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La voce di Robert Wright La voce di Robert Wright

La voce di Robert Wright

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La verità è che siamo tutti tizi impauriti, vestiti a festa ma nascosti chissà dove nella speranza che qualcuno si accorga di noi. Da quasi trent’anni sei il doppiatore ufficiale di uno degli attori più famosi e strapagati di Hollywood. Per il pubblico non hai neanche un nome, sei “la voce di Robert Wright”. Consacrare l’esistenza a un portento del cinema mondiale ha avuto il suo prezzo: rimanere nell’ombra. Sei comunque una star, ma dei titoli di coda. Quaranta film e tanta abnegazione ti hanno consentito di avere soldi, riconoscimenti, una bella casa nel centro di Roma. Una famiglia. Un giorno arriva la notizia: Robert si è suicidato nella sua villa in California. Ora sei la voce di un morto. La perdita del tuo dio ti lascia orfano. Dopo aver fatto parlare innumerevoli personaggi te ne resta solo uno da interpretare: te stesso. Stavolta non c’è copione, sei costretto a scendere dal palco, a togliere la maschera. E la finzione crolla. Chi sei adesso? Possibile che la tua vita sia stata solo un’inutile esibizione? Qualcosa dentro di te si rompe, ti sembra di impazzire, nemmeno la tua famiglia riesce ad aiutarti. Poi scorgi i primi indizi. Non sai cosa pensare quando intuisci che forse, come da dietro le quinte, qualcuno sta allestendo una terribile congiura ai tuoi danni... Per scoprire la verità devi finalmente vestire gli abiti del protagonista. E distruggere tutto.



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La voce di Robert Wright 2021-12-24 20:39:42 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Dicembre, 2021
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Carlo vs Robert

Chi già conosce Sacha Naspini sa che è un autore che tocca immancabilmente temi importanti e corde profonde. Temi che vanno dai legami familiari alla vita, al vivere e all’esistere. Sa ancora che tra le sue pagine troverà dolore ma anche riflessione perché egli nulla risparmia a chi legge. Naspini sempre conduce per mano, nei meandri della mente e dell’anima. Nel buio più oscuro. Questa volta però, con “La voce di Robert Wright”, egli ci propone un qualcosa di completamente diverso da quanto precedentemente presentato.
In merito, il cambiamento è evidente già dalla voce narrante che, questa volta, è una seconda persona singolare. Il narratore, di cui all’inizio non conosciamo granché, si rivolge direttamente al lettore. Carlo Serafini sembra infatti avere tutto. Una carriera con i fiocchi in cui ha prestato la sua voce a Robert Wright sino a far proprio il personaggio, una moglie più giovane e un figlio. Egli è da sempre, infatti, associato a Robert. Basta che si fermi in un bar per sentirsi chiedere se magari vi è una conoscenza pregressa. Ma cosa accadrebbe se un giorno Wright morisse? Cosa ne è della sua esistenza di doppiatore e di uomo una volta che quella che è stata la sua prima identità è perita?
Perché da questo momento in poi quel che viene meno non è soltanto il suo vivere, il suo ruolo nel mondo ma anche la sua vera e propria identità. Per tutta la sua esistenza si è sempre crogiolato dietro il suo ruolo e adesso che lo ha perso, che quella figura imponente lo ha lasciato nudo, cosa resta di lui?

«Gli indizi portavano proprio alla strada con cui ti eri preso a sprangate all’inizio: il giullare shakespeariano non riusciva a guardarsi senza cerone. Paranoia, manie di persecuzione, violente crisi depressive, dissociazione dalla realtà. Alla fine un cocktail letale a base di psicofarmaci. Robert Wright aveva tanti personaggi. Tu uno solo: lui. Ora camminavi come un terremotato che ha perso tutto.»

Da questo momento osserviamo quella che è la sua deriva, la sua rovina. Impietosa, imprescindibile, implacabile. Ci interroghiamo, anche. Ci chiediamo spontaneamente a chi appartenga davvero quella meschinità. A Wright? O forse quella che emerge altro non è che la meschinità del vero volto di Serafini? E cosa accade quando la maschera cade? Sarà anche il connubio creato con Vanessa Sarchi a ridistribuire le colpe.
“La voce di Robert Wright” è un romanzo molto diverso rispetto ai precedenti lavori di Naspini, più maturo e più accurato ma è anche un libro che si conforma a quello che è il suo stile e il suo essere tanto che la sua prosa, anche questa volta, non sbaglia il tiro nemmeno di un millimetro. È di una precisione disarmante. Esattamente come la tematica dell’identità e dell’io che viene rievocata e che rimanda ai grandi della letteratura classica che abbiamo amato. Ed è grazie alla mancanza di voce, al silenzio protratto volontariamente, che Serafini sceglie di tornare a se stesso. Anche se questo può significare limitarsi ad osservare e per questo essere un fantasma quando, nel paradosso, è un io che cerca.
“La voce di Robert Wright” è prima di tutto un viaggio interiore, introspettivo e profondo. Un gioco di specchi governato da un maestro del narrare che confonde le acque e mescola le carte con semplicità. Il tutto sino a un epilogo che ricompone quel puzzle fatto di verità e perché.

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