Brucia Troia Brucia Troia

Brucia Troia

Letteratura italiana

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Tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, nel cuore della provincia italiana, si svolge la vicenda raccontata in questo nuovo romanzo di Sandro Veronesi. In scena, due mondi diversi ma paralleli. Da una parte il Cantiere, un degradato fazzoletto di terra abitato dai "brutti, sporchi e cattivi" che sopravvivono al margine del boom economico. Dall'altra, i trovatelli del brefotrofio, dominati da padre Spartaco, ex missionario integralista. Nel mezzo, lo scroscio borghese della modernità, al quale tutti i personaggi di questa antisaga sono disperatamente estranei; e sarà proprio nel fatidico 1970, l'anno-chiave dell'epopea dello sviluppo, che essi, tutti, verranno consegnati al proprio destino di vittime sacrificali.



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Brucia Troia 2009-05-02 22:31:01 Arcangela Cammalleri
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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    03 Mag, 2009
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Brucia Troia di Sandro Veronesi

Come si esplicita nella nota dell’autore, il romanzo ha avuto una lunga gestazione, la prima stesura risale a più di vent’anni fa, lasciare liberi i personaggi dopo averli a lungo tenuti con sé, ha permesso a Veronesi di apportare quegli stessi cambiamenti che la sua vita subiva perché la distanza tra essi e lui non diventasse eccessiva. Il titolo è stato estratto da una canzone del cugino di Veronesi Vinicio Capossela, dopo che anche i titoli provvisori si sono succeduti pari passo con le nuove stesure, spera che nel trapianto, dalla canzone al romanzo, sia colata dentro un po’ di quella forza.

Tra l’orfanotrofio dei Cherubini e il Cantiere, luogo infimo e degradato, si trama la storia di Brucia Troia, in una provincia dell’Italia a cavallo degli anni 50-60. Nel brefotrofio domina la figura maestosa ed ieratica di padre Spartaco, un integralista ex missionario in Africa con la fissazione di erigere un colossale monumento alla Vergine, “La Finzione Permanente”, opera dotata di un movimento continuo, un marchingegno di neon, luci psichedeliche, tubi e giochi d’artificio di luminante ed esplosivo impatto visivo. Egli persegue questo delirante progetto con inaudita pervicacia e ostinazione, tutti i suoi sforzi fisici e mentali sono volti alla realizzazione di questa follia per la più formidabile genuflessione collettiva davanti all’altare di Maria che si fosse mai vista in quella parte del mondo. Per dimostrare, sì, di quali fatti era ancora capace la fede. Nel Cantiere s’impatana la vita miseranda di Salvatore scappato dai Cherubini, che troverà i suoi maestri di vita nel vecchio Omero e in Miccina prima e il suo compagno-allievo, nel Pampa, dopo. In queste due realtà agli antipodi l’una quella dell’orfanotrofio, emblema di presunta innocenza e fede e l’altra quella del Cantiere fatta di marginalità e bestiale delinquenza, corrono parallele vite primitive di perdenti e vinti perché già segnati dalla nascita. In questi estremi livelli di vita, i personaggi soccombono al loro infausto destino perchè nessuna redenzione può sollevarli a dignità umana. Il fuoco elemento purificatore non sconfigge il fuoco, come la sacra croce non scaccia il Male. Brucia Troia, brucia l’orfanotrofio che pone fine a numerose vicende individuali e collettive che duravano da molto tempo, ma non ne consegna nessuna alla storia. Un romanzo non indulgente verso una società apparentemente opulenta in cui, supinamente, convivono le superstizioni mistiche, i baraccati, i diseredati, gli emarginati non sfiorati dal progresso e dalla “felicità.”

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