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Benedizione
 
Benedizione 2017-02-08 09:16:45 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    08 Febbraio, 2017
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Morte e vita tra rimpianto e rimorso

Holt, Colorado. Per il settantasettenne Dad Lewis, storico proprietario del negozio di ferramenta, non vi è più molto tempo; un tumore ai polmoni lo sta lentamente ma inesorabilmente consumando. Ed è tra le amorevoli cure della moglie Mary e della figlia Lorraine – già provata e privata dell’affetto più grande – che ripercorre pian piano quelli che sono stati gli errori più eclatanti del suo ciclo su questa terra; scelte e decisioni dettate dall’orgoglio, dalla paura di staccarsi ed opporsi a quel che è consuetudine, dal timore del diverso; scelte e decisioni il cui prezzo è stato la perdita del rapporto col secondogenito, Frank.
Al contempo, nella cittadina, giunge la piccola Alice, nipote di Berta May ed orfana di madre e padre. Con i suoi otto anni, la bambina finisce con l’essere un catalizzatore di energia, attrae inesorabilmente tanto Lorraine, a cui la figlia è stata sottratta da circostanze avverse, quanto Alene e Willa Johnson, private, la prima dell’amore e della felicità, la seconda relegata alla vita casalinga quando avrebbe desiderato continuare ad insegnare. Gli anni sono così trascorsi, tra perdite, rimpianti e privazioni; elementi, questi, che hanno condizionato le sorti di ognuno.
Ed è sempre in questa torrida estate che nella realtà di provincia fa il suo ingresso il reverendo Lyle, uomo di fede che a causa delle sue idee si era già visto costretto a lasciare Denver. Rifiutandosi di rinunciare ai suoi principi anche nella nuova destinazione a cui viene delegato, il funzionario di Dio, finirà con lo scontrarsi con l’irriverenza e la rigidità di una mentalità legata indissolubilmente alla tradizione, al costume, e dunque refrattaria di ogni possibilità di diversa visione del dogma precostituito. Conflitti esterni questi, a cui se ne sommeranno altrettanti appartenenti alla dimensione familiare, precario è il rapporto con la moglie, complesso quello con il figlio, accecato dall’odio.
La consapevolezza dell’inevitabilità, degli errori compiuti, l’assenza di certezze, affetti, di una possibilità di futuro, la delusione per quel che è stato e per quel che non sarà, relegano i protagonisti di “Benedizione” ad una condizione ineludibile di solitudine. Vani i tentavi di riacciuffare quell’occasione perduta, di modificare quella parola inappropriata detta, quella reazione eccessiva, quella freddezza inappropriata. Il tempo non perdona, la vita non concede seconde possibilità.
Ed è proprio Dad, nella sua qualità di prossimo alla morte, la massima – ma non unica – espressione di ciò. La coscienza di quella clessidra che ormai ha esaurito tutta la sua sabbia lo induce a cercar di riafferrare, tra rimorso e rimpianto, una chance di fatto inesistente, lo porta a quell’ultimo gesto di carineria verso gli unici destinatari possibili: i conoscenti. Un canto della memoria scandito dall’attesa e dalla lentezza, un canto in cui si alternano le varie stagioni dell’esistenza rappresentate dal dolore di protagonisti di età diverse, taluno atto ed investito del compito di rappresentare una ferita ancora sanguinante.
Le domande restano sospese tra il calore dell’estate che si abbandona al grigiore dell’autunno, al freddo dell’inverno ed ancora e nuovamente alla mitezza della primavera; domande queste, congelate, pendenti, irrimediabilmente irrisolte. E detti interludi sospesi, inattesi, sopraggiunti in ritardo, conducono chi legge in un universo fatto di oniricità, emozioni, sensazioni sfuggenti, occasioni sottratte, in un mondo dove il giudizio non è contemplato perché sopraffatto dall’attesa del quel moto scatenante, di quell’evento capace di rompere la cadenziarietà della condizione di appartenenza.
Primo capitolo edito in Italia, eppure episodio a sé stante della trilogia della pianura, “Benedizione” segna, col suo epilogo, l’inizio di un’altra storia, dove in parte non vi è un legame apparente con i personaggi precedentemente conosciuti e dove è lasciato spazio al quel che sarà tanto per chi si sarà perso, tanto per chi ritroverà l’abbraccio delle persone amate e quanto per chi deciderà di andarsene per mai più fare ritorno.
E seppur il tema narrato sia ben preciso e sin da subito inquadrato in quello della morte a cui si giunge, nel caso fisico, dopo una lunga malattia e, in quello mentale, a fronte del rimorso e della sconfitta per quegli amori ormai perduti, l’opera cela e si apre a tante altre problematiche; problematiche che sono stratificate nel volto della provincia americana, nelle lacrime e nelle rughe dei visi di ogni individuo, consacrandosi in quelle contraddizioni innate nell’umanità.
Il tutto è avvalorato da una voce narrante ammaliante, lirica, priva di qualsivoglia giudizio, una voce capace di suscitare malinconia e, in questo caleidoscopio di emozioni inafferrabili, riflessione nel lettore.

«Dad lo guardò. Cristo, disse. Ma tu cosa sei?
Sono soltanto tuo figlio. E’ tutto quel che sono» p. 84

«Ecco perché sono crollato. Era la mia vita quella che stavo vedendo. Quel piccolo contatto tra me e un’altra persona, una mattina d’estate, dietro il bancone. Scambiare due parole. Tutto qui. E non era niente» p. 113

«Sei fortunata. Non sono in tanti ad avere ciò che hai avuto tu. Oppure non se ne accorgono. Ci si accontenta speso di qualcosa che gli somiglia, pur di non restare soli» p. 114

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Commenti

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Bella recensione, Maria.
Ho sentito molto parlare di Haruf, ma non ho ancora ben capito quale sia l'ordine di lettura dei libri che compongono la sua trilogia.
68
08 Febbraio, 2017
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Bel commento, si respira l' aria vissuta nel romanzo e tutte quelle sensazioni forti ed in parte sospese...
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Mian88
08 Febbraio, 2017
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Caro Emilio,
ti capisco perché a mia volta ho atteso a leggere questa trilogia in quanto non mi era chiaro quale fosse il volume di partenza. Cercando sulla rete ottenevo risultati discordanti e confusi talché alla fine mi sono recata in libreria dove mi hanno spiegato che questa discordanza è stata dettata dal fatto che la pubblicazione in Italia è avvenuta in modo diverso rispetto che nel paese d'origine. Di fatto, questo libro dovrebbe essere il primo anche se originariamente è stato pubblicato come terzo.
Se anche così non fosse, "Benedizione" è una storia a se stante, che può leggersi pur non conoscendo degli altri due capitoli.
Te lo consiglio, è un romanzo forte, che arriva con tutta la sua impetuosità.
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Mian88
08 Febbraio, 2017
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Caro Gianni, grazie per le tue parole, non è stato facile recensire questo romanzo tante sono le emozioni e le sensazioni presentate, tante sono le emozioni e le sensazioni lasciate in sospeso, tante sono le emozioni e le sensazioni che suscita e che si vorrebbero descrivere. Pensa che, seppur abbia ultimato la lettura, e sia passata ad altro, ne percepisco ancora gli effetti.
L'attesa della lettura, è valsa la pena. Indimenticabile.
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Emilio Berra  TO
09 Febbraio, 2017
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Grazie per la gentile risposta.
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68
09 Febbraio, 2017
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Ciao Maria. Concordo, la lettura lascia un quid di indecifrabile, ed al di là della trilogia, ogni volume è unico.
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Mian88
09 Febbraio, 2017
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Di niente Emilio, grazie a te!
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Mian88
09 Febbraio, 2017
Ultimo aggiornamento:
09 Febbraio, 2017
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Ciao Gianni, concordo pienamente con te, ogni capitolo è un'esperienza unica, indelebile, che lascia senza parole tanto tocca nel profondo. I miei sinceri complimenti a Kent Haruf e a te per il tuo commento che mi ha convinto a leggere "Benedizione". :-)
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