La mala erba
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Il volto dell'Italia e del Paese nel paese
Negli anni Antonio Manzini ha saputo reinventarsi e rinnovarsi. È passato dal giallo all’italiana per eccellenza dalle tinte poliziesche con il suo Rocco Schiavone, ha toccato le corde più profonde dell’attualità con “Orfani bianchi” in cui è stato capace di riportare alla luce realtà a noi spesso lontane, si è prestato alla formula del racconto, satirico e non, ma sempre molto puntuale. Uno scrittore versatile che, ancora una volta, tocca temi del presente con quella punta di originalità e profondità che gli è propria.
“La mala erba” è prima di tutto la storia di un piccolo paese di trecento abitanti nascosto tra le montagne dell’appennino tra Lazio e Abruzzo. Non hanno un futuro auspicabile, non vivono, sopravvivono, costoro. Questa è l’unica condizione loro concessa. Non è esente da ciò nemmeno Samantha, diciasettenne, protagonista del racconto. Un piccolo paese che viene descritto e rappresentato come strumento per parlare di un paese più grande, l’Italia. Con tutte le sue criticità e difficoltà. Con tutte le sue ingiustizie, verità infrante e impossibilità di riscatto.
Samantha è l’emblema di questo non futuro possibile. Nella sua camera osserva il poster della donna lupo dai capelli lunghi e gli occhi gialli, ammira e rimira su quel suo non arrendersi innanzi a nulla e riflette e trasfonde ciò su di sé e sulla sua vita di non gioie. Non è sola e non è l’unica a vivere in un futuro non scritto e in una dimensione non possibile. Anche gli abitanti di Colle San Martino si limitano a sopravvivere, trascinando le proprie esistenze in solitudine totale. Non esiste comunanza, non esiste una dimensione del comune. Padre Graziano, prete reazionario, e Cicci Bellè sono i detentori delle fila di questa realtà non realtà. Sono i burattinai che muovono le marionette, che sono mossi da odio, che si odiano, che muovono le proprie pedine tra ricatti e condizionamenti da cui non si può tornare indietro. Per Cicci solo il figlio Mariuccio di anni 32 e il cervello di 5 è sinonimo di provare un sentimento di affetto. Ljuba, invece, russa, si occupa di Faustino, nipote viziato di padre Graziano. Samantha, dal suo canto, è imbrigliata in un vivere fatto di silenzi e di non essere mai davvero ascoltata, è una giovane che non riesce a trovare conforto nell’uomo/ragazzo che ha accanto come fidanzato, né nei compagni di scuola. Solo con l’amica Nadia riesce a intessere un legame simile all’amicizia.
Ma la realtà del “paesotto” non perdona. Le vicende si snodano e intrecciano, si chiudono solo in apparenza tra le mura delle case, si susseguono e sussurrano tra le orecchie delle persone in un susseguirsi omertoso di fatti non fatti conosciuti ma non dichiarati, di capricci di un destino tragico e drammatico che non perdona e non concede seconde possibilità. Un destino che si abbatte proprio su Samantha. Un destino che si traduce in lutto, in follia, in una vita che ironica e satirica sembra prendersi gioco di te essere umano che la attraversi e cammini. Questa verrà colpita da una sciabolata feroce di eventi, eventi dai quali e per i quali imparerà la vendetta e il sapore agrodolce che questa rappresenta e costituisce. Può esistere una giustizia vera? Può il tribunale della terra concedere giustizia al pari di un tribunale divino? Può essere ammessa una giustizia quando l’unico strumento per raggiungerla è la vendetta? Può la vendetta fungere da strumento per ripristinare la giustizia? Può essere vinta l’oppressione di una realtà provinciale emarginata e chiusa in se stessa che altro non è che la metafora della nostra propria esistenza e solitudine ma anche individuale provincia intensa in senso metaforico?
Antonio Manzini, ancora una volta, scuote e resta con un romanzo che non parla solo di una realtà di provincia ma anche di una provincia intesa quale piccola lente di uno Stato più grande e corposo: il nostro paese. Con tutte le sue contraddizioni, fragilità, paradossi e incapacità di cambiare e cambiarsi. Vi riesce per mezzo di una scrittura diretta, rapida, costante. Vi riesce per mezzo di una scrittura fluida e magnetica che si confà ai suoi personaggi e alla realtà descritta. A ciò si aggiungono pennellate sui volti dei singoli protagonisti e sui luoghi descritti, luoghi e volti che rappresentano alla perfezione la descrizione di una realtà.
Manzini, in primo luogo, realizza uno spaccato del nostro presente ed ha anche il grande merito di riuscire a ricostruirne il volto. È un romanzo di denuncia, di riflessione, di descrizione. Un libro che sa porre l’accento sui più importanti paradossi del nostro vivere, su contraddizioni che non mancano di sovvertire al divenire sino a sovvertire anche il vivere quotidiano. Il tutto in un affresco del presente capace di lasciare molti spunti di riflessione e meditazione. Da leggere.
Indicazioni utili
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 4

Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Samantha : una donna-lupo
Torna Antonio Manzini, questa volta senza la sua creatura di carta, il commissario Schiavone, in un romanzo a tinte fosche, intitolato La mala erba. Un romanzo che colpisce , dove la vittima, a sua volta, diventa essa stessa carnefice.
La mala erba, infatti, racconta la storia di Samantha, giovane ragazzina, che vive in un piccolo paesino di provincia, dove tutti sanno tutto di tutti, e intesse una strana relazione con un suo coetaneo, che più di amore è fatta di sesso. Così un giorno si ritrova incinta senza sapere neanche lei come è potuto accadere, ma ha diciassette anni, è minorenne, ha un padre disoccupato e una madre che non sa più come salvare la propria famiglia. Lei, nella sua cameretta, ha un poster che raffigura una donna – lupo,
“una donna dai capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie.”
Samantha la guarda e comprende di poter essere come lei, unica via di scampo da una situazione che peggiora di giorno in giorno. C’è una soluzione a tutto questo dolore? A che prezzo? Forse la risoluzione può giungere proprio dal suo nemico principale, ovvero da Cicci Bellè,
“proprietario di tutto”,
ma ciò presenta un alto prezzo da pagare. Quale? Cosa farà la povera Samantha, così giovane, eppure già ferita profondamente?
Un giallo duro, spietato, un ritratto di società odierna e dei suoi mali che non lascia scampo. Scritto con una prosa efficace e raffinata, ma intrinsecamente dura, il romanzo ha al suo centro una figura di ragazza-donna costretta a crescere troppo in fretta, che colpisce il lettore nel profondo. Per gli amanti del thriller duro, che colpisce senza lasciare scampo.
Indicazioni utili
Ma quanta amarezza
Contiene spoiler
Come altri libri di Manzini che non vedono protagonista Schiavone anche questo è molto amaro, non c'è tanto posto per la speranza; poteva essere una storia di riscatto di Samantha che, a 17 anni si trova incinta, povera, con un fidanzato meschino, una mamma che detesta, un papà buono e fragile e abita in un paesino dove il ricco Cicci Belle' dispone e decide delle vite di quasi tutti. Invece Samantha , anche quando diventa ricca e può vivere una vita agiata, studiare e realizzarsi, non abbandona i suoi propositi di vendetta contro chi le ha fatto del male. La storia è scritta bene, l'autore è davvero capace di delineare i personaggi. Ci sono però situazioni inverosimili: come può una minorenne sposarsi in quattro e quattr'otto senza impedimenti legali e per giunta con una persona visibilmente incapace di intendere e di volere? Come è possibile che gli abitanti del paese siano succubi di Cicci Belle', delle sue richieste e dei suoi capricci, umiliati senza pietà e nessuno si ribelli alla sua cattiveria o almeno se ne vada altrove? Manzini ha scritto di meglio mail libro si può leggere
Indicazioni utili
LA MALA LETTURA
Curiosa di leggere qualcosa di diverso dalle avventure del celeberrimo Schiavone (forse anche lui un po' troppo strascicato), ho acquistato questo libro "a scatola chiusa", ma sono rimasta delusissima. Questo romanzo parte discretamente, ma ben presto diviene senza senso alcuno, scene grottesche al limite del ridicolo (il matrimonio......), ripetitivo, superficiale ... non va a parare da nessuna parte .. ultime 50 pagine non ne potevo più ...ma anche la casa editrice che scende così in basso? Assolutamente investite questi soldi per letture migliori, che abbondano. Ad maiora quindi!
Indicazioni utili

Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
La vendetta di una ragazza disperata.
Colle San Martino è un paesino sulle colline laziali, trecento anime circa, una vita grama e tanta solitudine. Le famiglie tirano avanti alla meno peggio, con lavori saltuari, rapporti sociali ridotti al minimo, corrosi da sordidi segreti e speranze ormai sopite. Su tutti e tutto dominano due personaggi: il boss del posto, Cicci Bellè, un signorotto prepotente e volgare, padrone indiscusso e temuto di ogni cosa, chiuso per lo più nel suo palazzo con i suoi servitori ed un figlio trentenne minorato con un cervello da bambino, e il parroco del paese, padre Graziano, un’ambigua e losca figura di prete che vive a sbafo, ospite di una famiglia del posto, ha un’amante segreta e un figlioletto, predica come gli conviene e razzola malissimo. Protagonista indiscussa è Samantha, una ragazza diciassettenne, liceale, ansiosa di evadere da un ambiente troppo ristretto e soffocante; è molto legata a suo padre, Enzo, un tipo burbero, solitario, amante della caccia, incapace di farsi strada nella vita e di trovare un lavoro stabile, vittima di continui ricatti da parte di Bellè per il mancato pagamento di affitti arretrati della casa. Samantha è una ragazza tenace, volitiva, in camera ha un poster raffigurante una donna lupo, capelli scompigliati, occhi gialli, corpo mozzafiato e lunghi artigli al posto delle mani. Eventi avversi le sconvolgono la vita: scopre di essere incinta, il ragazzo responsabile l’abbandona, si innamora di un altro che, sapendola in attesa di un figlio, la lascia, disperata e incompresa. Non c’è limite al peggio quando la madre accetta come ultima risorsa per sopravvivere una singolare proposta di Bellè, quella cioè di favorire il matrimonio tra il figlio deficiente, invaghitosi della ragazza, e Samantha. I vantaggi per la povera famiglia senza soldi sono tanti: un vitalizio, l’annullamento dei debiti, la dimora nel palazzo. Samantha si sente trattata come merce, fugge, urla il suo rifiuto, ma poco a poco, la voglia di sopravvivere ad ogni costo prende il sopravvento: convola a nozze, prende possesso del palazzo e detta, fredda e vendicativa, le sue leggi. Nuovi eventi si susseguono, il suicidio di Enzo, la fuga dell’amante russa e del figlioletto del prete, l’assassinio del figlio di Bellè, la tragica morte di padre Graziano: la mala erba (Bellè e Graziano) ormai non è più in grado di nuocere, ma al suo posto c’è una lupa affamata e determinata, che esige, ben determinata e senza dilazioni, gli affitti degli immobili del posto, non ripristina giustizia ma perpetua un altro tipo di mala erba, relazioni perfide, cattiverie e malignità. La vittima diventa carnefice, è la vita che costringe a diventare lupi, disperati e solitari, e ad imporre la legge del più forte.
E’ un paese di provincia quello di cui narra la storia Antonio Manzini, un paese in cui viviamo un po’ tutti, con le nostre speranze, i nostri risentimenti, le nostre solitudini, un paese in cui hanno buon gioco i poteri forti di ogni genere, quelli che tarpano le ali, impongono la loro prepotenza con tutti i mezzi, anche i più subdoli e imprevedibili. Padre Felipe, il successore di Graziano, sembra mite e sprovveduto, ma già ha iniziato a scroccare i pasti presso famiglie locali ed a preannunciare l’arrivo dal lontano Perù di una fantomatica sorella (l’amante?) con figlio al seguito: la storia si ripete, immutabile, tutto può cambiare purchè tutto resti come prima.
Lo stile narrativo è apprezzabile come sempre, i personaggi sono innumerevoli, ben delineati, con connotazioni precise e calzanti. Solo nel finale, la storia appare un po’ dispersiva, come se l’autore volesse affrettarne la conclusione, saltando da un personaggio all’altro a discapito della fluidità del racconto.
Leggendo il romanzo, mi sono venuti alla mente due riferimenti. Il primo è letterario, ed è una bella e notissima poesia di Quasimodo (”Ognuno sta solo sul cuor della terra – trafitto da un raggio di sole – ed è subito sera”) che mi fa pensare alla esasperata solitudine, quasi da emarginati senza spiragli di luce né speranze, dei personaggi di Manzini, arroccati in una sorta di limbo isolato dove il potente prevarica ed il debole è costretto a soccombere. Il secondo è cinematografico, ed è il celeberrimo giuramento di Rossella O ‘Hara in “Via col vento”, che ben si adatterebbe alla Samantha del romanzo di Manzini: “Giuro davanti a Dio che…non mi batteranno. Supererò questo momento e quando sarà passato non soffrirò più la fame né io né la mia famiglia, dovessi mentire, truffare, rubare o uccidere…”.
Qualche attinenza c’è, non vi pare?