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Il tessitore
 
Il tessitore 2023-01-11 15:22:19 FrancoAntonio
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    11 Gennaio, 2023
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Ardelia, Bartolomeo e un oscuro Barbablu

Ardelia Spinola ha piantato Arturo, stanca dei suoi continui misteri. Il Rebaudengo, ormai tranquillo pensionato sabaudo, è solo un amico lontano con il quale lei si sente di rado. Lo “zio” Gabriel, ormai è polvere in terra d’Israele. Giorgio, l’imperscrutabile e affascinate “agente infiltrato” conosciuto di recente, è un vero punto interrogativo e, peraltro, è sempre in viaggio in terre remote. L’attrazione per Norma (che lei non ha il coraggio di definire e affrontare) la turba e la confonde. Così adesso si sente “sola e inutile come un cartello stradale in Patagonia”.
A interrompere questo circolo vizioso di depressione interviene una telefonata notturna: in un paesino disperso nella campagna ligure è stato ritrovato il cadavere di una giovane donna, nuda, caricata sul retro di un pick-up fermato dalla stradale per un controllo di routine. Il proprietario del mezzo dice di ignorare chi sia la donna e, addirittura, è svenuto alla vista. I Carabinieri, però, lo hanno trattenuto per accertamenti.
Dai primi rilievi risulta che la poveretta sarebbe morta precipitando da un lungo scalone. Per un incidente o perché è stata “aiutata” a cadere? Ecchimosi per un tentativo di strangolamento farebbero propendere per la prima ipotesi.
Qualche giorno dopo, Augusto De Bernardis, un architetto amico di Ardelia, la chiama per confidarle di essere stato lui a caricare il cadavere sull’auto: Carla Semeria era la sua amante; con lei si intratteneva in complicati giochi erotici in costume operistico a casa dello zio Serse, ex sarto teatrale. Però lui spergiura di averla trovata già morta, quella notte. Era strafatto di alcol e droga e, così, l’unica cosa che gli era sembrato furbo fare era stato di scaricare il cadavere nel primo posto che ha trovato.
La dottoressa Spinola, che, almeno questa volta, voleva tenersi lontana dalle indagini, viene quindi trascinata suo malgrado in questa brutta storia che, man mano che evolve, si rivela essere sempre più intricata e pericolosa per tutti coloro che ne restino invischiati.

Cristina Rava è una certezza: è difficile rimanere delusi da un suo romanzo. Sono tutti scritti con garbo e stile impeccabile, mai noiosi o pretestuosi, ma sempre intriganti e divertenti e questo tredicesimo libro del ciclo di indagini ingauno-cevesi non fa eccezioni.
Questa volta, però, il racconto è stato depurato da tutte le vicende collaterali, se escludiamo la ricomparsa improvvisa della pianista Norma Picolit; la cui presenza, in ogni caso, diviene subito funzionale all’azione investigativa. I triboli personali dei protagonisti, però, in passato avevano dato consistenza e sapore all’intera narrazione, donando quel gusto fresco e tangibile delle storie realmente vissute. Ora, invece, l’esposizione più asciutta e spedita, concentrata com’è sulla sola indagine, appare un po’ troppo scarna e monotematica.
Ci sono, è vero, alcune digressioni sugli umori della “dottoressa frugamorti”, ma solo incidentali e il loro tono, quasi sempre mesto e dolente, non aiuta molto a divagare. L’intreccio, poi, a metà della storia, deraglia sui toni di una spy-story degna della collana Segretissimo e, anche questo, rende il tutto meno credibile del consueto.
Insomma, il romanzo appare un po’ sotto tono rispetto a quelli che l’hanno preceduto, come scritto con la mano sinistra. Tra l’altro, in passato, ho sempre considerato Ardelia come l’alter ego della Rava e leggerne le vicissitudini sembrava quasi come spiare, in modo indiscreto, la vita della sua creatrice. Ora, però, il carattere del personaggio sta subendo una involuzione che appare inarrestabile e viene il dubbio che l’A. si sia un po’ stancata di quella specie di gomitolo di filo spinato che è la dottoressa Spinola oppure che anche l’A. abbia attraversato un periodo di umor tetro, che si è riflettuto nelle pagine del libro. Speriamo in un colpo d’ali futuro.

In complesso resta, comunque, un buon romanzo, meno poetico e ispirato di altri, forse, ma da leggere sempre con interesse e piacere, anche per quel gusto un po’ da voyeur, che hanno tutti i lettori affezionati a un ciclo, di vedere come si evolvono le vite personali dei protagonisti.

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