Rumore bianco Rumore bianco

Rumore bianco

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Jack Gladney è professore di studi hitleriani presso un campus dove i detriti della cultura popolare americana sono divenuti la nuova bibbia e il supermarket la sua biblioteca. Come dice Murray J. Siskind, collega di Jack e profeta dell'apocalisse postmoderna, il supermarket è un luogo saturo di onde, radiazioni, lettere e numeri, voci e suoni in attesa di essere decodificati. Ma la vita rassicurante e consumistica di Jack e della sua famiglia ultramoderna viene improvvisamente inghiottita da una nube letale, l'evento tossico aereo, espressione concreta della miriade di altri eventi tossici onnipresenti tra le mura domestiche.



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Rumore bianco 2023-11-01 16:06:45 68
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68 Opinione inserita da 68    01 Novembre, 2023
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Verità omologata e finzione soggettivata

….” Alla fine si riduce tutto a questo, una persona passa la vita a dire addio alle altre persone. Ma come si fa a dire addio a se stessi? “….

“ Rumore bianco “ riproduce una dimensione allargata partendo da un reale circostanziato e provinciale di una famiglia americana media impegnata nel quotidiano.
Rumori, sensazioni, accadimenti, omologazione, l’ ansia del presente, uno stato di precarietà impregnato di uno sguardo soggettivato attraversano età differenti e accadimenti, scontati, imprevisti, indecifrabili.
Jack Gladney è un professore universitario fondatore di un istituto di studi hitleriani, quattro matrimoni alle spalle, diversi figli, una compagna, Babette, pervasa da ossessione ansiogena e senso di morte, una coppia attraversata da una precarietà che cerca di condividere.
Generazioni a confronto, una sovrastruttura che incombe e ricopre vite omologate, codici comunicativi, attività extrasensoriali, realtà apparente, significati da attribuire per chi è stato esposto in un breve momento a una nube tossica che può restituire un futuro indigesto.
Chi siamo realmente in una visione esterna ed estranea a noi stessi che ci appartiene, oggetti di un quadro più ampio, fruitori di una felicità omologata, una massa indistinta di consumatori alla ricerca di un senso in una comunanza condivisa, semplici spettatori di un’ emergenza climatica da tempo presente che ci tocca direttamente quando una nube tossica ci sovrasta allontanando sogni poco evidenti.
Come siamo inclusi in eventi che giudichiamo scontati, che trasformiamo in oggetti di appartenenza, che cosa percepiamo di una realtà che sappiamo descrivere solo grossolanamente, sottratti a noi stessi ed esposti continuamente ad attività extrasensoriali, onde, radiazioni?
In fondo vediamo con occhi altrui, fotografando l’ atto del fotografare, nel qui e nell’ ora, mangiamo compulsivamente, inseguiamo una pienezza dell’ essere nella variegata sembianza dei nostri acquisti, compriamo per il semplice piacere di farlo, non siamo che bizzarre maschere di felicità in enormi supermercati puliti e moderni, immersi in un perenne rumore assordante, indossiamo capi che ci parlano restituendo un senso di identità e di pienezza, semplici meccanismi di un sistema invisibile e angosciante con cui interagire.
E allora, fagocitati da un reale siffatto, passivamente attivi, esposti e anestetizzati da uno schermo televisivo che riempie le nostre vite sedentarie e circostanziate proiettando catastrofi sempre più grandi, che quando non ci riempie di rabbia ci spaventa a morte, siamo travolti e impregnati dal desiderio e dal gusto soddisfatto di vederne di sempre più grandi.
C’ è un’ altra dimensione, privata, soggettiva, quel se’ sensibile e presente a se stesso, un sistema relazionale che include dinamiche famigliari personali e affettive che sfuggono a una evidenza oggettivata richiamando sentimenti, senso di colpa, amore, mistero, ascolto, emozione, la propria essenza più vera che origina da un passato complesso sfociato nell’ oggi.
Forse la famiglia pare essere

… “ la culla mondiale delle informazioni sbagliate, con un qualcosa che genera errori fattuali, l’ eccesso di prossimità, il rumore e il calore dell’esistenza”….

ma

….” Attenzione, però, questi bambini io li prendo sul serio. Quella densità colloquiale che fa della vita famigliare il solo mezzo della conoscenza sensibile che racchiuda immancabilmente la meraviglia del cuore”...

forse si è semplicemente

…”una fragile unità circondata da fatti ostili”…

con

…” un senso di pena per noi umani e per lo strano ruolo che ci tocca interpretare all’ interno dei nostri stessi disastri”…

Vita e morte, quella paura che ci sovrasta e ci terrorizza ma inascoltata perché non fa notizia, ostaggi di un terrore pianificato, tabloid che esprimono un lieto fine a sorpresa di eventi apocalittici, un po’ come la nostra mente immersa nell’ immaginario, inventando storie per un pubblico che ascolta rapito, immersi in dejavu come segni evidenti del proprio isolamento, impegnati a confermare le proprie convinzioni.
Una vita che andrebbe vissuta quotidianamente, da condividere con i propri cari, crescendo i figli e facendo lezione agli studenti mentre le paure, in primis quella della morte, non andrebbero represse, perché includenti il senso della vita nella sua circostanziata e nitida fragilità.
In fondo

…” la paura è la consapevolezza di se’ portata a un livello superiore”…

“ Rumore bianco “ ( 1985) è uno splendido affresco con vista sul futuro di una società globalizzata ipertecnologica e omologante pervasa dalle frequenze del rumore bianco in un viaggio iperrealista e allucinogeno che si dibatte tra sogno e realtà, introducendo nell’ asettica quotidianità fuorviante concetti propriamente umani ( paura, morte ) senza una soluzione e una presa di posizione evidenti, lasciando che questo film contraddittorio di storie e di realtà allucinata rappresenti se’ stesso in un futuro aperto a una narrazione da scrivere e in parte già scritta.

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Rumore bianco 2016-04-14 15:24:20 f.martinuz
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f.martinuz Opinione inserita da f.martinuz    14 Aprile, 2016
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Lenta morte

Si dice che tre indizi costituiscano una prova; in questo caso gli indizi sono solo due, ma credo siano sufficienti per esprimere una valutazione, non onnicomprensiva ovviamente, ma quanto meno minimamente oggettiva e motivata. La coppia di elementi in questione sono due libri di Don Delillo, “Cosmopolis” e”Rumore bianco”, quest’ultimo, al pari di “Underworld”, considerato dalla critica il suo romanzo migliore. Probabilmente l’ultimo che mi darò la pena di leggere.

La trama è sintetizzabile in poche righe al contrario del libro che consta di un profluvio di momenti, battute, riflessioni che ne rallentano inesorabilmente il ritmo, straniando la comprensione del lettore più attento. Sulla pacifica cittadina di Blacksmith in cui Jack Gladney, professore di studi hitleriani all’università locale, vive si abbatte un cataclisma tossico: una nube mefitica, sprigionatasi a seguito di un incidente ferroviario, si leva sulla città costringendo i cittadini alla fuga. Durante l’esodo forzato Mr Gladney viene infettato da alcune sostanze piovute dalla nube. Poche ore dopo, a seguito di uno scanning, gli viene comunicata la notizia che, a causa del contatto avuto con la nube, è destinato a morire. Non si sa quando, né come. Lui dovrà morire.

È da questo momento in poi che entra in scena la vera protagonista del romanzo, la morte, capace di instillare una profonda angoscia nell’animo di Jack Gladney in maniera inversamente proporzionale alla sua lontananza nel tempo. Più è lontana e più spaventa e la presa di coscienza di ciò paralizza non solo Gladney ma anche la moglie Babette la quale nulla sa del responso medico-tecnologico ricevuto dal marito e che, al pari di lui, si ritrova invischiata nel timore della sua morte, ma soprattutto della dipartita del marito. Babette è profondamente terrorizzata dalla sola idea che possa sopravvivere al coniuge; preferirebbe lasciare questo mondo prima di lui. Entrambi all’oscuro per lungo tempo delle manovre e dai patimenti dell’altro, cercano una soluzione: medico-sessuale per quanto concerne Babette che trova rifugio in un medicinale sperimentale non in commercio e nel proprio degrado morale e disperatamente e vanamente filosofico-intellettuale per Jack Gladney.

Ineccepibile la proprietà di linguaggio sfoggiata da Delillo ed estremamente interessante la tematica trattata che, in qualche occasione di limpida dialettica, stimola la riflessione facendo ragionare il lettore sul rapporto strettissimo tra vita e morte e su come la morte altrui possa costituire un nuovo slancio vitale per la propria esistenza in un ottica inevitabilmente brutale e spietatamente cinica. Ma al di là di preziosi frammenti DeLillo si perde in sofismi e lambiccamenti che spesso risultano ermetici, in dialoghi che oscillano tra futilità domestica e logiche contorte caratterizzati da una sostanziale discrasia quasi costante tra le battute. Più che un confronto costituito dallo schema domanda-risposta o da battute sequenziali e tra loro interrelate, DeLillo offre al lettore scambi di battute slegate ed autonome come se il personaggio coinvolto seguisse, senza prestare attenzione all’interlocutore, il proprio flusso di pensiero. Nel complesso sembra peccare di filosofica superbia che non contribuisce a suscitare empatia nel lettore.

L’unica figura divertente ed empatica è il figlio di Jack Gladney, dotato di una capacità dialettica irresistibile. Sicuramente il personaggio più riuscito.

FM

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Rumore bianco 2015-07-20 15:01:40 Anna_Reads
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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    20 Luglio, 2015
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Molto Rumore (bianco) per... ?

Rumore Bianco – Don Delillo, 1985

Noi sembriamo ritenere che sia possibile tenere lontana la morte seguendo regole di buon comportamento.

Questo libro va profondamente e lungamente digerito, perché – almeno nel mio caso – la lettura è stata stentata e piuttosto faticosa.
Illuminata qua e là, va detto, da improvvisi squarci e sprazzi financo notevoli.
La storia si articola in tre macro sezioni ed è quella di Jack Gladney che si inventa una carriera accademica studiando ed approfondendo la figura di Hitler. Reduce da un certo numero di matrimoni e con un discreto numero di figli (alcuni propri, altri dell’attuale moglie, Babette), Jack porta avanti una vita tranquilla, descritta dall’autore attraverso conversazioni con i colleghi, spese al supermercato, bizzarre lezioni di tedesco, scambi con la moglie e i figli (particolarmente pregevoli quelli con il figlio Heinrich e con la figlia Bee).
La prima sezione, intitolata “Onde e Radiazioni” scorre via così.
Devo ammettere che ho faticato parecchio a comprendere dove l’autore volesse andare a parare.
Nella seconda sezione (L’evento Tossico Aereo) si comincia a capire qualcosa. Senza voler spoilerare troppo, Jack e la sua famiglia si trovano ad affrontare un pericolo imprevisto e Jack e Babette separatamente e parallelamente – proprio loro che avevano una mirabile sincerità di fondo – cominciano a ragionare con una certa angoscia sulla morte. Propria e dell’altro.
Troveranno – nella terza parte – soluzioni diverse e seguiremo il percorso di riflessione di Jack.

Con questo plot la scrittura di Delillo mena a spasso il lettore fra supermercati ed ospedali, senza mai dirgli molto, ma lasciando a lui “il grosso” del lavoro.
È sorprendente come una visione un po’ più chiara di questo romanzo sia emersa riordinando i pochi commenti e le parti sottolineate (cosa che faccio sempre prima di una recensione).
Attraverso questo “filtro” è venuto fuori uno scheletro piuttosto definito.
E se penso che il titolo è “Rumore Bianco” una lampadina alla fine si accende (per non tediare con la fisica acustica mi limito a copiincollare una definizione informale di wikipedia: “Il rumore bianco, simile a un continuo fruscio o soffio, è considerato distensivo. Alcuni generatori di rumore bianco acustico sono impiegati per coprire il rumore di fondo in ambienti interni o per favorire il rilassamento.”).
Ora, non sono in grado di dire se “Rumore Bianco” sia la paura della morte che sostanzia, senza essere percepita l’esistenza di ognuno o se il “Rumore Bianco” sia la vita negli aspetti più banali e consumistici che va “filtrata” per scoprire il suo vero nucleo; personalmente mi piace di più la seconda ipotesi.
Come accennavo, fra il fruscio di fondo, la scrittura di Delillo a tratti si leva alta e potente, alcuni passi sull’amore, sulla vita e sulla famiglia sono meravigliosi, profondi, ironici e arguti; da soli valgono la faticosa – per me - lettura del libro.
Nel complesso, però, non posso dire di aver completamente apprezzato questo lavoro.
Ho avuto l’impressione di assistere ad un esperimento invece che di leggere una storia.
L’impressione che l’autore avesse un messaggio/tesi e a questo abbia un po’ sacrificato i suoi personaggi (e forse anche un po’ i suoi lettori).

«Tutto ciò di cui abbiamo bisogno, che non sia cibo o amore, lo troviamo nelle rastrelliere dei tabloid. Storie di fatti soprannaturali ed extraterrestri. Vitamine miracolose, le cure per il cancro, i rimedi per l'obesità. Il culto delle star e dei morti.»



Colonna Sonora
And The Radio Plays – CCCP
https://www.youtube.com/watch?v=70rdQA6GPNI

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Rumore bianco 2015-04-16 17:30:20 Michele
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Opinione inserita da Michele    16 Aprile, 2015

Rumore e morte

Leggendo Rumore Bianco, si è nella costante condizione di non capire cosa ci voglia dire, un continuo cercare di cogliere le sfaccettature più intime di ogni parola, di ogni pagina, di ogni dialogo.
Comprendere tutto ciò equivale a comprendere essenzialmente cosa rappresenta il "rumore bianco" in questo romanzo.
Ebbene il rumore bianco ha secondo me due valenze specifiche, contrapposte ma intimamente collegate: è innanzitutto il prodotto che la tecnologia, vista come sovrastruttura che l'uomo ha creato per "rimuovere" l'idea della morte, in associazione alle parole vuote, ai discorsi inutili, alla mediocrità di cui si veste l'umanita, produce; quindi ha valenza salvifica per così dire, ci "salva dalla morte" con l'illusione.
Il problema è che però, d'altro canto, il rumore bianco è come se ci dicesse, ininterrottamente, continuamente, che la morte ci perseguita, ci attanaglia, e che la tecnologia non fa altro che avvicinarci alla morte stessa, proprio perchè più si cerca di evitarla e più si ingegna per incunearsi nelle pieghe oscure dell'animo umano rendendosi sempre più maestosa e incontrollabile (concetto espresso più volte nel corso della narrazione).
Questa e molte altre riflessioni più sottili troverete in questo romanzo senza dubbio notevole, complesso ma interessante, che probabilmente capirete solo alla fine, come è successo a me :)

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Rumore bianco 2014-09-05 18:17:51 Nicolò Bonato
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Nicolò Bonato Opinione inserita da Nicolò Bonato    05 Settembre, 2014
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Istericamente realistico

Il rumore bianco è quello delle allucinazioni. E non metaforicamente.

È proprio così, un "rumore bianco" è privo di periodicità nel tempo e con ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze.
Il rumore statico della radio ad esempio è assimilabile ad un rumore bianco, ed il suo ascolto in particolari condizioni (occhi semicoperti e luce rossa soffusa) può provocare allucinazioni.

Allo stesso tempo il rumore bianco è rilassante, tranquillizzante, quasi narcotizzante.
Come gli asettici "mall" frequentati da Jack, il protagonista, con la sua famiglia molto allargata.
Jack è un professore universitario, specializzato negli studi su Hitler, sebbene non conosca il Tedesco.
DeLillo vuole con questa metafora restituirci la fotografia di una società che grazie ad una facilità immensa di acquisizione delle nozioni pensa di poter vantare un'enorme conoscenza, senza però capire di aver perso la capacità di comprendere approfonditamente.

La prima metà del romanzo si concentra sulla vita tutto sommato tranquilla, quasi monotona di Jack e dei suoi conoscenti.
Poi qualcosa irrompe nella vita del protagonista, un incidente aereo che diffonde una nube tossica, costringendolo a evacuare la sua casa.

Nel dramma di un'evacuazione improvvisa dovuta al timore di misteriosi effetti collaterali, la società in cui Jack vive reagisce con un'apatia disarmante, ricostruendo tutte le sovrastrutture sociali della loro vita "normale".
Così nel campo rifugiati la televisione e la radio continuano incessanti ed ignorate a sgomitare per entrare nelle vite di tutti, intromissione tradotta da DeLillo con la trascrizione di alcuni stralci che i personaggi non possono fare a meno di sentire ma che in realtà non comunicano niente.

Ma l'evento tossico aereo non è l'unico problema di Jack, messo alle strette da una imminente convention fra studiosi Hitleriani, organizzata proprio nel college dove insegna, per la quale sarà costretto a tenere almeno un discorso introduttivo proprio in Tedesco.

Un romanzo certo non semplice, esponente iconico di una corrente letteraria chiamata, appropriatamente, realismo isterico (o ricercato) data la quantità di divagazioni apparentemente senza senso ma che vanno lette nell'insieme di un libro che cerca di realizzare un ritratto di una società che viene percepita non solo come negativa, ma anche indolentemente invariabile.

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Rumore bianco 2013-11-24 21:44:32 Giovannino
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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    24 Novembre, 2013
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Vivere è morire.

Che cos'è il rumore bianco? Lo sapete? Premetto che io prima di leggere questo libro non lo sapevo, e ora che l'ho finito credo che sia il titolo più azzeccato che De Lillo poteva dargli. Il rumore bianco, per chi non lo sapesse, è un particolare tipo di rumore caratterizzato dall'assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze. In sostanza è il rumore che producono gli elettrodomestici: televisori, computer, condizionatori, etc etc, e già qui troviamo una prima lampante analogia con i libri di De Lillo ( gli elettrodomestici, o più in generale la tecnologia, sono sempre parte integrante dei suoi romanzi). In seconda battuta, cosa più attinente al libro, il rumore bianco viene usato in meditazione perché pare favorisca il rilassamento, e come vedremo il rilassamento e gli elettrodomestici sono il fulcro di questo romanzo. Il libro si articola in tre grandi capitoli: "Onde e radiazioni", "l'evento tossico aereo" e "Dylarama". Il protagonista di questo romanzo è Jack, professore in un piccolo college della provincia americana, marito di Babette (quarta moglie) e padre di 4 figli (ognuno con una moglie diversa). Nel primo capitolo De Lillo ci descrive la vita di questa tipica famiglia americana, immersa nella comodità dei loro elettrodomestici, persi nelle kilometriche mall americane, dove è possibile trovare tutto ciò che riempie la vita di ogni essere umano, dall'elettrodomestico all'utensile per il giardino alla rivista, che "parla di star e morte". Tutto ciò che riempie la nostra vita e che ovatta il nostro protagonista dal mondo esterno, Jack passa infatti la sua vita tra i suoi studi hitleriani, i suoi discorsi esistenziale con l'unico amico Murray e le discussioni familiari con i vari figli (un pò troppo intellettuali a volte...). Si sente sicuro, protetto, rilassato in questo ambiente a lui familiare, dove tutto va come programmato. Finché un giorno succede un evento che cambia la vita del nostro protagonista, a qualche miglio da casa sua un incidente ferroviario fa si che da un vagone venga esalata nell'aria una nube tossica che, trasportata dal vento, inizia a minacciare la tranquilla vita di questa piccola provincia. Parte il classico esodo da film americano, ogni famiglia prepara le valigie e scappa seguendo le indicazioni dell'esercito. In questa fuga però Jack, che era sceso dalla macchina per fare benzina, inala queste sostanze tossiche, ed in seguito, tramite delle analisi, viene a sapere che queste sostanze gli saranno letali. Qui inizia il terzo capitolo e la vita del nostro protagonista cambia radicalmente, nella sua esistenza entra infatti un fattore che lui non aveva mai preso in considerazione: la morte. Jack scopre infatti che la moglie soffre da tempo di questa paura e che da un pò di tempo prende delle pasticche che, agendo sul cervello, inibiscono questa paura. Inizialmente Jack non vuole avvicinarsi a queste pasticche, anzi cerca di far si che anche Babette smetta di prenderle, alla lunga però cede e chiede a Babette di dargliene una. Nel frattempo però la figlia, per fare un favore alla madre, le prende dal ripostiglio e le distrugge. Inizia così una folle rincorsa del nostro Jack alla ricerca del Dylar, tra folli rivelazioni della moglie e tentati omicidi. Un romanzo simpatico e sorprendente in cui la vera protagonista è la morte, elemento che nella società moderna spesso viene dimenticato o comunque sottovalutato, ma che poi una volta entrato nelle nostre vite, come in quella del protagonista, riesce a condizionarla profondamente. Sempre meraviglioso lo stile di De Lillo, che, maestro del postmodernismo, ci ricorda sempre come le nuove tecnologie condizionano e modellano le nostre vite lasciando sempre meno spazio alle emozioni e ai sentimenti. Un'altra cosa che amo dello sfuggente scrittore americano è la capacità di ribaltare il campo (passatemi il termine calcistico) passando in poche righe da una tesi ad un'altra completamente opposta ma sempre con estrema naturalezza. Un libro che metto tra i top 3 di De Lillo, non all'altezza di Underworld ma comunque godibilissimo.

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Rumore bianco 2012-05-28 20:42:29 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    28 Mag, 2012
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Nobili intenzioni, pochi contenuti, zero charme

Le nobili intenzioni di DeLillo di mettere in evidenza i difetti di una società contemporanea fin troppo legata al materialismo e al consumismo vanno a cozzare contro una trama confusionaria e poco interessante e a personaggi privi di carisma e personalità. Le stesse critiche al mondo moderno sembrano retoriche e banali e peccano di saccenteria, inoltre non vengono sviluppate a pieno e restano a galleggiare nella confusione generale. Un vero peccato perché gli elementi per un buon libro non mancano. In una cittadina della provincia americana troviamo una famiglia eterogenea, dove i genitori vengono da diversi matrimoni falliti e vivono in un intreccio di figli provenienti da queste varie unioni, in una casa che somiglia ad un porto di mare, dove l’importanza del proprio status quo la fa da padrona. Ma le certezze legate al lavoro, agli affetti, alla sicurezza economica affondano di punto in bianco quando irrompe un disastro naturale scatenando un turbine di paure e sospetti e portando a galla impensabili timori e sconcertanti verità che sfociano in drammatiche conseguenze. Purtroppo l’autore sembra perdere di mano la trama, rimbalza confusamente da un fatto all’altro, da una paura ad una certezza, da personaggi che per un attimo sembrano pienamente sicuri di se per poi perdersi un secondo dopo in banali paure e clamorose contraddizioni. Si salva un po’ lo stile, grazie ad una prosa tutto sommato interessante, briosa e piacevole con qualche sprazzo virtuoso. Ma lo stile non basta a coprire le lacune di un libro pretenzioso ma notevolmente privo di charme e di contenuti.

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