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Pastorale americana
 
Pastorale americana 2020-12-09 18:21:19 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    09 Dicembre, 2020
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Pastorale americana

Adesso che la 444 pagina è stata letta mi chiedo, a distanza di ventiquattro ore, come sia stato possibile che non avessi ancora letto questo libro, eppure è del 1997, avevo vent'anni in quell'anno; cosa stavo leggendo di così strabiliante da far andare in secondo piano Pastorale americana?

E gli anni successivi? Dov'era la mia curiosità, la mia intelligenza?
Non riuscivo a capire che quel titolo era fondamentale? Che in qualche modo mi avrebbe aiutata a meglio leggere quello che poi sarebbe capitato nella mia vita?

Forse sono davvero i libri a decidere quando è il momento di essere letti e noi crediamo invece di avere potere decisionale, solo loro che ad un certo punto capiscono di avere una possibilità di cambiarti la vita.

Così è successo a me, la settimana scorsa, Pastorale americana era in lista da più di due mesi, ma altri libri l'avevano barbaramente sorpassato e giunti alla mia coscienza prima; quello che lo ha fatto in modo più doloroso, preponente, devastante è stato La Storia della Morante, ma sarà forse materiale di un'altra riflessione.

L'edizione che mi ha scelta è quella che veniva allegata a Repubblica, la copertina è di un grigio anonimo, non invoglia, non emana quel bisogno di essere letta, non illude con promesse illusorie che in qualche modo verranno disattese: no non lo fa, infatti la sovracopertina è finita sotto la coperta dei gatti posata sul divano.

Così ho iniziato Pastorale Americana, mi ha avvolto in uno scialle di sogno, mi ha portato nell'America del secolo scorso, mi ha sventrato la coscienza ricostruendola più solida.

Subito dopo aver finito il libro ho deciso di noleggaire il film di Ewan Mc Gregor, ma non ha saputo neppure scalfire la grandezza del libro, incredibile come tutto intorno a me fosse tridimensionale mentre leggevo e sia diventato piatto mentre osservavo le scene del film, che avrebbero dovuto rappresentare lo Svedese, Jerry, Nathan, Merry, Dawn, Lou, Sylvia, Shila, ma che non era che pezzi di cartone che si muovevano su un binario.

Sono state scritte migliaia di parole sui personaggi, è stato spiegato il piano narrativo, quello sociale, quello economico, psicologico e anche forse finanziario; difficilmente potrò aggiungere qualcosa di più, che non si possa trovare su un qualunque sito di lettura.

Allora cosa mi trovo a cercare di tramettere con queste mie parole?
L'empatia che ogni personaggio ti obbliga a provare, quel vissuto maniacale di ognuno che continua e continua incessante come gli ingranaggi di una catena di montaggio, quel voler capire, incolpare, spiegare, aggiustare, ricostruire, ridipingere, ridisegnare... tutto fuorché ascoltare, accogliere, cullare il disagio, la sofferenza, la frustrazione di qualcosa che poteva essere e non sarà, che avrebbe dovuto essere e non sarà, di una felicità promessa, di un potere illimitato e aleatorio che non basta se non si evolve, che non basta non si plasma sul tempo, sullo spazio, sull'altro.

Un capolavoro paragonabile solo ai grandi classici del passato, in cui una storia si fa universale, in cui i personaggi divengono paradigmi, in cui quella che viene raccontata è l'umanità e non una storia.

Inutile dire che lo consiglio perché al pari dei gradi classici del passato non può lasciare indifferenti e Roth questo lo sa, sa di scrivere con inchiostro indelebile.

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Commenti

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Ciao Silvia, recensione molto appassionata e che funge da calamita. Ho già letto alcuni romanzi di Roth, che ho imparato piano piano ad apprezzare fino a conquistarmi totalmente con "Il teatro di Sabbath", questo suo famoso lavoro sarà sicuramente il prossimo che leggerò dell'autore, magari a gennaio, giusto per iniziare col botto. Io sono certa che esiste un legame misterioso tra libri e lettore e che a scegliere sono loro. Io tutte le volte che mi creavo dei piani di lettura puntualmente venivo attratta da altri titoli e ci ho rinunciato ormai a farlo. L'ultima volta presi in biblioteca una pila di titoli che volevo e voglio tutt'ora leggere ma sono ancora li, non aperti e che devo restituire tra l'altro, perché altri hanno reclamato la precedenza e va bene così.
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silvia t
10 Dicembre, 2020
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Grazie, mi ha tanto colpito questo libro, davvero tanto. Spero che tu possa leggerlo presto così da poter scambiarci in ti di vista e osservazioni.
"Il teatro di Sabbath" non l'ho letto, ma credo che presto leggerò tutto Roth.
Belmi
10 Dicembre, 2020
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Ciao Silvia, mi fa molto piacere tornare a leggere le tue recensioni. Ho questo titolo in libreria, che sia arrivata anche la mia ora di leggerlo? Complimenti per la recensione.
Federica
In risposta ad un precedente commento
silvia t
10 Dicembre, 2020
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In effetti sono stata molto latitante, ho letto molto, ma ho anche dovuto seguire molti pazienti e questo mi ha un po' scoraggiato dallo scrivere... Ma spero di ricominciare con più costanza!
Ciao, Silvia!
E' sempre interessante leggerti.
Non sono un grande estimatore dell'autore, ma ho apprezzato molto questo libro, che ho pure riletto.
Quanto dolore! E quanta America! M'è parsa parecchio riuscita quell'ambiguità fra critica e rimpianto del 'sogno americano' , un po' cole nei film di Haltmann.
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silvia t
10 Dicembre, 2020
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Grazie Emilio.
Mi hai incuriosita: cosa non ti piace di Roth?
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Emilio Berra  TO
11 Dicembre, 2020
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Di P. Roth mi è piaciuto, e molto, solo questo libro. Da come hai capito, non è affatto tra i miei autori preferiti. Il mio Roth di riferimento è Joseph, lo scrittore mitteleuropeo.
Il famoso scrittore americano trovo sia bravissimo nella rappresentazione del dolore, ma su altri aspetti non è nelle mie corde : il suo pessimismo, l'incapacità di rappresentare l'eros letterariamente, un fondo di aridità ...
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silvia t
12 Dicembre, 2020
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Purtroppo da questo punto di vista è figlio dell'America del suo tempo.
Capisco benissimo quello che intendi.
Sono aspetti reali della sua scrittura, che innparte lo rendono quell' che è, un creatore di dolore, hai ragione, anche negli altri titoli questo è sempre presente, quasi come, appunto hai detto, il seme della felicità fosse stato seminato in una terra arida.
Bel commento emozionale per un titolo noto che molti di noi lasciano ingiallire su un ripiano della libreria prima di affrontarlo, me compresa. Mi manca la lettura di Roth. Porrò rimedio presto.
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silvia t
12 Dicembre, 2020
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Io credo che lo adorerai. Ci sono così tanti spunti di riflessione da non crederci.
Si potrebbe aprire una discussione per ogni tema trattato.
Quasi un'opera universale per quanto ci si trova dentro.
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