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Partitura d'addio

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Martin Van Vliet è una promessa della biocibernetica. Solo due cose bloccano sul nascere la sua scintillante carriera: la morte della moglie e il malessere della figlioletta Lea, che reagisce al tragico evento con una chiusura totale al mondo. Martin non esita a dedicare la propria esistenza alla figlia, che torna a riempirsi di vita solo quando sente una sonata di Bach eseguita da una musicista di strada. Martin le regala un violino e da quel momento la bambina scoprirà in sé una passione e un talento divoranti. Dietro a una scelta che sulle prime era parsa la sola ancora di salvezza, si annidano però sentimenti tra padre e figlia di drammatica complessità. E tra le mille domande di ogni genitore, in Martin se ne fa strada una: il genio di un figlio è un dono o una maledizione?



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Partitura d'addio 2020-05-16 06:28:58 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    16 Mag, 2020
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La tirannia del talento

"Mentre a casa aspettavo invano il sonno sentii che la mia vita non poteva continuare come se niente fosse. Esistono sventure di tale portata che non si possono reggere se non le si traduce in parole. Così verso l'alba cominciai ad annotare quanto avevo ascoltato e vissuto a partire da quel mattino chiaro e ventoso in Provenza". Se c'è un aggettivo che può definire questo testo con una sola parola è "delicato". Delicato è lo stile di scrittura, caratterizzato da periodi musicali, da parole ricercate. Delicato è l'argomento, perché si parla di sentimenti umani forti, di tormenti, di ossessioni. Delicato è il modo con cui Pascal Mercier mette a nudo l'animo umano, profondendo  emozioni viscerali che turbano, commuovono e coinvolgono il lettore. Un'automobile, due uomini appena conosciutisi accomunati da un profondo male di vivere, una lunga striscia d'asfalto che collega Saint-Rémy a Berna. Adrian Herzog, voce narrante, chirurgo costretto a lasciare la professione per questioni di salute, un matrimonio fallito alle spalle, un amore ormai impossibile, una figlia di nome Leslie. Martijn Van Vliet, vedovo, ricercatore biocibernetico caduto in disgrazia, depositario di un dolore incommensurabile legato alla figura della figlia Lea. Per strada i due uomini approfondiscono una conoscenza casuale che senza troppi preamboli diviene subito intimità, fiducia, solidarietà, empatico rifugio. Le confidenze si susseguono, spingendosi sempre più in là man mano che si fa più intenso il senso di amicizia. Infanzia, studi, giovinezza, amori, fallimenti, figli. C'è però una storia che prevale su tutto, che monopolizza il dialogo relegando il resto a puro contorno, fugace intermezzo, irrilevante corollario. Van Vliet racconta, Herzog guida e ascolta. Il dialogo diventa un monologo, il monologo assume sempre più l'aspetto di un drammatico soliloquio. È una storia che parte dal dolore causato da un lutto. La morte di Cécile, moglie di Martijn, getta nello sconforto la piccola Lea. Dopo un anno di triste chiusura in se stessa, avviene l'episodio che sembra cambiare le cose, riportando alla vita la ragazzina. Il suono di un violino, proveniente da un'artista di strada, riaccende nel piccolo cuore ferito una scintilla di gioia, un fiammella di passione, ridandole un motivo per sorridere, sognare, vivere. "Alla luce di quel che successe in seguito e che so oggi, mi verrebbe da dire che mia figlia perse se stessa nell'atrio di quella stazione. Mi verrebbe da dirlo anche se negli anni seguenti sembrò fosse avvenuto esattamente il contrario: che lei in quel momento avesse imboccato all'improvviso la strada che la conduceva a se stessa, con una dedizione, un ardore, un'energia come solo a pochi è dato attingere". Per Lea inizia un tormentato rapporto con uno strumento che diviene sempre più un prolungamento del suo stesso corpo, con una musica che nasce come passione ma si trasforma troppo presto in tragica ossessione. Lea non si limita a suonare. Quando impugna l'archetto, la ragazza erige una cattedrale di suoni limpidi e caldi che per lei rappresenta la vita ma, al tempo stesso, le serve come rifugio dal mondo. A volte tuttavia anche le cattedrali possono crollare distruggendo tutto ciò che le circonda e quello che erroneamente appariva pervaso da un'aura salvifica risulta invece, com'è realmente, circonfuso da un alone funesto. "Non avrei mai pensato di poter essere irretito in una incapacità così devastante; perché se ne fossi stato dominato, allora dovevo esserlo in una maniera subdolamente invisibile e illusoriamente mutevole, tale da sottrarsi allo sguardo indagatore e da celarsi invece dietro l'ingannevole facciata della sollecitudine. L'osservatore non aveva affatto l'impressione che io non avessi riguardo per i desideri di Lea. Al contrario, visto da fuori doveva sembrare che di mese in mese, di anno in anno io mi fossi messo al servizio dei suoi desideri, diventandone anzi sempre più schiavo. Questa o quella occhiata dei miei colleghi e collaboratori mi faceva capire come trovassero preoccupante il fatto che la mia esistenza si assoggettasse letteralmente al ritmo di vita di Lea, ai suoi progressi artistici e alle sue cadute, ai suoi voli e al suo precipitare negli abissi, alla sua euforia e alle sue sconfitte, alla sua umoralità e alla sua malattia. E come si poteva contestare a un padre che per la felicità di sua figlia finisce addirittura per uscire di carreggiata, come si poteva contestargli la capacità di riconoscere la volontà di lei? Docilmente mi sottomettevo alla tirannia del suo talento".


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Partitura d'addio 2013-03-25 20:41:45 petra
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petra Opinione inserita da petra    25 Marzo, 2013
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L’esplosione silenziosa

“Succede a tutti che una grande angoscia non si dissolva mai, sparisca soltanto dietro le quinte per ricomparire più tardi, per nulla incrinata nel suo potere”?

Splendido , doloroso, toccante questo romanzo di Pascal Mercier. Le pagine scorrono via leggere mentre una morsa preme il petto e non vuole andarsene dai nostri pensieri.

La prosa elegante e rifinita dell’autore ho il dono di non risultare mai fredda, al contrario: ci consegna una visione nitida e struggente di un lento discendere nella follia.

Esplosione silenziosa: così Martjn Van Vliet definisce la tragedia che ha colpito sua figlia.
Quando la piccola Lea ha soltanto otto anni viene a mancare sua madre. Il padre, Martin, scienziato di fama, uomo scanzonato e apparentemente forte, quasi sfrontato, subisce un doppio lutto : da una parte la perdita della moglie, dall’altra l’affievolirsi della luce negli occhi di sua figlia, che di giorno in giorno sembra spegnersi alla vita. Un dolore più lento e insidioso, questo, ma non meno corrosivo. E’ per questa ragione che un giorno, quando Lea sembra, d’improvviso, illuminarsi e riaversi al sentire il violino di un’artista di strada , Martin è ben felice di assecondare e di coltivare la nuova passione della figlia. Più volte, nel corso del romanzo, rammenterà quel momento come l’inizio della fine.

A volte il confine fra passione ed ossessione è molto labile, e non è facile distinguerlo; persino il troppo amore di un padre può fare danno, offuscandone il raziocinio. La fragile personalità di Lea si aggrappa sempre più allo studio del violino, con tutte le sue forze, quasi fosse una linfa vitale: in pochi anni il suo esercitarsi instancabile la porterà a eccellere, a diventare una musicista famosa e prestigiosa, ma anche a isolarsi dal padre, dagli affetti , e infine dalla realtà.

Non è sempre facile, nella mente umana, mettere paletti, delimitare con una linea netta giusto e sbagliato, sano e morboso, specie quando i confini sono labili, e qualcosa che ci aveva dato speranza sembra non essere più così salvifico, ma non ci si vuole arrendere, ci sembra di non poter tornare indietro. E’ difficile arginare qualcosa che ci ha traghettato lontano dal dolore, almeno in apparenza, almeno per un po’, anche quando si percepisce che è stato solo un miraggio, e forse un nuovo e più grande vuoto ci aspetta al varco. E’ difficile per i figli, lo è forse ancor più per i genitori; Martijn non si accorge, o forse non riesce a percepire il tenue confine che sua figlia sta per valicare, quello fra la realtà e la “ cattedrale di suoni” che Lea si è costruita come mondo parallelo, rifugio sicuro per sé e pochi eletti. Arriverà anche Martijn sul ciglio di quel burrone, in un vortice inarrestabile che travolgerà anche lui, pure uomo scaltro, razionale, lucido.

Una scrittura che fa male , mostrandoci i nostri fantasmi , le nostre fughe e i nostri vacui rifugi per quello che sono; un libro struggente, elegiaco e bellissimo, un profondo scavare nei recessi più profondi e più bui dell’animo umano.

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Partitura d'addio 2012-04-21 14:04:30 leggere libri
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leggere libri Opinione inserita da leggere libri    21 Aprile, 2012
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Partitura d'addio

Ancora una volta Pascal Mercier stupisce per la sua innata capacità di descrivere con estrema maestria i sentimenti e le emozioni umane. Bella la storia di un padre vedovo con il gravoso compito di crescere da solo una figlia particolarmente introversa, ma dotata di un talento straordinario nel suonare il violino. Ciò che si percepisce maggiormente proseguendo nella lettura è l’intensità del legame padre/figlia che diventa sempre più fragile sfociando irrimediabilmente in tragedia. La scrittura è elegante e particolarmente curata e lascia sensazioni che difficilmente si dimenticano.

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Partitura d'addio 2009-06-13 13:36:33 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    13 Giugno, 2009
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Un dono o una maledizione?

Un uomo racconta ad un compagno di viaggio la storia degli ultimi vent'anni della sua vita.

Dopo la morte della moglie la figlioletta sembra chiudersi in un silenzioso disinteresse per il mondo circostante fino al giorno in cui ascolta una suonatrice di strada eseguire un pezzo al violino.

Da allora nasce nella giovane una travolgente passione per la musica e per il violino in particolare.

L'uomo all'inizio è quasi sollevato dal fatto che finalmente la figlia mostri interesse per qualcosa che le permetta di uscire dall'apatia degli ultimi mesi, ma ben presto si accorgerà che un "demone" si è impossessato dell'anima della ragazza.

Questa infatti mostra un precoce , insospettato e straordinario talento che la porterà in pochissimi anni ad essere una delle più celebrate concertiste mondiali.

Ma a quale prezzo? La vita della giovane diventa un susseguirsi di rinunce a quelle che sono le cose della normale vita delle persone, la sua unica gioia sembrano essere il suo strumento e la sua musica, una "macchina" che macina successi e che per chi ne celebra i trionfi sembra perfetta ed inarrestabile. Ma il padre, silenzioso compagno per gli anni a venire , coglie sempre più spesso nella ragazza segni di una umanità tormentata e di una fragilità che un giorno ,a causa di un amore non corrisposto , sfoceranno nel drammatico finale.

Non è solo la storia di una ragazzina diventata grande e travolta da ciò che sembrava elevarla al di sopra di tutti, ma anche di un uomo che annulla la propria esistenza, rovina la propria brillantissima carriera accademica per stare accanto alla figlia nei luoghi e nel cuore pur intuendo la difficoltà reciproca di comprendersi veramente.

Una domanda che si rivolge l'uomo rende bene la drammatica complessità della vicenda : "...il genio di un figlio è un dono o una maledizione?...".

Avevo già letto "Treno di notte per Lisbona" di Mercier e lo avevo trovato splendido per l'introspezione dei personaggi, questo non gli è da meno, certo la vicenda è permeata di una tristezza di fondo perchè da subito si intuisce che non c'è il lieto fine, ma il senso di dignità di fronte ad un destino che sembra già scritto, dalla polvere agli altari e viceversa ,e la fedeltà ai propri sentimenti ad ogni costo innalzano il livello della lettura e fanno di questo libro una piccola perla su cui riflettere.

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