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Pastorale americana
 
Pastorale americana 2019-06-26 06:49:44 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    26 Giugno, 2019
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IL FALLIMENTO DEL SOGNO AMERICANO

“Così vivono gli uomini di successo. Sono buoni cittadini. Sono fortunati. Sono riconoscenti. Dio sorride loro. Se ci sono dei problemi, si adattano. E poi tutto cambia e diventa impossibile. Più nulla e nessuno che sorrida loro. E allora chi riesce ad adattarsi? Ecco un uomo che non è stato programmato per avere sfortuna, e ancora meno per l’impossibile. Ma chi è pronto ad affrontare l’impossibile che sta per verificarsi? Chi è pronto ad affrontare la tragedia e l’incomprensibilità del dolore? Nessuno. La tragedia dell’uomo impreparato alla tragedia: cioè la tragedia di tutti.”

Seymour Levov, detto lo Svedese, è stato durante la Seconda Guerra Mondiale un idolo per la popolazione ebraica di Newark: bello, intelligente, benestante, perfettamente integrato – nonostante le sue origini giudaiche - nella società americana, e in più un autentico fuoriclasse nel baseball e nel football. Nathan Zuckerman, il narratore, lo incontra quasi cinquant’anni dopo i tempi della propria adolescenza, nel corso della quale aveva avuto, come molti suoi coetanei, un’adorante infatuazione per il mitico Svedese, e – a sorpresa – lo trova una persona che, dietro la sua maschera di bonaria affabilità, rivela una superficialità e una banalità che, sbrigativamente, attribuisce alle conseguenze di una vita di agi e di successo, facile, viziata e senza intoppi. Ma quando, poche settimane dopo, nel corso di una riunione di ex compagni del liceo, Nathan incontra il fratello di Seymour e viene a sapere da lui non solo che lo Svedese è nel frattempo morto di cancro, ma che la sua vita apparentemente serena ed equilibrata è stata in realtà distrutta da un’immane tragedia familiare, egli capisce quanto sia stato erroneo il suo giudizio, e quanto poco siamo in grado di comprendere le esistenze degli altri. “Pastorale americana” diventa così una sorta di risarcimento postumo, il commosso e meditato tentativo di ricostruire la vita dello Svedese andando al di là delle apparenze e dei luoghi comuni, scavando nei meandri di una mente che è sempre rimasta un segreto per tutti, una cassaforte di pensieri, di dubbi, di emozioni e di rimorsi di cui Nathan, naturale alter ego di Roth in virtù del comune mestiere di scrittore, cerca pazientemente di trovare la combinazione. E siccome lo Svedese, per il suo ottimismo, la sua intraprendenza, la sua razionalità, la sua tolleranza e il suo autocontrollo ben rappresenta le virtù dell’uomo americano medio, la sua storia ben si presta ad essere letta come una metafora dell’America la quale, nel periodo intercorso tra la Guerra Mondiale e il Vietnam, ha perso progressivamente la propria innocenza e la propria fiducia nel futuro, precipitando in un circolo vizioso di dubbi sul proprio ruolo e di sensi di colpa per i propri misfatti, per quanto perpetrati in buona fede. Come è possibile che dal buono, altruista e pacifico Seymour sia potuta venir fuori, nonostante l’incrollabile dedizione paterna, una astiosa e violenta terrorista come la figlia Merry? In questo incredibile salto generazionale sta tutta l’irrazionale brutalità di un crollo di valori e di ideali che trasforma in pochi anni la “pastorale americana” del titolo nel suo inquietante contrario. Il romanzo è così diviso tra la lacerante nostalgia di una perduta età dell’oro e il tormento di un presente in cui il rimpianto scava voragini di angoscia come un silenzioso ma inguaribile tumore maligno.
La bellezza del romanzo di Roth non risiede solo nella sua valenza metaforica. Anzi, il suo aspetto forse più originale è il ruolo che esso attribuisce all’arte, e alla letteratura in particolare, di riuscire là dove la vita fallisce: nella comprensione degli altri. Se la pretesa di capire il prossimo è (come il narratore intuisce dopo la deludente cena con lo Svedese) “una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci”, allora forse solo la penna di uno scrittore, con la sua fertile sensibilità da rabdomante delle emozioni, può penetrare nei reconditi angoli dell’interiorità di un individuo ed esprimere quel groviglio indecifrabile di pulsioni contraddittorie che è la sua anima. E quella di Roth, il quale sa cogliere benissimo quegli attimi capaci di generare una catena di reazioni incontrollabili, tali da cambiare per sempre un’esistenza, è una penna cui si può affidare con la massima fiducia l’ambiziosa missione di metterci in condizione di vedere gli altri con la stessa, e forse (questo è il miracolo dell’arte) ancora maggiore, nitidezza di quanto siamo in grado di vedere noi stessi.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Philip Roth: "Ho sposato un comunista" e "La macchia umana"
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Commenti

9 risultati - visualizzati 1 - 9
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Ciao Giulio, leggendo la tua recensione mi viene in mente La macchia umana che ho letto un mesetto fa circa. Stesso personaggio inappuntabile e bravo in tutto ma con dentro parecchie fragilità e drammi. Noto che spesso i suoi personaggi principali sono dei forti caratteri con una vita apparentemente brillante e man mano si va a opacizzare tutta questa gloria con le sconfitte. Pastorale mi manca, spero di leggerlo prima o poi, la lista è così lunga...
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kafka62
27 Giugno, 2019
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Ciao Ioana, hai messo in evidenza un aspetto decisivo della narrativa di Roth. In effetti lo Svedese di "Pastorale americana", il Coleman Silk de "La macchia umana", l'Iron Rinn di "Ho sposato un comunista" e il Bucky Cantor di "Nemesi" (per fare solo quattro esempi tra i tanti) subiscono non a caso la stessa sorte, diventando emblemi di un'America che, nonostante le apparenze, non è affatto il "migliore dei mondi possibili". Buone letture!
Anche per me si tratta di un capolavoro. Vi ho trovato nel contempo la nostalgia del mito dell'America e una durissima critica alla società americana. E tanto dolore. Come per "Papà Goriot" di Balzac, è anche un monumento all'amore paterno.
Purtroppo altri libri letti di Roth non sono assolutamente a tale livello.
Altro libro che non ho ancora avuto l'ispirazione di recensire nonostante lo abbia ultimato da diversi anni. Bravo, bel commento. :)
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kafka62
27 Giugno, 2019
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Ciao Emilio, interessante il tuo parallelo con Balzac e il suo "Papà Goriot". Sono inoltre d'accordo con te sul fatto che "Pastorale americana" è il capolavoro di Roth.
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kafka62
27 Giugno, 2019
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Grazie Mian. Rimango allora in attesa di leggere la tua opinione sul romanzo.
Ciao Giulio, interessante analisi. Prima o poi lo leggerò, vorrei un' altra vita...
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kafka62
28 Giugno, 2019
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Facciamo anche due altre vite, ma forse non basterebbero ancora :)

22 Luglio, 2021
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Ciao, Giulio, ho appena finito di leggerlo, anzi di rileggerlo, e se scriverò una mia opinione sul libro sarà solo come esercizio e per rendere omaggio anch'io a questo bellissimo disperato romanzo, non perché saprei aggiungere qualcosa. Ora, anche, mi piacerebbe sapere qualcosa su philip roth stesso per capire un po' di più certi aspetti del suo pensiero: puoi segnalarmi qualcosa?
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