Divorzio di velluto
Letteratura italiana
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Divorzio anaffettivo
«Sua madre non aveva mai imparato a incassare i colpi, si dimenticava ogni volta che il destino le presentava la sua versione dei fatti. I suoi schiaffi non facevano male, Jojo li temeva, ma il vero pericolo erano le parole. Dora non ci badava.»
Il divorzio non è sempre e solo quello che comporta una separazione a livello sentimentale. Talvolta quando facciamo riferimento a questo facciamo riferimento non tanto a quello a quello affettivo ma anche a quello correlato alle nostre radici, a quei luoghi che rappresentano il nostro essere e il nostro vivere in un tempo scandito dalle esigenze di una vita che scorre.
Ed ecco allora che “il divorzio” assume una forma diversa, una sfumatura che muta nel suo essere. Jana Karsaiova ci insegna proprio questo e cioè che questo può essere anche altro, può essere correlato al nostro vivere, a quel che siamo e ci circonda, a una frattura delle nostre radici e della nostra storia.
Conosciamo dunque tra queste pagine volti e persone. Volti di uomini fatti di umanità, legami e affetti. Spezzati, disincantati, ricostruiti, persi. Una storia che prende campo dalle scissioni che si manifestano nella realtà della famiglia, una famiglia che scopriamo essere unita solo in apparenza. La storia prende campo proprio dalle scissioni che si manifestano per un disamore, per episodi, incontri, emozioni che tornano ad affiorare. In un bisogno costante e impellente di accoglienza sia culturale che sociale che umano.
Tra i finalisti del Premio Strega di questa edizione 2022 è “Divorzio di velluto”, opera scritta da una autrice slovacca che ha scelto di vivere in Italia e che si propone in uno scritto che rimarca una impostazione scenografica e sceneggiata. Una sceneggiatura in piena regola dove ogni tassello si ricostruisce un poco alla volta, passo dopo passo. Forse, questo, anche per il passato in ambito teatrale della stessa. La lettura scorre rapida, tuttavia non riesce a coinvolgere completamente. È come se tra lettore e scrittore ci fosse un filtro, un vetro invisibile. Piacevole ma non indimenticabile. Una buona prova che suscita riflessioni seppur con i suoi se e ma.
«[…] un matrimonio il cui apice sarebbe stato un divorzio, battezzato anche quello di velluto. Come la rivoluzione dell’89, la Rivoluzione Gentile la chiamavano gli slovacchi, di Velluto, ribattevano i cechi.»
Indicazioni utili
Lasciarsi tutto alle spalle
Un divorzio di velluto è quello tra i coniugi Katarina e Eugen.
Vite intrecciate con passione iniziale, minate poi da frasi taciute e insoddisfazioni reciproche.
Il “divorzio di velluto” è quello che divise la Cecoslovacchia in due stati indipendenti e autonomi nel 1993, ponendo una cesura tra due popoli che si percepivano differenti, culture distanti che il tempo non era riuscito ad amalgamare.
Due generi di divorzio, due binari paralleli, da sondare e percorrere, per tentare di comprendere le cause della frattura.
Il romanzo non vuole essere immerso nelle tematiche politiche, ne resta ben lontano, dedicandosi in via esclusiva alle persone, ai volti che sono i protagonisti, mariti e mogli, genitori e figli, senza dimenticare gli amici.
La divisione del paese funge da sfondo, divenendo uno degli elementi narrativi che coinvolge psicologicamente tutti.
Una storia di scissioni familiari, un viaggio all'interno di famiglie all'apparenza unite e amorevoli, ma nella sostanza terreni fertili per incomprensioni, disamore, ripicche e fughe.
Una narrazione costruita su un impianto temporale che segue il filo dei ricordi, un riaffiorare continuo di episodi, di incontri, di emozioni che la giovane Katarina vuole raccontare in primis a se stessa, per potersi fornire delle risposte che per lungo tempo non ha cercato, nella convinzione di vivere una buona vita e di aver raggiunto obiettivi solidi.
Uno dei cardini sottesi alla storia è il bisogno di integrazione e accoglienza, sia esso nell'ambito familiare o nel più vasto sentire socio-culturale, richiamando temi attuali come il rispetto delle origini altrui, degli usi e costumi, di tutto ciò che concerne l'espressione dell'individuo.
Si tratta del primo romanzo di una autrice slovacca, che ha scelto di vivere in Italia da numerosi anni, pertanto è comprensibile che siano numerosi gli spunti personali utilizzati per la stesura dei contenuti.
Interessante l'intento e l'impronta del binomio tra le due tipologie di divorzio, tuttavia manca un pizzico di brio nella prosa e qualche riferimento più sostanzioso alla separazione tra le due culture.