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Letteratura italiana

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Tre fratelli si ritrovano per l'ultimo saluto al padre. Ritornati nella vecchia casa da città diverse. Alessandro il maggiore, ingegnere e uomo d'affari di successo, è come se portasse un'ombra, una zona scura nell'animo, che quando affiora prepotente è sconosciuta fors'anche a lui stesso; la fiduciosa Silvia è una restauratrice e sta lavorando a un recupero sensazionale, un antico affresco trascurato attribuito da lei - e ne cerca l'ultima prova - a un grandissimo pittore, e la sua vitalità non si è inaridita nemmeno di fronte alla ripetizione più o meno coatta di amori falliti; il «piccolo» Gabriele, il fratellino fragile, ha una vita sbagliata, che unisce al fallimento professionale ed economico un pericoloso sbandamento esistenziale, ed è lui quello rimasto nella stessa città del padre. Ogni capitolo di questo romanzo porta come titolo il nome di uno dei tre protagonisti, perché è dal punto di vista a turno di uno di loro che si svolge il presente e avvengono le incursioni del passato. Si intrecciano storie semplici a altre tristi e cupe; ciò che è appena avvenuto ed è ancora dietro le spalle di ciascuno, e l'affiorare di immagini d'infanzia o ricordi lontani scanditi dai ritmi e i modi diversi di crescita, le preferenze affettive con il padre che provocavano orgoglio oppure frustrazioni, la cui traccia ancora presente è più facile ritrovare adesso, accanto alla spoglia. Ma perché, in tutti questi quadri di una volta che le parole e la memoria restaurano come un affresco da riportare alla luce, non c'è mai la figura della madre? Eleonora: scomparve presto di scena e restò come cancellata dalle abitudini familiari. La rivelazione del segreto della madre riequilibrerà, anche a costo di una tragedia, il rapporto tra i tre fratelli. Raramente, ci dice Coletta in questo romanzo di tensione e scavo tutto psicologico, la famiglia è un posto limpido e felice, ed è nelle sue tranquille stanze che alle volte si nasconde l'ignoto che sconvolgerà tutto.



Recensione della Redazione QLibri

 
In tua assenza 2022-07-31 11:16:45 68
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68 Opinione inserita da 68    31 Luglio, 2022
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Frammenti di solitudini….

La famiglia, da sempre oggetto di dibattiti e dissertazioni, indagini psicologiche e sociologiche su base storica, creazioni letterarie, culla di misteri irrisolti e distanze incolmabili, per qualcuno semplice convenzione sociale, per altri origine di ogni male, epicentro di amore, comunanza e condivisione ma anche di odio, ingiustizie, segreti, ricatti affettivi.
Quale valore oggi, di certo questo romanzo di Claudio Coletta, che si avvale di una scrittura asciutta, diretta, lineare, si addentra in un tema difficile e controverso, per non dire insondabile, la ricerca di un senso all’ interno di una disgregazione famigliare accettata ma non condivisa, scoperchiata da un lutto improvviso che riporta a misteri e ricordi di un’ infanzia monca e tortuosa.
La fine di una vita, tre fratelli doverosamente riuniti di fronte alla salma paterna, nessun preavviso, emozione, il fatto compiuto, il presente ricoperto di silenzio, attesa, indifferenza, vite naufragate, il desiderio e la necessità di essere altrove.
Alessandro, il primogenito, non si è mai sentito amato, un ingegnere trapiantato al nord che in una sola giornata ha perso la moglie Carla, il lavoro, il proprio padre, un matrimonio frantumato da assenze e tradimenti, desideri infranti in un senso di grandezza dissolto.
Silvia, la figlia di mezzo, è sola e innamorata del proprio lavoro, il mistero di un antico affresco da lei attribuito a un grande maestro le rievoca l’ assenza dell’ amore materno, una vita frammentata e controversa con una figlia da non lasciare sola, il senso di colpa per non avere assistito alla morte del padre, perché ….” una figlia deve esserci, fino alla fine “….
Gabriele, il più piccolo, fragile e sbagliato, un cocainomane naufragato nella propria dipendenza e nel disastro economico conseguente, che sa di avere sempre deluso il padre, anche oggi, abbandonandolo di fronte alla morte, ma anche l’ unico ad averlo sopportato, a non essere partito, ad essergli stato vicino fino alla fine. Avrebbe tante domande da porgli, consapevole di avere desiderato che smettesse di soffocargli la vita con la sua presenza, che arrivasse questo momento, e allora come giustificare il senso di vuoto che vive dentro?
Vite soffocate da obblighi, rimpianti, ansia, dolore, indifferenza, risposte negate, un peso dentro e un tarlo, quella figura materna prematuramente scomparsa e che improvvisamente ritorna, come un quadro eroso dal tempo da riportare allo splendore primario, una giovane donna prematuramente sottratta alla quiete domestica, partita per non fare ritorno, dissolta nella nebbia di una presunta malattia tra lettere della memoria, una melodia dolce e malinconica, fotografie che testimonino altro,
Inizia un percorso della memoria, come sono potuti naufragare i legami fraterni, semplici circostanze, incomprensioni, differenze incolmabili, vite altrove.
La seconda parte del romanzo vive la necessità del presente nella scia del tempo perduto, declinando l’ introspezione e l’indagine psicologica a favore della trama, una suspance che esige una soluzione e un senso, l’ idea di un amore negato, di una sofferenza protratta, l’ impossibilità di una vita in un ambito famigliare siffatto, quello che pare non è come sembra.
E allora si svela una verità acclarata, una soluzione necessaria che rigetta la complessità del tema iniziale, privando il romanzo delle premesse e delle profondità auspicate. I personaggi navigano in un limbo di solitudine, le loro vite paiono disperse, sole, abbandonate, scollate, porzioni di sofferenza individuale.
Un’ assoluzione a metà, altro dolore, l’ impossibilità di risposte tardive, una rapporto ritrovato, uno possibile negato per sempre, la conferma di un amore, un segreto necessario e solo in parte condiviso, il mistero dell’ esistere, inafferrabile e imprevedibile…

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In tua assenza 2022-09-10 13:53:42 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    10 Settembre, 2022
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Solitudine incompleta

Tre fratelli e un ultimo saluto, al padre. Tre vite soffocate da obblighi e senso del dovere, tra sensazione di incompletezza e insoddisfazione per quei legami che proprio non sembrano prendere forma, sostanza.
Il suo nome è Alessandro ed è il primogenito, colui che mai si è sentito amato. È un ingegnere trapiantato al nord, ha perso in una sola giornata la moglie Carla, il lavoro ed anche il padre. Il suo matrimonio è l’emblema di assenze e tradimenti, di legami andati avanti più per consuetudine sociale che per verità concreta. E poi c’è lei, Silvia, la mezzana. Soffre della mancanza di amore materno, di una vita controversa, di speranze disilluse. Infine, Gabriele, il più piccolo e quasi come un cliché, il più fragile. Naufragato nella cocaina è schiacciato dai sensi di colpa per aver deluso quel padre e ha distrutto il suo patrimonio economico per una dipendenza che non porta resa se non sconfitta.
Silenzio, attesa, silenzio, attesa. La salma sembra tagliare la quiete con la propria presenza – quasi – ingombrante. I tre si riuniscono per ricordare la fine di una vita e sembra di essere alla resa dei conti perché a passare innanzi ai loro occhi è una vita fatta di rimpianti, ansie, assenza di una figura materna scomparsa prematuramente.
Ed ancora una volta tornano ad essere presenti le problematiche della famiglia, ancora una volta le tante domande che ruotano attorno a questa tematica si fanno vive e vivide. È Claudio Coletta, questa volta, a farsi portavoce di quelle dinamiche sociali e psicologiche che prendono forma all’interno delle abitazioni, tra le mura. Non nascondo che per l’impostazione e la presenza di questi tre fratelli tutti avvalorati da una propria fragilità, insoddisfazione e insofferenza alla vita, lo scritto mi ha ricordato molto “Serge” di Yasmina Reza. Da questo punto di vista l’ho ravvisato un po’ troppo un ennesimo cliché. Sono anche prese le dovute distante da questo componimento edito da Adelphi ma la mente rimanda e pensa e riflette sulla comunanza di fattori che al contempo li accomuna.
Coletta propone ai lettori un elaborato con un buon potenziale. Soprattutto nella prima parte l’opera è ben caratterizzata, i personaggi incuriosiscono, si scoprono poco a poco, come se si stessero sfogliando le pagine della loro vita, si attraversa e percepisce il loro dolore. Lo si assapora e percepisce con vividezza. Tuttavia, la sensazione che resta al lettore è quella dell’incompletezza. Perché se in prima battuta il narratore è coinvolto dalle vicende, vuole scoprirle, svilupparle, dall’altro canto resta con una sensazione di non completo sviluppo del libro. I personaggi restano bloccati nel loro essere, non riescono a trovare le loro risposte e dunque sono incapaci di offrirle al lettore, il mistero del vivere e dell’esistere resta tale. Ed è un peccato. Perché un titolo come questo ha certamente un ottimo potenziale che se ben sviluppato avrebbe potuto renderlo semplicemente indimenticabile. La sensazione invece è quella di personaggi persi nei meandri della loro mente, come in un labirinto di specchi senza vie d’uscita.

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