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Norwegian Wood
 
Norwegian Wood 2013-09-15 15:53:49 dames
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
dames Opinione inserita da dames    15 Settembre, 2013
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I Ragazzi del Giappone

Fra tutta la produzione di romanzi di Murakami, Norwegian wood si distingue perché narra storie “reali”, intime, introspettive.
Il protagonista, Toru, ricorda il periodo della sua giovinezza, quando, terminato i liceo si iscrive all’Università e va a vivere da solo in un pensionato per studenti.
Incontrerà due donne, dalle quali sarà fortemente attratto: Midori, solare, concreta, piena di voglia di vivere e l’altra, Naoko, fragile e insicura, incapace di vivere e accettare la realtà.

La scrittura di Murakami come sempre, scorre fluida e ci cattura nella sua semplicità e leggerezza.
Si sofferma su pensieri e personaggi delicatamente anche quando descrive situazioni estreme. La colonna sonora, splendida, ci accompagna per tutto il tempo ed evoca situazioni e paesi lontani, lontani così come l’Europa e l’America dovevano apparire ai giovani ragazzi di allora.
La sua leggerezza e grazia ci fa accogliere lietamente questo romanzo anche se di lieto e leggero non c’è nulla. Perché l’immagine della gioventù che emerge fra le pagine è quella di una gioventù disperata, solitaria, senza speranza.
Quanti suicidi in un romanzo solo!
Questo è il ritratto generazionale su cui sorvoliamo appena e non ci soffermiamo a riflettere, a chiederci perché dei ragazzi decidono di togliersi la vita proprio nel momento in cui dovrebbero essere nel loro culmine, protesi alla costruzione del futuro, un futuro innovativo di grandi cambiamenti, poiché tali erano le prospettive sociali e politiche di un Giappone aperto alla cultura occidentale.
Che cosa è accaduto ad una nazione ricca di storia, cultura, tradizioni, se non è riuscita a colmare il vuoto esistenziale dei suoi ragazzi?
Forse è vero quello che ho letto consultando vari blog. Per apprezzare in pieno questo libro bisogna avere 20 anni o quanto meno riuscire a pensare ancora come se si avesse 20 anni. Quell’età in cui non eravamo ancora formati e la nostra personalità era in cerca di punti di riferimento e di modelli, quando ancora la delusione, il dolore, la perdita non ci avevano colpito nel profondo e riuscivamo a passare quasi indenni nei drammi degli altri.


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