Narrativa italiana Romanzi Le parole lo sanno
 

Le parole lo sanno Le parole lo sanno

Le parole lo sanno

Letteratura italiana

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Alberto scopre di avere un male incurabile: invece di condividere l'inquietudine con chi lo circonda si procura un bastone e degli occhiali da cieco e si rifugia in un luogo già remoto, al riparo anche da se stesso. Entra in un parco, si siede su una panchina. Qui trova, forse per la prima volta, lo stupore di essere vivo. Accanto a lui si siede una giovane donna, Flavia. Si parlano. Flavia si racconta e si confessa. Ha un bambino, e un marito ossessivamente geloso. Nasce qualcosa di semplice, inatteso, che sembra parlare con la voce profonda del destino. L'intesa, il desiderio di ritrovarsi, l'attrazione: l'amore insomma, che nessuno dei due cercava e che li sorprende senza difese. Alberto è sempre più coinvolto in quelle confessioni di violenza subita e, non avendo nulla da perdere, entra nella vita di Flavia come la provvidenza. Tuttavia se il suo drastico intervento abbia liberato o condannato all'infelicità la donna che ama non è dato sapere. Perché Flavia, com'è arrivata, un giorno come un altro scompare per sempre. Ad Alberto non resta che scrivere: affidare a un diario il racconto di ciò che è accaduto, ormai sicuro che "le parole sanno sempre dove andare" e che quindi, in un modo a lui ancora sconosciuto, prima o poi arriveranno a Flavia. È questo il destino delle parole e il destino di ogni racconto che dicono l'amore, liberi entrambi dalla vuota comunicazione a tutti i costi che è dei tempi nostri. Siamo di fronte a una storia dentro una storia, dentro un'altra storia ancora, in un meccanismo concentrico e tecnicamente perfetto. Una dichiarazione d'amore per la letteratura, perché scrivere - e leggere - realizzano il passaggio del testimone più universale e intimo. D'altra parte, si sa, chi legge ama.



Recensione della Redazione QLibri

 
Le parole lo sanno 2020-04-23 21:44:55 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    23 Aprile, 2020
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UNA STORIA A CUI MANCA QUALCOSA

Il protagonista di questo libro è Alberto, un uomo di mezza età, che scopre di avere una malattia incurabile e che per combattere la paura, il senso di smarrimento e l'ansia per la sua condizione, decide di fingersi cieco.

Ogni giorno si reca in un parco e si siede sulla stessa panchina respirando e guardando la vita attorno a sé.

E' proprio il parco il centro della storia, in questo luogo avviene quasi tutta la vicenda, anche se l'autore scopre i vari tasselli del puzzle poco a poco, creando un meccanismo di attesa, utilizzando per di più frasi molto brevi.

"Sapevo fin troppo bene cosa sarebbe successo. Niente. Il tempo avrebbe fatto il suo lavoro inesorabile e il male giorno dopo giorno si sarebbe mangiato parte di me. Era semplice"

Un giorno, accanto a lui si siede Flavia, giovane donna che inizia a raccontare ad Alberto la sua vita difficile, la sua voglia di scappare da un matrimonio sbagliato e da un marito ossessivo. Flavia è in una vera e propria crisi e sta mettendo in discussione la sua vita e le scelte che ha fatto nel suo passato.

Nonostante la sua condizione Alberto cerca di non vivere nell'angoscia e di non lasciarmi sopraffare dalla tristezza, ma è l'incontro con Flavia che gli darà, anche se per poco tempo, ancora la voglia di vivere.

"Ho cercato di non pensare. Non pensare, mi ripetevo. Tu non devi più pensare, nè al passato, nè al presente, tanto meno al futuro. Devi solo lasciarti vivere."


Ma da un momento all'altro Flavia non tornerà più al parco e ad Alberto non resterà che scrivere "la loro storia" in una sorta diario, sperando che almeno quelle parole possano arrivare alla donna e come ci dice il titolo, "le parole lo sanno dove andare."

La struttura del romanzo è una sorta di libro nel libro, il primo capitolo ci descrive la figura di un uomo che trova il diario su una panchina, è una sorta di "messaggero neutrale" che ci introduce alla narrazione vera e propria.

Infatti, il suo compito è solo quello di accompagnare il lettore ad un livello successivo, portandolo a leggere quello che ha scritto Alberto.

Dopo questa prima parte sono andata un po' in confusione perché lo stile di scrittura è molto descrittivo e specifico, volto a spiegare "passo-passo" quello che faceva il protagonista o il personaggio della scena, a lungo andare annoia e sembra quasi un elenco; tipo : mi alzo, ho chiuso la porta alle mie spalle o sono uscita in strada.

Personalmente, questo tipo di narrazione non mi entusiasma quasi mai, preferisco un testo che " premia" l'utilizzo dei dialoghi che avrebbero alimentato un po' il ritmo della storia.

Il lettore fatica a conoscere il protagonista, fino a pagina quarantatré non né conosce neanche il nome.

Ho trovato interessante e molto vivida la descrizione dell'ambientazione, che è il luogo d'incontro di Alberto e Flavia, il parco. Luogo dove, in un certo senso, inizia e finisce il romanzo.

Quello che mi ha lasciato perplessa più di ogni altra cosa è stata la costruzione della trama che ho trovato poco verosimile.

Mi sembra molto forzato che una persona si sieda in una panchina e racconti ad uno sconosciuto, come se non fosse nulla, i propri problemi personali. Anche perché stiamo parlando di una donna che in teoria sta subendo della violenza domestica.

Molte donne non ne parlano con nessuno e Flavia lo dice al primo che incontra? Ad una persona che conosce appena? Non pensa che visto che il marito la controlla, possa scoprire che ogni giorno incontri un uomo al parco?

Chi è veramente Flavia? Io non ho capito se sia una vittima inconsapevole o una carnefice e se le sue siano solo paranoie, inoltre penso che lei avesse capito fin dal principio, che Alberto non era cieco.

Io sono sempre dalla parte delle donne, ma in questo caso mi vengono dei campanelli di allarme, probabilmente l'autore doveva sviluppare maggiormente la storia per farci capire qualcosa in più su di lei.

Il lettore è comunque invogliato alla lettura, vuole capire cosa succede perché Flavia da un giorno all'altro sparisce, cosa le è successo?

**INIZIO SPOILER**

Il finale non soddisferà tutti i nostri punti interrogativi, anzi, rimane sospeso e non c'è nessun colpo di scena eclatante. Un finale che non possiamo definire tale.

**FINE SPOILER**

Non mi sento di dire nulla sul tema delicato della malattia, anche se ho letto altri libri su questo argomento, non riesco ad apprezzare o meno la scelta di parlare di un argomento così particolare.

Mentre la violenza sulle donne è un tema molto attuale e anch'esso complesso, qui viene trattato con molta superficialità, sembra quasi per fare "effetto" sull'emotività del lettore, a mio avviso non doveva essere inserito nel testo in questo modo.

Sicuramente l'autore sa scrivere e anche bene, molte frasi sarebbero da inserire come citazioni, starebbero bene nei social, ma la bella scrittura non si è sposata ad una trama altrettanto magnifica; l'intreccio inizialmente sembra avvincente ma poi scoppia come un palloncino non lasciandoci nulla.

Secondo me, il libro doveva essere sicuramente più lungo, per spiegare meglio alcune cose, alcuni passaggi e le scelte dei due personaggi principali.

Nella sovraccoperta l'editore ci descrive il libro come una possibile storia d'amore e un romanzo d'azione, due paroloni che magari possono passare inosservati ad un lettore "occasionale" ma non a me.

La storia d'amore tra Alberto e Flavia non la definirei tale, perché è un sentimento negativo che porta alla distruzione, all'allontanamento e anche ad altro che non svelo e non trovo azione sinceramente, perché manca quel qualcosa in più che l'autore non ha scritto e che noi ci aspettavamo.

Visto la recente riduzione dello sconto sui libri, non mi sento di consigliare questo libro perché l'autore con la sua storia e i suoi personaggi non è riuscito a trasmettermi nulla, ha trattato alcuni argomenti con leggerezza, senza un approfondimento psicologico e senza la dovuta profondità.

E' un vero peccato, perché all'inizio il romanzo mi stava piacendo.

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Le parole lo sanno 2020-12-16 11:42:17 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    16 Dicembre, 2020
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Alberto e Flavia

«Eravamo precipitati nella realtà, adesso, in quella terra ruvida che chiamiamo vita.»

Il suo nome è Alberto, è un uomo di mezza età, medico, con un figlio ereditato da un vecchio matrimonio e con il quale ha un rapporto sfilacciato, a causa della distanza, a causa degli eventi. Quando meno se lo aspetta scopre di quella diagnosi dalla quale non vi è possibilità di fuga: un tumore ormai in stato avanzato è pronto a portarselo via senza lasciare spazio ad alcuna possibilità di cura. A un primo momento di smarrimento segue la consapevolezza e la voglia di lasciar andare quel che è stato per abbracciare quel che verrà. Alberto, preda di emozioni contrastanti, si finge cieco e si rifugia in un parco che pian piano diventerà la sua casa e quella degli incontri con una donna, Flavia. Così diversa da lui, così spaventata, così preda di quell’uomo con cui ha concepito suo figlio e il cui comportamento ha tutti i tratti tipici di una possibile violenza domestica.

«Esiste solo il tempo e il modo in cui lo puoi accelerare o rallentare.»

I due si incontrano per caso una volta in questo scenario caratterizzato da una panchina e una vista sull’orizzonte, eppure, quel primo ritrovarsi diventa quasi una consuetudine tanto consolidata quanto attesa a cui segue un aprirsi del cuore e della mente e di confidenze che si affacciano e sedimentano. Tuttavia, un giorno come un altro, questi rendez-vous si interrompono. Flavia non si presenta più al parco e lo stesso Alberto smette di andarvi. Perché? Cosa è successo?

«Soprattutto, dopo che è mancato, tutti abbiamo bisogno del ricordo di un padre forte.»

Con una penna evocativa e una storia che si apre con un diario che introduce le vicende per poi lasciar loro prendere campo e che in fine le conclude, come un libro nel libro, come un perfetto cerchio, Marco Franzoso dona al suo lettore un elaborato che tocca temi importanti e in particolar modo la malattia, quella malattia che non lascia spazio a possibilità o alternative, quella malattia che quando sopraggiunge ti porta a interrogarti sul tuo passato, sul tuo vissuto, sul tuo percorso. Spingendoti a riflettere, spingendoti a cercare legami e punti di comunicazione e incontro talvolta proprio con quelle persone sconosciute con cui intavoli un rapporto perché in loro semplicemente ti riconosci.

«Ciascuna parola era una scoperta, ma anche una ferita che le parole slargavano e un istante dopo rimarginavano. […] Perché abbiamo vissuto. Quella era vita, tutta vita e solo vita. Il nostro appuntamento era quello, e noi per una volta ci siamo fatti trovare. Questo mi ripaga di tutto. Fanne tesoro anche tu.»

Sai di aver trovato in loro una casa, sai di aver trovato in loro un porto sicuro, sai di non aver mancato quell’appuntamento con la vita e con il vivere che troppo spesso saltiamo perdendo quel treno che passa una volta sola. Si crea come un legame magico, intriso di un qualcosa di ineguagliabile e di emotivamente indimenticabile.
La vicenda scorre rapida tra le mani del lettore ma non è una storia per tutti. È una storia che è caratterizzata da un ritmo narrativo ben cadenzato ma che talvolta può risultare essere troppo descrittivo, al contempo trattando di problematiche forti richiede sintonia soprattutto per l’aspetto che riguarda non tanto la malattia ove a prevalere è il dato empatico e riflessivo quanto, per il legame che si crea tra l’uomo e la donna che è avvolto da un misticismo e una magia che possono non conquistare tutti.
Una lettura che consiglio agli amanti del genere e a chi cerca un libro con cui e su cui riflettere.

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Consigliato a chi ha letto...
Si = a chi ama le storie del genere e le storie introspettive con tratti di misticismo e magia;
No = a chi non ama queste tematiche e/o i romanzi di questa tipologia.
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