a perno del loro mondo, senza una vera ragione, per un capriccio. Ma il fatto che si parli sempre di lei dovunque è fastidioso. E’ come stare al centro di una combriccola di pettegoli che vivisezionano il loro bersaglio ma sempre con uno sguardo estremamente superficiale, per esempio ci sono pagine in cui la migliore amica di Eva descrive a tutti gli altri i dettagli anatomici intimi dell’amica. Le relazioni tra queste persone sono fastidiosamente false e stucchevolmente corrette, attente a non contrariare la sensibilità altrui, sensibilità alla forma ovviamente.
Insomma, dico la verità, il personaggio più simpatico del romanzo, per quanto sia una comparsa, è certamente Trump. Il libro è scritto molto bene, da una grande penna ma non dice niente. Può essere gradevole per architetti, dato che si parla molto di arredo di interni e cose simili.
Le pagine più caustiche non sono quelle che parlano di politica, i personaggi ci si approcciano solo per banalità con estrema cautela, dando una botta al cerchio e una alla botte, ma quelle che parlano di altri scrittori. Qui David (per fortuna non si chiama Jonathan) non ha freni inibitori. Non ha grande stima di parecchi colleghi che definisce segaioli e stronzi. Io ho solo un vaghissimo ricordo di un suo romanzo o forse erano racconti molto segaioli. Ho quasi pensato a quel tipo di scrittura con nostalgia, ma in effetti le poche pagine segaiole del romanzo sono così brutte che si possono saltare, anzi è consigliabile il salto.
Tutto sommato il libro non è brutto, è scritto bene, e descrive benissimo un ambiente improbabile e fuori dal mondo per cui sembra parlare di niente. Per essere cattivi, citando l’autore, devo concludere che a David per scrivere qualcosa di profondo non è bastata la vittoria di Trump, ma bisognerebbe augurargli il ritorno trionfale di Hitler.

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Il decoro 2020-08-02 08:03:14 68
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68 Opinione inserita da 68    02 Agosto, 2020
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Confusa astrazione

2016, i tragici giorni dell’ insediamento del presidente, l’ innominabile, una nuova era o la fine di quella precedente vista e vissuta nel cuore di una famiglia ristretta, quella di Eva e Bruce, una ricca coppia liberal newyorkese senza figli, lontana dall’aristocrazia della città, che condivide le proprie case, l’ appartamento su Park Avenue e la dimora nella campagna del Connecticut, oltre a tre terrier Badlington.
Una coppia snobisticamente privilegiata, sulla via della discordia, con un’ idea di fuga a giustificare una certa insoddisfazione ( di lei ) nella turbolenta acquisizione di un appartamento a Venezia, o nella triste ammissione della propria insoddisfazione coniugale ( di lui ), rapito da una segretaria in difficoltà e da una relazione extraconiugale.
Per Eva, alquanto irritata, sono i giorni della fine della democrazia, il potere nelle mani di un terribile narcisista o semplicemente del diavolo, un uomo che odia per quello che rappresenta, giorni in cui legge l’ impossibilità di un presente e di un futuro in una nazione culla di un’idea libertaria oggi destituita, con il forte sospetto che la facciata di chi neppure è andato a votare nasconda una profonda crisi personale, relazionale, di coppia, o forse l’altra faccia della propria vulnerabilità.
Lei ama considerarsi un’ animatrice di salotti, circondarsi di cicisbei, organizzare cene, fine settimana ai quali invitare un’ accozzaglia di uomini gay, donne sole di mezza età, coppie sposate che hanno a che fare vagamente con l’arte, editori, agenti, curatori, qualche anziana signora, ma non artisti veri e propri che la spaventano.
Tutto ruota sempre attorno alla sua persona, anche in sua assenza si continua a parlare di lei chiedendosene il motivo e ricercandone le doti nascoste, quanto a Bruce, consulente patrimoniale, pare una persona accomodante a cui basta accodarsi a Eva, sottoporsi alla sua volontà limitandosi a pagare, nessuna traccia di amici, un uomo che invece di litigare esce a passeggio con i cani.
In una trama che cela una incomunicabilità di fatto scorrono porzioni di storie parallele, troncate sul nascere o nascoste, mentre la verità sottende tutt’ altro, sensibilità negate, porzioni di se’, desideri rarefatti o delegittimati, attimi impoveriti di intimità’ nella rappresentazione di una superficie di piccole cose, sovente nauseanti e insignificanti.
Gran parte del romanzo si fonda su lunghi dialoghi inconcludenti, tra il pettegolezzo e la banalità, un microcosmo autoreferenziale di privilegi con l’ impressione che ben poco si abbia da dire.
Si ritorna sui temi dei primi romanzi cari all’ autore, il mondo gay e l’ aids, le relazioni intrafamigliari, il tentativo di una analisi sociopolitica del presente, senza che emerga il vero senso della protagonista, una donna a metà, confusa, una progressista arroccata su privilegi acquisiti, che ricerca una parvenza di libertà limitante, senza una vera occupazione ( scrittrice ? ), a tratti una sognatrice romantica pervasa della propria inconcludenza, semplicemente una donna capricciosa e selettiva di cui tutti parlano e sparlano, rimarcandone la frigida isteria.
Il Leavitt degli esordi aveva un altro spessore, ( ripenso a “ Eguali amori “ ) questo pare ai titoli di coda, e anche il tema dominante, l’ elezione del presidente, non prevede un vero dibattito culturale e politico, limitandosi alla superficie, a battute sarcastiche e caustiche, a uno sterile cicaleccio da salotto, criticando un sistema alla deriva, un mondo editoriale piuttosto controverso, dei colleghi ( scrittori ) pessimi e inconcludenti, ma quale la reale motivazione?
Un romanzo deludente, le poche pagine da segnalare riguardano una certa intimità di sentimenti, veri e credibili, per il resto una sensazione di superficiale e spezzettata confusione stereotipata in cui l’autore, identificatosi con la protagonista, pare confusamente astratto e troppo pervaso di se’, per lo più assente e silente.

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