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Figlio del capitano Robert Baines, autoritario veterano della Seconda guerra mondiale ora di stanza in Nord Africa, e di sua moglie Rosalind, Roland fatica a capire perché a soli undici anni gli tocchi lasciare le pietre calde e la pazza libertà di Libia, e il fianco tiepido di sua madre, per affrontare un'istruzione rigorosa e solitaria nella fredda Inghilterra. Là faticherà a capire che cosa voglia da lui Miss Miriam Cornell, la temibile insegnante di pianoforte del collegio, che punisce le sue manchevolezze con pizzicotti dolorosi e imbarazzanti e premia i suoi successi con languidi baci sulla bocca, e con gli uni e gli altri in egual misura lo terrorizza e lo attrae. Sarà poi la sua moglie anglotedesca Alissa a confonderlo e straziarlo quando, a pochi mesi dalla nascita del loro bambino Lawrence, abbandonerà marito e figlio al loro destino senza una spiegazione. Roland passerà il resto della vita a interrogarsi su di sé e sulla «natura del danno» che le tre donne – madre, insegnante, moglie – gli hanno procurato. Chi è davvero Roland Baines? Il giovane prodigio del pianoforte il cui straordinario talento è stato frustrato dai soprusi di un'insegnante, o l'indolente pianista di pianobar che ha rinunciato alle sue ambizioni per pavidità? È il figlio di genitori intransigenti ma amorevoli, o il fratello di bambini come lui defraudati dei loro diritti da una madre degenere? È il marito di una donna spietata che immola gli affetti più cari alla sua arte, o è il soffocante groviglio di bisogni che l'ha costretta alla fuga? L'aspirante scrittore amante della grande letteratura, o il ladro di frasi altrui con cui confezionare biglietti per ricorrenze a pagamento? Il padre premuroso e sempre presente, o l'ostaggio imprigionato in una paternità accollata? È il bambino vittima di abusi o il giovane «incline all'intimità» e alla felicità dei sensi? È tutte queste cose insieme, forse, essere poliedrico come il secolo che la sua vita attraversa? Dalla Crisi dei missili di Cuba alla caduta del Muro di Berlino, dalla glasnost al thatcherismo, dall'invasione dell'Iraq alla pandemia da Covid, Roland pare fluttuare da un'esperienza alla successiva a motore spento, sospinto dalla sola forza dei venti. Ma strada facendo qualche lezione la impara, se alla fine di tutto può approdare a una nuova curiosità d'amore, portato dalla mano piccola di una bambina in cui depositare una lunga eredità.



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Lezioni 2023-03-20 15:08:17 68
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68 Opinione inserita da 68    20 Marzo, 2023
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I molteplici frammenti dell’esistere

….” e in quel momento pensò che non avrebbe mai imparato niente dalla vita e che sarebbe stato così per sempre”….


Il viaggio di una vita in una ricerca definente, anni che indugiano su particolari significanti, volti ingombranti tra sentimenti contrastanti, senso di inadeguatezza, un talento precoce paralizzato da un senso di abbandono e di fallimento.
Roland Baines, il protagonista del romanzo, convive da anni con i fantasmi del proprio passato, tre donne ( Rosalind, Miriam, Alyssa, la madre, l’ insegnante di pianoforte e la moglie ) e un danno, traumi irreversibili per un se’ indefinito e sfuggente, accusando per non accusarsi, quanto rancore nel respiro della sua debolezza, nessun futuro incollato alla medesima storia.
C’è l’ ipotesi che il tempo lo possa plasmare, un tempo che reca la previsione nefasta di un nuovo secolo in balia di disastri ambientali, conflitti armati, collassi finanziari, di un’ epidemia sfociata in un isolamento nocivo quanto necessario.
Un McEwan malinconico, autobiografico, introspettivo ma anche osservatore politico e sociale, costruisce il suo ultimo corposo romanzo tra le coordinate di un protagonista un po’ vittima e un po’ carnefice, immerso in un complicato rapporto tra aspirazione e fallimento, arte e vita, abbandono e appartenenza, egocentrismo e relazioni famigliari, verità e menzogna, lucidità e follia, solitudine e condivisione, potere e denaro, emergenza ambientale e idea di progresso, delirio tecnologico e pensiero critico.
Roland è un uomo poliedrico precocemente abbandonato dal proprio talento, iscritto a un senso rarefatto di ansia e di abbandono, che alimenta un monologo con un se’ insoddisfatto, accusa e si accusa, avvolto in frammenti mnesici e in un reale in cui riversare la propria soggettività fuorviante.
Costruisce e rappresenta una storia all’ interno della propria storia, nato in un’ epoca di pace ( il 1948 ) nel placido Hampshire, con genitori che hanno attraversato la guerra, prematuramente abbandonato a se’ stesso e alla propria educazione in collegio, vissuto nei misteri insoluti della propria famiglia, negli incubi e nelle grida di un bambino di sette anni, nella tristezza materna che diviene legame per scandire il tempo.
Il suo talento per il pianoforte e il rapporto con Miriam Cornell, la propria insegnante, una fragile educazione sentimentale sfociata nel patologico, un amore totalizzante, destabilizzante, morboso, senza futuro, dubbi e fragilità ad accompagnarne la giovinezza, la fuga necessaria dalla musica classica e dalla scuola, un matrimonio, un figlio, una moglie anglotedesca, Alyssa, improvvisamente dissolta inseguendo una gloria letteraria che la riscatti dall’ assenza dell’ amore materno.
Roland e una neo famiglia ristretta, lui e il piccolo Lawrence, Alyssa si è persa nella propria arte, la polizia lo accusa di niente, si sentirà abbandonato, rabbioso, inadeguato, cercherà la moglie nel cuore di una Germania ancora divisa, percosso dai sensi di colpa, esposto a una fragilità che sfocia in occupazioni precarie, tennis, giornalismo, poesia.
Roland non ricorda il se’ bambino se non nella figura totalizzante di Miriam, in quell’ idea di essere il migliore e nella scoperta di non esserlo, perso nelle relazioni, abbandonato alla propria smania di perfezione.
Un quadro psicologico-sentimentale instabile in uno stato di precarietà, volti lacerati e molesti dal passato, famiglie disperse, il precoce isolamento in un’ infanzia itinerante, solitudine affettiva, bisogno di amore, la ricerca di altro.
Passato e presente si intersecano, gli anni scorrono in una storia che si dibatte tra due secoli completamente diversi, dalla rinascita economica post-bellica alla guerra fredda, ai rivolgimenti politici e sociali degli anni’ 80, al thatcherismo, alla guerra delle Isole Falkland e alla caduta del muro, alla svolta liberal, agli attentati alla metropolitana, alla crisi finanziaria del 2008, alla Brexit, alla pandemia con il lockdawn del 2020.
Il romanzo include intrecci di famiglie dissolte, conservate faticosamente, violente, spezzate, appena nate, storie svanite, percorse, percosse, immaginate, lontane.
Ci si domanda quanto e come i grandi eventi plasmino e influenzino il proprio essere e viceversa, una vita lasciata al destino ma che si allontani dai retaggi di un passato irrisolto e da un’ ossessiva idea di rivalsa.
Il fluire del tempo si lega alla fragilità di una memoria distopica, all’ annullamento e all’ assenza, a un’ attesa che si confronta con la dimenticanza, consapevoli che

..”i nostri primi anni ci condizionano e che dobbiamo affrontarli”…

ma anche che

…”passando in rassegna una vita non è consigliabile soffermarsi troppo sulle sconfitte”…

Roland da cinquantacinquenne rivaluta il passato in un mondo diverso, ferite e acciacchi scontano la propria pigrizia, nuove rivelazioni scuotono il senso di solitudine di una famiglia allargata, figli adulti e lontani dalla propria versione dei fatti.
Lungo il viale del tramonto la fragilità fisica si fa evidente, la memoria fragile, la lotta per la sopravvivenza inscena relazioni forti ( bellissimo e toccante il rapporto con Daphne), assenze definitive, alcune strappate da un destino avverso, la vita assume colori diversi, il tempo va centellinato, un se’ non completamente definito che non aspira a essere altro ha salutato un passato dissolto da una memoria fragile,

….” ricordi sospinti a fiotti o sputati fuori da svariati motori del tempo che li riducevano a un solo oggetto”...
.
La vecchiaia include nuovi linguaggi amorosi, si perde nel presente, abbandona intra e retrospezioni, oltre i propri diari letti, riletti e distrutti spunta l’ ipotesi di un nuovo romanzo

…” di un mondo che vacillava sul proprio asse, governato in troppi luoghi da uomini di spudorata ignoranza, mentre la libertà di espressione si andava riducendo e gli spazi pubblici della rete risuonavano delle grida di masse in delirio..”,

Il romanzo di un secolo nebuloso con un futuro assai incerto che solo i nostri nipoti vedranno e vivranno.

Che cosa rimane del testo nella propria interezza? Un’ accurata indagine psicologica e introspettiva che attraversa il senso insensato di una vita nelle sue molteplici forme, ma anche un preciso contenuto politico e sociale che analizza i cambiamenti nella dissolvenza di un mondo malato.
Un’ opera di ampio respiro per un McEwan in grado di affrontare e sintetizzare porzioni del proprio passato letterario, ossessioni scolastiche e adolescenziali, complicate e irrisolte relazioni intrafamigliari, di riflettere sull’arte dello scrivere e sul ruolo dello scrittore tra pubblico e privato assumendo una posizione inversa ( il protagonista ha vissuto con una scrittrice in odore di premio Nobel ), di respirare le difficoltà del presente e una certa ansia per il futuro.
Critica e autocritica non cedono ad alcuna formula assolutoria e autoindulgente, il protagonista si riconsidera attraverso il profilo degli anni, riconosce un certo senso di fallimento e la necessità di eludere e abbandonare quella porzione di storia relazionale e sentimentale già tramontata.

….” Vieni, nonno. Andiamo di qua. E tutta seria gli prese la mano libera e lo guidò fuori dalla stanza”….

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