Non lasciarmi Non lasciarmi

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    23 Luglio, 2023
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Angosciante

“Non lasciarmi” rappresenta il mio secondo approccio serio a Kazuo Ishiguro (“Crooner” è un racconto troppo breve per considerarlo tale) e devo dire che, per la seconda volta sono rimasto piacevolmente colpito. Occorre specificare che questo romanzo e l’altra opera da me letta, ovvero “Quel che resta del giorno”, sono due opere molto differenti. La loro differenza principale sta nel contesto raccontato: “Quel che resta del giorno” è strettamente ancorato alla Storia del Primo Dopoguerra e al contesto di una casa signorile inglese; “Non lasciarmi” crea invece una realtà alternativa distopica, nella quale i protagonisti sono cloni, cresciuti al preciso scopo di donare organi a esseri umani “normali”: in seguito si farà infatti riferimento a essi come ai “donatori”. È proprio a questo aspetto che è legato il motivo per il quale ho più apprezzato il romanzo: Ishiguro si rivela infatti capace di utilizzare anche espedienti narrativi fantastici o fantascientifici per raccontarci una storia che ha diverse cose da dire sulla natura umana, provando a staccare l’idea che una storia con elementi narrativi di tal sorta non possa veicolare messaggi interessanti e importanti. Certo, “Non lasciarmi” non è per me un capolavoro, perché pur suscitando una fortissima inquietudine per quello che è l’ineluttabile destino di questi ragazzi (soprattutto nell’angoscioso finale) non affronta il dilemma se non in un densissimo capitolo finale, lasciandoci intendere quanto possa essere egoista e codardo l’essere umano, che per il proprio tornaconto accetta e finge di non vedere le atrocità di cui si rende colpevole, capace di voltarsi dall’altra parte e far finta che ciò non esista. Questo libro è tuttavia un esempio di ciò che dicevo prima, e rende il Nobel vinto da Ishiguro probabilmente meritato (per il verdetto definitivo attendo di leggere altro): l’autore moderno non si pone limiti di genere, ma utilizza ciò che secondo lui meglio si adatta a trattare le tematiche su cui vuole focalizzarsi, senza limiti, e le differenze tra i due romanzi che ho citato in precedenza sono emblema di questa caratteristica dell’autore: questa poliedricità scevra di pregiudizi.
Tornando a quelli che sono i fatti narrati in “Non lasciarmi”, devo dire che un altro pregio è proprio quello di saper emozionare, di suscitare inquietudine nel lettore. Per suscitare questo tipo di emozioni, infatti, non basta raccontare fatti cupi e scabrosi, ma saperli presentare al lettore in maniera corretta, caratterizzando bene il contesto e creando dei personaggi in grado di esprimerlo al meglio. Probabilmente quella di raccontare la storia per mezzo della voce in prima persona di Kathy, la protagonista, è stata la scelta migliore, perché questo ci fa entrare appieno nel contesto descritto: che tra le mura di Hailsham (una sorta di scuola) è volutamente patinato ma che va scurendosi progressivamente, man mano che la verità (seppur possa essere avvertita fin dall’inizio) ci viene rivelata. Kathy, Ruth e Tommy sono personaggi ben sfaccettati, molto diversi tra loro, rappresentanti di approcci diversi a quella che è una vita (o, come lo chiamano loro, ciclo) il cui capolinea spaventoso è il medesimo per tutti e la cui speranza di sfuggirvi non è che un’illusione. Certo, pensandoci, questo è un po’ il destino di tutti gli esseri umani, ma Ishiguro è bravo a farci capire che non si tratta proprio della stessa cosa. I cloni sono infatti costretti a donare i propri organi nel fiore della loro vita, gli viene preclusa ogni possibilità di godere delle cose belle che la vita ci offre; l’amore, la realizzazione, sono qualcosa che i cloni non hanno il tempo di godere, stroncati prematuramente da un ciclo al quale sono assegnati dalla nascita e dal quale tentano vanamente di sottrarsi anche per breve tempo, coltivando speranze che in fondo al cuore sanno essere folli, ma sono come le nostre speranze di vita eterna, di vita oltre la morte.
Il finale è davvero un brutto colpo.

“Immagino che tu abbia ragione, Kath. Tu sei davvero una brava assistente. Saresti perfetta per me se non fossi tu. […] Continuo a pensare a un fiume da qualche parte là fuori, con l'acqua che scorre velocissima. E quelle due persone nell'acqua, che cercano di tenersi strette, piú che possono, ma alla fine devono desistere. La corrente è troppo forte. Devono mollare, separarsi. E la stessa cosa per noi. E un peccato, Kath, perché ci siamo amati per tutta la vita. Ma alla fine non possiamo rimanere insieme per sempre.”

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Rebel Luck Opinione inserita da Rebel Luck    12 Aprile, 2022
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Amara malinconia

Romanzo agrodolce, profondo ed estremamente personale.
La "meraviglia" non è nella storia, ma nelle sensazioni che riesce a suscitare.
La "magia" non è nella prosa, ma nelle emozioni che si percepiscono tra le righe.

Le pagine sono "intrise" di un veleno, doloroso, non mortale ma angoscioso.
Come eroina tagliata male, ti attrae, ti risucchia nel suo vortice, ed è impossibile non proseguire nella lettura....

Leggendo il romanzo, mi è capitato più volte di sentire e ricordare, sensazioni ed emozioni, che avevo provato durante l'adolescenza.
Come quando sentendo un profumo, un odore oppure una canzone, ti torna alla memoria un avvenimento del passato che avevi lasciato a metà, che non avevi risolto. Qualcosa che senti avresti dovuto affrontare e chiudere, risolvere, ma così non è stato.
Una costante sensazione di incompiutezza. Qualcosa di leggermente triste ed amaro, ma sopratutto qualcosa che ti dispiace di non aver "chiuso".

L'ambientazione è del filone distopico, i personaggi immaginari. Tutto però riesce ad essere vero, tangibile, concreto, doloroso ed estremamente reale. Amara realtà.

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Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Gennaio, 2022
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Never Let Me Go

“Non lasciami” è il terzo libro di Ishiguro che leggo, dopo “Quel che resta del giorno” che per me è un capolavoro, ho letto “Klara e il sole” e infine questo.

“Klara e il sole” e “Non lasciarmi” per me hanno due cose in comune, la prima è il tempo, ho impiegato tantissimi giorni a finire entrambi, poche pagine alla volte per vedere la fine; il secondo punto è il messaggio, entrambi i libri sono forti e lasciano delle sensazioni e degli spunti di riflessione che tuttora mi accompagnano. Capisco perché molti lettori sono stati contenti del suo ultimo lavoro perché chi è riuscito ad apprezzare questo libro amerà anche l'altro.

Posso dire di aver faticato, deciso più volte di abbandonare il testo ma sentivo che dovevo arrivare fino in fondo e so di aver fatto bene. La consapevolezza e la portata del messaggio dell'autore danno davvero da ragionare.

Siamo in Inghilterra e nel collegio di Hailsham vivono diversi bambini fra cui anche Kathy, Ruth e Tommy. Non hanno famiglia ma hanno dei bravissimi tutori che gli ricordano che sono degli “studenti speciali” che un domani diventeranno degli assistenti e dei donatori. La loro vita ruota tutta intorno al collegio e alle relazioni fra loro. La scuola è particolare ed ha un solo obiettivo, ma i bambini saranno pronti ad affrontarlo? Saranno stati adeguatamente preparati per la vita che li aspetta? E soprattutto è giusto quello che hanno fatto a loro?

Il libro è lento, ricco di descrizioni e di scene che sul momento pensi siano inutili, pesanti e fuori tema, ma poi l'autore ti prende per mano e ti porta a vedere oltre, a vedere con i loro occhi.

Ishiguro ha coraggio e non si nasconde. Le sue parole toccano l'anima e ti portano a riflessioni che senza la sua penna non avresti affrontato. Ti fa riflettere, ti fa indignare ma soprattutto ti rende consapevole.

Un libro che non è facile, anche se ho apprezzato di più “Quel che resta del giorno”, non posso negare l'importanza di questa lettura. Lo stile è inconfondibile e il messaggio pure.

“È un lento, musica d'atmosfera, tipicamente americano, e c'è quel verso che si ripete quando Judy canta: “Non lasciarmi...Oh, tesoro,...Non lasciarmi....” Avevo undici anni allora, non avevo molta dimestichezza con la musica, ma quella canzone, be', ne rimasi affascinata. Continuavo a riavvolgere il nastro esattamente nel punto dell'inizio, in modo da poterla ascoltare ogni volta che me se ne offriva l'occasione.”

Buona lettura.

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Valepepi Opinione inserita da Valepepi    15 Settembre, 2021
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ESSERE O NON ESSERE

Dalla lettura di “Non lasciarmi” e “Quel che resta del giorno”, due romanzi all'apparenza diversi, mi è sembrato di scorgere un medesimo motivo che scorre sotto traccia: il non essere.
Tutti i protagonisti, dell’una come dell’altra opera, assistono da spettatori impotenti allo svolgersi di vite altrui di cui loro sono meri strumenti funzionali al pieno compimento. Nessun sussulto di ribellione, nessuna pretesa attraversa le menti di chi, nato non per essere ma per servire, non ha motivo di rivendicare riconoscimento alcuno. E senza riconoscimento non c’è identità.
Pregevole anche la scrittura di Ishiguro, capace di descrivere con toni soavi e sfumati, le atmosfere rarefatte dei luoghi, le sottili sinapsi che scorrono tra le persone, di evocare con poche, asciutte parole l’universo intangibile dei ricordi, dei gesti incompiuti, dei sentimenti trattenuti e far sì che il non vissuto si animi di vita e diventi esso stesso essenza di vita.
Un’ultima notazione riguardo alle trasposizioni cinematografiche di queste due opere: scialbo, didascalico “Non lasciarmi”, intenso al pari del libro “Quel che resta del giorno”.

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alba ciarleglio Opinione inserita da alba ciarleglio    01 Aprile, 2021
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una comunità di destino


É probabile che Ishiguro abbia tratto ispirazione dalla vicenda della pecora Dolly, la prima clonazione avvenuta proprio nel Regno Unito alla fine degli anni novanta, e che suscitò un ampio dibattito su etica e scienza. Kathy, la protagonista del romanzo, vive infatti negli anni novanta, le date della morte di Dolly, avvenuta nel 2003, e l'uscita del romanzo nel 2005, non mi sembrano del tutto casuali.

Un romanzo straniante, difficile, ma coinvolgente e perfetto nella scrittura.
Difficile scriverne senza svelarne la storia, per questo mi concentro sulle sensazioni suscitate.
I ricordi di Kathy sono minuscoli e dettagliati aneddoti nei quali si avverte la totale privazione di affetti famigliari e, allo stesso tempo, il desiderio di rendere questi ricordi affabulanti e costitutivi della propria storia.
Una sorta di recherche proustiana deprivata della sua essenza, un lavoro di svuotamento credo molto faticoso per lo scrittore, ma assolutamente funzionale alla storia.
Il lettore impara presto ad amare i tre giovani protagonisti, per sopperire almeno in parte alla solitudine affettiva imposta dal loro destino e non solo, perché nel corso degli anni saranno condannati a vivere esclusivamente tra di loro e con “quelli come loro”, una comunità di destino tristemente sfruttata ed emarginata.

Le questioni che affronta questo romanzo sono tante e immense: non riguardano solo il rapporto tra noi e la scienza e fino a dove è consentito spingerci, riguardano il nostro attaccamento alla vita nonostante la consapevolezza e l'incapacità di darle un senso, riguardano la tradizione religiosa che giustifica il sacrificio di innocenti. Si possono intravedere la nascita dell'eugenetica e i corpi nudi e privati di tutto delle vittime dell'olocausto, e ancora, altri lager, quelli degli animali da reddito, i cui corpi diventano lombate, prosciutti e costatine per i nostri innocenti barbecue; riguardano il dominio, la biopolitica e molto altro.

La meraviglia del romanzo è proprio quello di far emergere nel lettore tutte queste questioni, in un racconto che non prevede (se non in pochissimi casi funzionali alla storia) la presenza “umana”, ma solo la desolazione della sua tracotanza e ambizione.

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Narrativa distopica ma non solo
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    28 Settembre, 2020
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Corpi e anime

Questo libro è come una corsa sotto la grandine, è duro, ti ferisce e quando arrivi alla fine lascia il segno.
Kathy, Ruth e Tommy sono tre bambini che crescono in un cottage nella campagna inglese : Hailsham , non ci sono genitori nè alcun parente, solo educatori. Tutti gli ospiti del collegio si preparano per diventare donatori o assistenti, vengono educati alla cura di loro stessi in modo anaffettivo ed austero. Non c'è rumore nel romanzo di Ishiguro, non ci sono grida di gioia, l'unica emozione che si vede sono gli accessi d'ira di Tommy che vengono visti come qualcosa di alieno eppure tra questi tre ragazzi c'è un'amicizia spesso strana e condizionata dalle regole del posto. Solo un pò di musica e alcuni rituali ricorrenti portano un pò di umanità e di novità nel cottage (i lavori artistici dei ragazzi presi per una fantomatica Galleria e una sorta di mercatino dove si possono scegliere degli oggetti come regalo). I bambini diventano ragazzi e crescono avviandosi al loro destino che viene loro spiegato da una educatrice ma solo nel finale l'autore affronta il tema morale della vicenda . In questo senso il romanzo non è di piacevole lettura ma fa parte dello stile per descrivere una storia in cui i protagonisti non vengono visti come persone che devono vivere di sogni, progetti, sbagli ma hanno un compito ben preciso che non prevede sentimenti e grandi scelte autonome. Le loro devono essere vite asettiche , tanto sesso ma sono sterili , niente amore niente rimpianti ma l'amore non è un'istruzione piuttosto una parte imprescindibile della nostra umanità quale che sia il ruolo a cui siamo destinati. I bambini di Hailsham sono esseri umani per quanto siano dei cloni. Asettico e asciutto è anche lo stile dell'autore nel descrivere le vicende dei donatori e le loro sofferenze , descritte in modo sommario e sfuggente senza pietà e trasporto. Sicuramente non una lettura per tutti.

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lalibreriadiciffa Opinione inserita da lalibreriadiciffa    27 Luglio, 2020
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Non ci siamo... Ad Hailsham

“Non Lasciarmi” racconta, in primis, una storia di amicizia e amore fra tre studenti che vivono in un collegio inglese, Hailsham, ubicato nella campagna inglese, in un luogo inaccessibile ai più.
Sia noi lettori, sia i protagonisti per una buona parte del libro, ignoriamo il motivo dell’esistenza di questo collegio. Poi, a poco a poco, si rivela un mondo diverso, distopico appunto, agghiacciante persino.

Purtroppo come immaginavo, non ho amato questo romanzo in maniera particolare, mi ha colpito negativamente dalle prime pagine con una scrittura lenta e incerta che si è ripresa un po' solo verso la fine. La rassegnazione dei protagonisti, quando si capisce cosa succede dopo la fine degli studi, con cui scelgono di accettare una volontá esterna, per me pesa sul libro come un pietra - quasi tombale.
Kathy, Tommy e Ruth non hanno genitori - almeno a noi non è dato di conoscerli, nemmeno nei ricordi dei ragazzi stessi e crescono insieme ai compagni, accuditi da questi tutori, che si occupano della loro educazione in tutto e per tutto.
Tutta la loro vita, è programmata da un'autorità superiore nascosta tipo Grande Fratello per capirci, ma è l'unico punto d'incontro con il capolavoro di Orwell.
Crescendo i ragazzi inizieranno a porsi delle domande, domande che ci poniamo anche noi che leggiamo: cosa ne sarà di loro? Che cosa significano le parole "donatore" e "assistente"? Perché i loro disegni e opere d'arte sono così importanti?

"Non lasciarmi" è un romanzo politico e visionario, dove viene messo in scena un tipico mondo distopico, dove il bene supremo è la cosa più importante e per cui si passa sopra ad ideali, calpestando senza pietà la vita di ragazzini inermi. Pensare fa pensare, questo poco ma sicuro, ma il racconto in sé stesso rimane talmente monotono per più di metà libro e la noia prende il sopravvento. Per esempio, in certi momenti avrei volentieri preso Kathy per le spalle e l'avrei strattonata per svegliare il suo pensiero sempre troppo riflessivo. Ruth invece era il contrappasso perfetto per l'immobilità di Kathy e Tommy la mina vagante che poteva esplodere in qualunque momento ma che l'autore preferisce far rimanere in silenzio succube delle due protagoniste femminili.

Come dicevo, solo verso la fine del libro con lo scopo Ishiguro tira le somme di tutta la storia, ma lo fa in una maniera troppo veloce come se volesse liberarsi di queste persone così ingombranti. L’effetto di questa velocizzazione è stato solo quello di rovinarmi un finale che tuttavia reputo commuovente e altamente malinconico.

Conoscevo la scrittura di Ishiguro, avendo provato a leggere senza riuscirci, "Quel che resta del giorno", quindi mea culpa in questo caso specifico, ma non posso dare più di 2 stelle e mezzo a questo libro che proprio non ho digerito.

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Endlesslybooks Opinione inserita da Endlesslybooks    16 Mag, 2020
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E SE LA TUA VITA NON FOSSE VITA?

SPOILER


Questo libro mi ha lasciata con qualche interrogativo e inevitabilmente mi ha lasciato l’amaro in bocca (e nel cuore). La protagonista Kathy H, si rivolge al lettore raccontando con molta nostalgia e con descrizioni molto dettagliate il suo passato. Pare una narrazione normale dove una donna che fa l’assistente ha voglia di tornare indietro nel tempo per ricevere un po’ di conforto.

Il racconto e i ricordi si possono dividere in tre fasi:
1. Infanzia e l’adolescenza ad Hailshaim
2. Il tempo adolescenziale ai Cottages
3. L’età adulta

Pare un romanzo di formazione in un contesto lievemente distopico, ma Ishiguro e Kathy ci riveleranno i dettagli di questa realtà, pagina dopo pagina e noi lettori non possiamo fare altro che realizzare la durezza di certi eventi che saremo in grado di comprendere appieno alla fine della narrazione.

1. Infanzia e l’adolescenza ad Hailshaim: la protagonista è molto legata a questo luogo perché è tutto quello che le ha dato un senso di appartenenza e dove ha conosciuto gli amici più cari: Tommy e Ruth. Questo collegio prestigioso ospita i bambini fino a quando non saranno in grado di vivere in autonomia, senza tutori. Fin qui pare una storia piuttosto normale, ma man mano gli indizi vengono seminati: cos’è un donatore? Perché i bambini devono dedicarsi così tanto all’arte? Perché essa è simbolo di accettazione all’interno dell’istituto? Perché la misteriosa Madame porta via alcuni dei loro disegni e li mette nella sua Galleria? La giovane protagonista nel suo viaggio nei ricordi rievoca tutte queste vicende realizzando che molti indizi erano già presenti sin dai primi anni ad Hailshaim, ma che per via dell’ingenuità non erano mai stati colti da nessuno. Ma quando i ragazzi hanno quindici anni, Miss Lucy decide di vuotare il sacco: gli studenti sono stati creati per essere dei donatori e non avranno mai il futuro che tanto fantasticano di avere. Sin dall’inizio era stato stabilito: saranno dei donatori di organi. C’è una rinuncia nel reagire, sia per la giovane età, sia per la minor intensità emotiva da loro provata. All’età di sedici anni, Tommy e Ruth si fidanzano. Questa è la fase della vita in cui cercano un senso di appartenenza, la propria identità e vivono le prime esperienze sessuali. L’unica preoccupazione legata al sesso è la protezione dalle malattie, dato che non possono avere figli.

2. Il tempo adolescenziale ai Cottages: il gruppo di amici ha i primi screzi, Kathy non vuole aprirsi troppo agli altri studenti, ma vorrebbe stare con la sua solita cerchia di Hailshaim. Questi luoghi sono privi della presenza di tutori, ci sono solo studenti, i cosiddetti veterani, sono coloro che si prendono più cura dei più giovani, ma qui si impara l’autonomia e a prendersi cura dell’altro. Emerge qui la “teoria dei possibili” ovvero che, ognuno di loro ha una copia umana che può trovarsi in città, pare che un veterano abbia visto il possibile di Ruth in un ufficio. Ma ancora una volta viene loro sbattuta in faccia la triste realtà: non sono altro che copie di vagabondi, prostitute, ubriachi, nonché i reietti della società. Il rapporto tra Kathy e Tommy è stato sempre molto tenero e materno da parte di lei, durante un viaggio nel Norfolk lui le ritrova una musicassetta perduta molti anni prima e che amava molto. Sin da bambini avevano l’idea che il Norfolk fosse il luogo delle cose perdute che potevano essere ritrovate. Ruth, un giorno confida a Kathy che Tommy la vede solo come un’amica pur essendo conscia che il loro amore sta cambiando. All’interno della struttura gira la voce di un “rinvio” di tre anni se una coppia riesce a dimostrare di amarsi davvero. La protagonista decide di partire, visto che i rapporti con i suoi migliori amici stanno radicalmente cambiando, inizia così la sua fase della vita come assistente.

3. La scena si apre a sette anni esatti dopo la vita ai Cottages, ritroviamo le due vecchie amiche: una nei panni di assistente e l’altra è già diventata una donatrice. Ruth desidera andare a trovare Tommy dopo tanti anni e quando l’incontro tra i tre avviene, lei si scusa per averli tenuti separati così a lungo, ma loro dovrebbero provare a chiedere il rinvio. Dopo la morte dell’amica, a seguito di un’altra donazione, Kathy diventa assistente di Tommy. Il loro amore tanto agognato sboccerà con molto ritardo ma consapevoli di avere una possibilità si recano da Madame a chiedere aiuto. La verità tristemente shockante è che non esiste nessun rinvio, era solo una voce messa in giro dagli studenti che non è mai stata soffocata. Era come un inno alla speranza, una specie di resistenza inconscia, passiva… Hailshaim era una piccola bolla di speranza in cui Madame e la preside Miss Emily hanno combattuto affinché gli studenti avessero una vita dignitosa. Questo movimento di ribellione non è bastato alle autorità come non sono bastate le creazioni artistiche dei piccoli: una chiara prova dell’esistenza di un’anima e di emozioni umane. La Galleria serviva proprio come prova, ma in un mondo in cui il progresso scientifico ha fatto grandi passi avanti per la cura del cancro grazie ai donatori, non c’è spazio per considerare la loro umanità. Lo scopo primario per cui sono nati deve essere portato a termine. Ed è qui che il lettore riceve un colpo forte al petto: la speranza è negata e ciò viene accettato passivamente dalla coppia che si è sempre amata ma non c’è più nulla da fare. Come si può non essere colpiti da una rivelazione del genere? Perché Madame non interviene? A detta sua, quel che era etico fare è stato fatto ai tempi di Hailshaim seppur il ribrezzo e la paura che gli “umani” provavano confronti dei loro salvatori. Dov'è l’umanità? Perché si è spenta? Perché si vuole andare contro natura sfruttando la vita di qualcuno per i propri scopi? È etico sfruttare la vita di qualcuno per salvarne un’altra in modo programmato? E’ giusto togliere gli organi vitali, uno dopo l’altro come in un “Allegro Chirurgo” sadico ad individui che persino provano emozioni, lasciandoli deperire lentamente? Si rimane con molte domande intrappolati nei ricordi della ragazza che vive gli ultimi istanti con l’amato con naturalezza e senza drammi: era programmato. Lui non vuole che lei lo assista più nella sua ultima fase e lei lo asseconda, il loro addio è un lieve bacio.

Due settimane dopo la morte di Tommy, Kathy è nel Norfolk in lacrime, sperando di ritrovare ciò che ha perduto. Ora è completamente sola, senza appigli, senza la sua famiglia, senza amore. È prossima alla fine dalla quale cerca di scappare facendo l’assistente; forse è un modo per vivere la ribellione, posticipando la fase delle donazioni più che può. Forse la canzone “Never let me go” nella musicassetta avrebbe potuto parlare di loro: il finale del libro pare simbolico e legato a questo oggetto, ma c’è di più. Sono invece le parole di Madame che danno un ulteriore senso: un giorno vide ballare la piccola Kathy; si mise a piangere per aver visto dei sentimenti. Nel suo immaginario questa “non umana” stava nostalgicamente salutando il vecchio mondo che non l’avrebbe più potuta proteggere da un mondo crudele pronto a strapparle la cosa più importante: la vita.

Questo è un racconto sulla vita, sulle sue difficoltà, sul dono prezioso che abbiamo e che diamo per scontato e cosa vuol dire nascere nel posto sbagliato. La storia d’amore è marginale, è solo un’esperienza che puoi fare nel percorso dell’esistenza. Qui il dono della loro vita è stato pensato ingiustamente per qualcun altro e non per i protagonisti. Non gli resta altro che sopravvivere cercando di illudersi di vivere fino alla fine.



"Continuo a pensare a un fiume da qualche parte là fuori, con l'acqua che scorre velocissima. E quelle due persone nell'acqua, che cercano di tenersi strette, più che possono, ma alla fine devono desistere. La corrente è troppo forte. Devono mollare, separarsi. È la stessa cosa per noi. È un peccato, Kath, perché ci siamo amati per tutta la vita... Ma alla fine non possiamo rimanere insieme per sempre"

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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    26 Marzo, 2019
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Cosa rende l'uomo, uomo?

Qualche tempo fa, un filosofo italiano ha affermato, forse con leggerezza, forse per provocazione, che l’etica, quando si oppone alla scienza, diventa patetica. Eppure le possibilità del reale, nell’era della Tecnica, richiedono una riflessione, un limite, perché le conseguenze morali di una scoperta sono infinitamente oltre, spesso, alle nostre capacità di previsione. Se per la scienza tutto è esplorabile, l’etica circoscrive lo spazio inviolabile del sacro, della persona, uno spazio da preservare perché la vita, l’Altro, è l’ultimo orizzonte di senso. Ishiguro porta la dicotomia tra tecnica e morale alle estreme conseguenze e contemporaneamente scrive un romanzo di formazione durissimo. Cosa significa diventare adulti quando tutto è già deciso, quando ogni incognita è chiara e in nessun modo si può sfuggire all’ordine delle cose? E cosa succede quando si è costretti ad affrontare questi problemi, ancora troppo giovani, su un letto di ospedale, tra un intervento e l’altro, sognando una nave arenata tra le onde del mare?

Romanzo articolato, complesso da stratificare nei suoi piani di lettura, specialmente senza svelarne la trama, Non lasciarmi è una storia d’ambientazione distopica, ma mai interessata alla distopia. Ogni riferimento alla società, al governo, è annullato e i personaggi vivono come in una bolla sospesa, mentre gli uomini, quelli normali, si chiedono se loro siano in grado di provare qualcosa. Ed è l’arte, la bellezza, la speranza, sempre rassegnata, di un riconoscimento, di una autenticazione, lo spazio dove far vibrare lo spirito e gridare al mondo: esistiamo e proviamo anche noi quelle che provate voi. Etica, estetica e scienza si intrecciano nella narrazione elegiaca di Ishiguro, lasse e malinconiche, tra venti feroci e anime piegate, in un’umanità ipocrita e troppo spesso poco umana.

Molti gli elementi di riflessioni, forse troppi. La scrittura di Ishiguro, attenta, ma appena piatta, divagante, fatica a reggere una costruzione molto articolata, che nella parabola dall’infanzia alla precoce vecchiaia dei personaggi, nella suspense superflua, si spinge a riflettere su un problema cardine: cosa rende uomo l’uomo. Il libro si fa leggere con una certa difficoltà, come se fosse troppo spesso fuori dal punto focale del problema e tutto finisce per essere detto e non detto, affrontato e non affrontato. Un libro in cui si legge il tormento creativo dell’autore, che lascia traccia nella trama zigzagante e nella tensione intellettuale poco decisa. Detto questo, confesso che, finita la lettura, ho ripensato molto, per diversi giorni, al libro e ne ho ritrovata traccia in davvero molte delle “derive” contemporanee. Soprattutto Ishiguro mai fa pensare ad una ribellione dei personaggi, mai ad un’opposizione e forse in questo silenzio sta il messaggio migliore del libro: perché pochi, troppo pochi, sono quelli che vivono con senso e che hanno il coraggio di scardinare le coordinate cartesiane già decise della loro esistenza. Perché in fondo tutti noi siamo stati a Hilshaim, non una scuola, ma l’utopia della nostra umanità. E il giudizio del lettore non può che riflettere il turbamento dello scrittore.

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Tomoko Opinione inserita da Tomoko    13 Febbraio, 2019
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Never let me go

Non lasciarmi
Molto difficile da scrivere cosa ti regala questo libro..
quando leggi i primi capitoli non si capisce perché l’autore sia quasi “ossessionato” a descrivere minuziosamente le sensazioni, le emozioni, i sentimenti dei protagonisti talmente tanto che quasi annoia..poi ci arrivi, questi bambini sono dei cloni (che non dovrebbero provare sentimenti) consapevolmente destinati a donare i propri organi a persone malate..anche se il mondo distopico di Ishiguro non viene quasi mai descritto e mai definito, come se avesse fatto apposta a dargli una trama ristretta per concentrarsi sui personaggi.. ha avuto la bravura di dare forza emotiva, L’etica che si scontra con la ricerca scientifica..la voce narrante di Kathy che si rivolge direttamente al lettore che ti costringe a catapultarti nella storia, come quando lei e tommy sono andati a cercare la cassetta persa era come essere lì..si capisce perché ha vinto il premio per la letteratura..gli essere umani sarebbero mai capaci di arrivare a tanta crudeltà?
Sì.

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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    03 Novembre, 2018
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Non lasciarmi... Oh, tesoro... Non lasciarmi...

Cosa permette di definirci degli esseri “umani”? Cosa può provare che abbiamo veramente un'anima? Forse il fatto che possiamo scrivere delle poesie o che riusciamo a realizzare un'opera d'arte? O più semplicemente perché ci innamoriamo?
Terminata la lettura di “Non lasciarmi” di Kazuo Ishiguro, questi interrogativi si affollano nella mia mente insieme ad un forte senso di malinconia e tristezza ma anche profondo coinvolgimento emotivo: questo sarà un libro che porterò ancora per un po' con me, non sarà facile dimenticarlo.
La voce narrante, Kath H. ci racconta la sua storia, con tono intimistico e confidenziale, e siamo subito rapiti e catapultati dentro a questo mondo, allo stesso tempo così familiare e così diverso dal nostro. Il suo racconto inizia quando la ragazza ha trentuno anni e da più di undici è un'assistente di misteriosi “donatori”: ben presto inizia la rievocazione di episodi della sua infanzia ed adolescenza in un prestigioso collegio inglese, Hailsham. Kath ci narra del particolare legame con un'amica, Ruth, e con un ragazzo, Tommy, che ha segnato tutta la sua breve esistenza e che è appunto nato fra le aule e le camerate di Hailsham.
Cpiremo ben presto però che c'è qualcosa di strano ed enigmatico negli eventi ricordati: chi sono veramente Kath, Ruth e Tommy? Perché non hanno i genitori, una famiglia? Perché si trovano lì e a che cosa sono destinati?
Stiamo leggendo infatti un romanzo in qualche modo distopico, ucronico per l'esattezza, in cui l'autore si è immaginato che il corso della storia sia stato modificato rispetto alla realtà e sta raccontando come sarebbe potuta essere la situazione odierna se si fossero verificati determinati fatti. Ci troviamo in Inghilterra nei tardi anni Novanta del Novecento, ma non nel mondo reale: in un luogo dove dopo la seconda guerra mondiale sono stati fatti enormi progressi nella scienza medica, che hanno portato a trovare la cura per tutte le peggiori malattie che funestano l'umanità: ma come e a che prezzo vi lascio la soddisfazione di poterlo leggere da soli.
Il romanzo affronta un tema complesso e non certo nuovo per la letteratura: quanto può essere lecito e moralmente accettabile che l'uomo possa “manipolare” la vita a suo vantaggio? Gli esseri così creati sono umani oppure no? Hanno un'anima? Possono sopportare una vita di solitudine e senza alcuna progettualità?
La grandezza di Ishiguro come autore di questo splendido libro penso che risieda nell'aver dato voce ad un io narrante credibilissimo, nel quale possiamo riconoscerci: una ragazza che ricorda la sua adolescenza e qualche episodio dell'infanzia, vissute in un luogo particolare ma attraversate da sentimenti universali come l'amicizia, il bisogno d'affetto, la ricerca della propria identità. Ciò che rende struggente e profondamente coinvolgente questo romanzo è proprio la vicinanza ed empatia che proviamo nei confronti di Kath, il modo in cui racconta e rivive il passato, la rievocazione di piccoli ma significativi episodi che hanno scandito la costruzione o demolizione di relazioni importanti per qualsiasi adolescente, come una profonda amicizia o un primo amore. Kath non racconta assurdità o fatti rocamboleschi: ci parla della sua amicizia con Ruth, non è un legame idealizzato, è reale, fatto di piccole incomprensioni, di profondo affetto ma anche di invidia e gelosia; ci parla del legame con Tommy, che inizia come sintonia ed intimità intellettuale e si trasforma in qualcos'altro solo troppo tardi. E' per questo che crediamo a Kath e le situazioni che descrive ci sembrano reali, è per questo che possiamo inorridire per il destino degli studenti di Hailsham.
Una lettura stupenda, che mi ha fatto finalmente comprendere il valore di questo autore, premio Nobel per la letteratura nel 2017: da intraprendere per emozionarsi e per riflettere.

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Consigliato a chi ha letto...
Lo consiglio sicuramente a tutti. Per la tematica trattata a chi ha letto "Il Golem" di Isaac B. Singer e "Frankenstein" di Mary Shelley.
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68 Opinione inserita da 68    30 Giugno, 2018
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In attesa di altro....

Kathy, Tommy e Ruth sono tre ragazzi, o meglio semplici cloni, cresciuti nel collegio di Hailsham, vigilati, educati, protetti ed indirizzati a coltivare rapporti interpersonali, cultura ed arte, ma con un forte senso di smarrimento dentro di se’..
L’ indefinitezza per un destino assai incerto, la propria origine sconosciuta , un che di vago e misterioso, accompagnano domande lecite e risposte vaghe. Gli altri, persino i propri tutori, dimostreranno negli anni una certa ritrosia e paura nell’ avvicinarli, in una età in cui in loro sta crescendo la consapevolezza di se’ e della propria diversità dalla gente comune.
Una sensazione di inadeguatezza, come il passare davanti ad uno specchio che riflette qualcosa di strano ed inquietante senza riuscire a dare un senso a tutte le cose che succederanno una volta cresciuti e lasciato Hailsham.
Una eco continua a ricordargli che sono studenti, diversi, speciali, ma in che cosa consiste questa loro diversità? Domande e riflessioni protratte negli anni, la crescita di importanti relazioni interpersonali, amicizia ed amore, aspirando ad una vita più lunga, un sistema affettivo sgretolato da dissapori, invidia e lontananza, rancori prolungati nel tempo, silenzi necessari.
Ciascuno conserva dei piccoli segreti, minuscoli rifugi fatti di niente dove rimanere soli con paure e desideri. Vite già’ programmate, l’ affacciarsi al mondo adulto ed il donare i propri organi vitali in un perenne stato di timore del mondo circostante, incapaci di distaccarsi gli uni dagli altri, consapevoli di possedere un proprio possibile altro.
Accordi e disaccordi, per qualcuno il sogno e la necessità di diventare assistente ( Kathy ) anche se destinato a confrontarsi con dolore, ansia e solitudine e non tutti ce la fanno.
Dove sono finite le proprie creazioni artistiche, oltre che alimentare la Galleria, e quale il loro scopo, accomunati da un destino di semplici donatori e da una morte certa?
Arte e creatività sono solo elementi di distinzione, che fanno pensare di essere vivi, acculturati e con un’ anima, quella sensibilità ed intelligenza che da sempre identifica e caratterizza gli esseri umani.
Ma se essi sono solo dei cloni in una trama già scritta, oggetti indistinti per rifornire la scienza medica, semplici provette di un test, il mondo gentile della propria infanzia oggi è svanito per sempre, ne’ l’ amore è in grado di indicare la via, ed allora non resta che andare incontro al proprio destino ed allontanarsi, ovunque si sia diretti.
Un romanzo con una certa indefinitezza e sbalzi spazio-temporali, lunghi soliloqui della voce narrante, Kathy, senza una precisa collocazione ed identità, una intimità di sentimenti e relazioni che trasmette una certa freddezza di contenuti.
Una scena spoglia, asettica, uno stato di incertezza ed ansia che attanaglia i protagonisti ma che si riflette sul lettore, in attesa di chiarimenti, di orientarsi in un dedalo di termini e concetti piuttosto nebulosi ed asfittici ( forse volutamente nella descrizione di una società distopica ), che avverte il peso narrativo di una trama piuttosto scarna, statica, che non decolla e sembra annunciare qualcosa che non sarà ( la profondità relazionale ed una traccia narrativa evidente ) procedendo a sprazzi, con pochi reali spunti degni di nota pur caratterizzata da uno stile che rimanda alle indubbie capacità dell’ autore.

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annamariafabbian Opinione inserita da annamariafabbian    31 Dicembre, 2017
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Apnea emozionale

Una storia d'amore che ha perso già in partenza. Non c'è il lieto fine E, in fondo, tutto è così terribilmente chiaro che l'amaro in bocca pervade ogni capitolo.
Devastante.
Una scrittura così distaccata e scientifica che sottende il finale fin dalle prime pagine del romanzo.
Mi ha fatto stare male in una maniera inerme: non c'è stato spazio per la speranza né tanto meno per la possibilità di una svolta positiva per i protagonisti. Kath, Ruth, Tommy: hanno già perso. Nella loro fragilità e nella loro innocenza, non trionferanno mai.
Ti fa trattenere il fiato fino all'ultima pagina, ed è solo allora che puoi permetterti di crollare e pensare che sia tutto così ignobile.

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Elena72 Opinione inserita da Elena72    16 Novembre, 2017
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una disarmonia tra uomo e società

Era da tempo che un libro non mi coinvolgeva così profondamente: fin dalle prime pagine sono stata rapita dal misterioso intreccio, dall'accurata caratterizzazione psicologica dei personaggi, dallo stile sobrio e pacato, ma soprattutto sono rimasta turbata dalle inquietanti tematiche affrontate e dagli interrogativi spiazzanti che ancora risuonano nella mia testa.

La storia è narrata in prima persona da Kathy H., giovane “assistente” di misteriosi “donatori”; la ragazza, stanca ma orgogliosa del suo ruolo, nella prima parte del romanzo in un lungo flashback ricorda la sua felice infanzia ad Hailsham, un college immerso nella verde campagna inglese. In quel luogo austero, centinaia di bambini imparano ad aver cura della propria salute e si dedicano ad attività ricreative ed artistiche. I giovani ospiti non hanno genitori, vengono costantemente sorvegliati ed intuiscono di non poter fuggire né da quel luogo, né dal destino per il quale sono stati programmati. Kathy rievoca con nostalgia il suo profondo legame con Ruth e Tommy, divenuti per lei più che amici e con i quali avrebbe desiderato vivere per sempre.
Nella seconda parte del libro i tre ragazzi, ormai adolescenti, si trasferiscono in un cottage in cui, mantenuti dallo Stato, con altri giovani concludono la loro formazione in attesa di diventare prima “assistenti” e infine “donatori”. Tommy e Ruth sono legati da un instabile rapporto di coppia, minato dal profondo legame di Tommy con Kathy che, per rispetto dell'amica, rinuncia ad ammettere i propri sentimenti. Ai giovani del cottage (ed anche al lettore) si fa sempre più lampante un'atroce verità: Kathy, Tommy e Ruth sono cloni, esseri sterili concepiti in provetta, obbligati a donare i loro organi vitali per garantire la salute agli umani considerati di razza superiore.
Nella terza parte, il romanzo prende una svolta tragica: Kathy lascia il cottage per diventare assistente, mentre Ruth e Tommy iniziano le loro donazioni. Il destino li farà rincontrare quando le loro sorti saranno oramai inevitabilmente segnate, senza speranze per il futuro e consapevoli di un passato che, forse, avrebbe potuto essere diverso.

Kathy, Tommy e Ruth sono eroi tragici: accettano con stoica abnegazione il ruolo che la società ha loro assegnato. Dotati di grande sensibilità, non rinunciano ad interrogarsi sulla loro sorte, indagano alla ricerca della verità e cercano, seppur debolmente, di opporsi al destino appellandosi all'arte e all'amore che si riveleranno, per loro, solo mere e fugaci consolazioni.

“Non lasciarmi” è un testo ucronico che si presta a numerose chiavi interpretative: può essere una rilettura del passato (Hailsham ricorda certi esperimenti fatti nei campi di concentramento nazisti) o l'anticipazione di una società in cui in nome della scienza è legittimo compiere le atrocità descritte nel libro. “Non lasciarmi” può però anche essere visto come la metafora del mondo attuale in cui è ancora utopistico garantire a tutti un'istruzione, la possibilità di scegliere un lavoro dignitoso e il diritto di vivere perseguendo i propri sogni.
Potrebbe infine essere data anche una lettura in chiave psicologica, più intima e personale in cui le parti del libro alludono alle tre fasi dell'esistenza: l'infanzia che ripone fiducia nel futuro, la giovinezza che costringe a prendere coscienza della realtà e la maturità che ormai lascia spazio solo al rimpianto.

Concludo riportando le parole pronunciate dalla presidente della commissione che ha attribuito quest'anno ad Ishiguro il premio Nobel per la letteratura: “nei suoi romanzi di grande forza emotiva ha svelato l’abisso al di là dell’apparente senso di connessione nel mondo”; non posso che consigliarne caldamente la lettura.

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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    25 Ottobre, 2017
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Fata turchina, ti prego....

“Fata turchina, ti prego, fammi diventare un bambino vero”. Sono queste le drammatiche parole di David, il bambino-robot, protagonista del film di Spielberg “AI - intelligenza artificiale” ed è a questo film, con tutti i dovuti distinguo, che fa pensare il bel romanzo di Ishiguro “Non lasciarmi”. Film e romanzo hanno infatti alcuni temi in comune, primo fra tutti quello della autoregolamentazione della ricerca scientifica, che pur nella legittima e auspicabile corsa verso il progresso non può ignorare i limiti che l’etica impone per non degenerare e generare mostri. Secondo, non meno importante, quello dell’esistenza di un’anima che condiziona la vita, i sentimenti e i rapporti umani.
Nel romanzo di Ishiguro seguiamo le vicende di tre giovani, Kathy, Thommy e Ruth, cresciuti e educati in un collegio, Hailsham, immerso nella campagna inglese. La voce narrante è quella di Kathy, che solo poco alla volta svela al lettore, anche attraverso un linguaggio specifico, tecnico, di condividere con i suoi compagni e amici una realtà del tutto particolare e insolita: essi sono dei cloni, creati su dei modelli, definiti “possibili”, per divenire donatori di organi. Al collegio e ai suoi insegnanti è affidato il compito di educare questi giovani oltre alle consuete discipline, anche all’arte, alla musica, alla pittura. In realtà essi crescono nell’ignoranza della sorte che li attende. E’ la mancanza di radici ciò che colpisce immediatamente, l’assenza di un affetto materno, fondamentale nella crescita di ogni individuo. E’ la stessa mancanza che porta il piccolo David di Spielberg a cercare disperatamente la fata turchina che lo trasformi, come Pinocchio, in bambino vero, la sola condizione che lo renderà accettabile agli occhi della mamma. Nel romanzo di Ishiguro non è esplicitamente sottolineata questa assenza di affetto materno, ma lo stesso fatto che i cloni sono sterili, mette l’accento sulla provvisorietà delle loro esistenze, portate avanti senza legami stabili. Tuttavia in questa crudele condizione umana, tra i giovani di Hailsham si stabiliscono vincoli affettivi profondi, e si riproducono tutte le condizioni che segnano la vita quotidiana del genere umano. L’amore si radica profondamente nell’animo di questi esseri, che, tuttavia, nel momento della presa di coscienza, se ne separano, ormai consapevoli di una impossibile realizzazione nel futuro, visto che il ciclo di ognuno di loro si concluderà in breve tempo, un tempo che fugge con inesorabile crudeltà .
Siamo dunque nuovamente di fronte al quesito se sia possibile scindere la sfera spirituale e sentimentale da quella fisica, se sia accettabile un progresso che porti alla creazione di esseri, che siano artificiali, o riprodotti da cellule umane, dotati di sensibilità e sentimenti. La risposta non può che essere sempre la stessa. Il progresso e la ricerca non possono essere arrestati. Fatti non fummo a viver come bruti, a condizione di seguir la “conoscenza” senza ignorare la “virtute”.

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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    28 Agosto, 2017
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Una matrioska di emozioni

Capita di rado di imbattersi in libri come questo: storie che spingono a riflettere sui sentimenti, sull’etica, sulla civiltà e su se stessi. Storie che ti entrano nel cuore, e lì rimangono sempre.
Non lasciarmi” è un romanzo in grado di canalizzare l’attenzione del lettore, senza una traccia di banalità. Lo stile è di certo ricercato, ma riesce nel contempo a mantenersi semplice e scorrevole.
La maestria con cui si delinea l’intreccio narrativo è il maggior pregio del capolavoro di Ishiguro, senza dimenticare le descrizioni che permettono al lettore di essere davvero partecipe alla scena.
Dopo tante e meritate lodi, vi stupirà sapere che non mi sento di consigliare questo volume. O meglio, non credo sia una lettura per tutti perché, sebbene la narrazione si tenga quasi sempre lontana da eventi tragici, il lettore scoprirà a poco a poco una realtà molto cruda e crudele: di certo inadatta a chi è troppo sensibile.
Gli eventi vengono narrati direttamente dalla protagonista, in quello che a tratti sembra la trascrizione di un monologo; come se Kathy tentasse di farci pervenire la sua testimonianza, la sua memoria.
Come accennato, l’ambientazione viene presentata come una realtà a noi familiare; l’autore svela la verità molto lentamente, e questa scelta permette al lettore di essere mentalmente pronto al momento della rivelazione.
La decisione di centellinare le informazioni ha inoltre riscontro nella sequenzialità della narrazione: dal momento che il volume è suddiviso in tre parti, ossia nelle tre fasi di vita della protagonista (l’infanzia a Hailsham, la giovinezza nei Cottages e l’età adulta sempre in viaggio a causa del lavoro), il lettore si ritrova a crescere assieme a lei, e ad acquisire per gradi la consapevolezza del suo destino.
Sebbene il romanzo affronti tutti i momenti più importanti nella vita di Kathy, esso mantiene una grande frammentarietà a livello cronologico, che comunque va attenuandosi mano a mano che la protagonista cresce.
La vediamo quindi bambina nel collegio di Hailsham, dove stringe una forte amicizia con gli altri due protagonisti, Ruth e Tommy. Tra i ragazzi si crea un legame empatico in grado di resistere agli anni in cui saranno lontani, e di superare indenne sciocchi screzi e grandi litigi.
Giunge poi il periodo di convivenza nei Cottages con altri ragazzi, ed è allora che i protagonisti iniziano a percepire i limiti importi alle loro vite. Va notato che l’atroce destino a cui andranno incontro, qualcosa quasi inconcepibile per la nostra mente, li porta a riflettere e confrontarsi, ma è ormai diventato un concetto troppo a fondo radicato nella loro psiche perché ne possano comprendere il vero significato.
Questo si esplica con maggiore chiarezza quando Kathy intraprenderà la carriera di assistente: il lettore rimane a dir poco stupefatto che nessuno dei cosidetti “donatori” si ribelli a quanto gli viene imposto, che nessuno tenti di fuggire alla sua sorte, che nessuno provi davvero a crearsi un’alternativa di vita.
A rendere ancor più peculiare questo romanzo è il suo stile, o meglio la “voce” che l’autore assegna alla narratrice; Kathy non si limita a raccontare, ma spesso si interrompe per rivolgersi direttamente al lettore e spiegargli qualcosa di cui non può essere al corrente.
In alcuni casi, la narrazione di un determinato evento viene inframmezzata dal racconto di alcuni aneddoti, utili ad inquadrare il contesto E il lettore ha la sensazione di essere il tra pubblico, durante uno splendido monologo teatrale.

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Bookaholic Opinione inserita da Bookaholic    25 Giugno, 2016
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Oltre la vita

Mi presentano questo libro per caso, “È uno dei libri più belli che io abbia mai letto, davvero leggilo. È affascinante”. Ho incontrato così “Non lasciarmi”, per caso come succede con le letture che poi ti toccano davvero.
Kathy è una ragazza come tante, almeno all’apparenza perché in realtà il suo destino è stato scritto dalla medicina e dall’evoluzione ancora prima che lei nascesse. Il suo scopo nella vita, il motivo per cui è nata, quel motivo che tutti noi cerchiamo assiduamente senza mai riuscire a toccarlo davvero (se non in rari casi fortunati, beati loro!), lei ce l’ha inscritto nella carne e non può sfuggirgli, non c’è alcun modo per deviare dalla strada costruita per lei e per altri come lei. Il motivo della sua esistenza è il più nobile e pure, a ben pensarci, il più raccapricciante: donare, uno dopo l’altro, i suoi organi ai malati finché una donazione andrà male o il corpo cederà, esausto.
Un destino tragico che viene condiviso da milioni di ragazzi come lei, cresciuti in scuole speciali seguendo un percorso di crescita d’élite o in bettole cadenti inconsciamente consapevoli di ciò che li aspetta. Una vita pensate in laboratorio per permettere la vita di tante persone vere, malate, l’unica speranza per la salvezza definitiva della razza umana. Come se loro, i donatori, non avessero sentimenti umani come i nostri… sarà vero?
Kazuo Ishiguro ha scritto un libro devastante, pervaso da una malinconia struggente che ti resta appiccicata addosso per tutta la lettura e anche dopo, quando chiuso il libro, ti resta la domanda drammatica: saremo mai così egoisti da farlo davvero? E ti viene spontanea, deludente, la risposta: sì.

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lapis Opinione inserita da lapis    09 Aprile, 2016
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Scontro tra fronti caldi e freddi

Una narrazione liquida, dal tono confidenziale, ci accompagna con intimistica dolcezza in un passato di ricordi, piccoli frammenti in cui è facile riconoscere qualche momento della nostra vita: una canzone riascoltata mille volte con la sensazione che racconti di noi, un gruppo di ragazze sedute sul muretto a guardare una partita, un’asta infantile, le chiacchiere notturne con una tazza di the in mano. E giovani sentimenti: un’amica a cui ci lega un filo indissolubile ma di cui riconosciamo le fragilità e scusiamo gli egoismi e un timido amore, fatto di piccole affinità e tenera vicinanza. Ma su tutta questa apparente normalità incombe un’ombra oscura, l’avvicinarsi di un segreto di cui si avvertono a poco a poco i segnali e che si rivela infine in tutto il suo orrore e la sua crudeltà. E nello scontro tra due fronti opposti, caldi e freddi, nasce la pioggia. Pioggia che investe, disturba, rattrista.

Pur parlando di sentimenti, non si può dire che questo sia un romanzo di emozioni: l’amicizia si aggrappa ai ricordi e si nutre di comunanza ma non se ne avverte la forza simbiotica, l’amore è capace di sopravvivere alle distanze e al tempo, ma sotto pelle non riusciamo a trovarne il calore e, soprattutto, il dolore che si percepisce nella lettura è impercettibile se paragonato alla sofferenza che caratterizza la storia della protagonista, narratrice in prima persona. Ci aspetteremmo di trovare la rabbia per un insensato presente che non si può combattere, la lacerazione per le speranze svanite, la paura per un angosciante futuro. Ma le pagine scorrono e tutto questo in fondo non c’è. Ci sono campi incolti che si vedono scorrere attraverso i finestrini, paludi di fango che impediscono il cammino, pesanti cieli grigi. Desolazione e vuoto, specchio della sconfortante e inerte rassegnazione che troviamo nell’animo dei personaggi.

E allora da dove viene questo senso di persistente inquietudine che non mi abbandona da quando ho chiuso il libro? Forse proprio questa apparente assenza di emozioni permette al lettore di riempire le pagine con le proprie, immedesimandosi in un incubo in cui la vita si mostra implacabile e ingiusta, senza offrire scampo alcuno. Forse è proprio lo scontro tra la naturalezza di quei semplici ricordi e il folle dramma in cui sono intrappolati ad investirti, lasciandoti spiazzato e svuotato a interrogarti sul valore della libertà e il senso della vita. La pioggia si asciuga ma lascia un desolante senso di solitudine.

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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    25 Gennaio, 2016
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“Sono un eccellente donatore”

“Vi è stato insegnato. Siete studenti. Voi siete... speciali”.
Si tratta di uno di quei romanzi che restano impressi, ricchi di immagini potenti e di interessanti spunti di riflessione. Conoscerne in parte la trama, magari avendo visto il bel film che ne è stato tratto, serve ad avere fin dall'inizio le giuste coordinate, visto che nei primi capitoli il punto della questione resta volutamente in uno sfondo nebuloso, mentre ci si sofferma forse un po' troppo, ma con sorprendente verosimiglianza, sui ricordi degli anni passati in quello che sembra una sorta di collegio: ci sono gli “studenti” e c'è “il mondo fuori”.
Si procede per vaghi accenni, ma se si riesce ad entrare in sintonia con le sapienti sfumature della narrazione si apprezzerà l'abilità dello scrittore, che tratteggia l'amicizia, l'amore, il dramma senza mai andare sopra le righe o scadere nel sentimentalismo.
Più interessante la seconda parte, con paesaggi emblematici descritti con maestria: deprimenti cittadine balneari battute dal vento, cieli plumbei, tramonti, ad indicare la fine della spensieratezza infantile e l'ingresso in un'esistenza già programmata per i protagonisti, creature tragicamente sole.
Osservando il modo pacato in cui questi ultimi accettano il loro destino di esseri umani senza diritti (“Sono un eccellente donatore”), le loro timide e infondate speranze, ci si interroga sulle conseguenze nefaste che potrebbe avere il progresso nel campo della genetica, ma andando più a fondo la domanda inquietante è un'altra: fino a che punto le scelte di ognuno di noi sono libere e non condizionate da concetti che diamo per scontati, essendoci stati inculcati nell'infanzia?
Sembra che poco o nulla si voglia concedere alle emozioni, con un modo piuttosto British di relazionarsi ad esse e controllarne la portata, ma intanto si fa strada nel lettore una viva compassione per i personaggi, grazie all'approfondimento psicologico e a certe sensazioni palpabili:
“Ero consapevole del tessuto dei suoi abiti, di ogni cosa che lo riguardava”.
Lo stile semplice fa da contraltare ad una narrazione introspettiva e complessa che celebra e al tempo stesso ridimensiona miseramente i sentimenti umani più profondi, lasciando il retrogusto amaro di una commemorazione.

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martaquick Opinione inserita da martaquick    25 Gennaio, 2016
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Una lettura triste

Primo libro che leggo di Ishiguro e vorrei poterlo dividere in due parti: la prima, che mi è pesato moltissimo leggere e la seconda che invece è un vero capolavoro.
La storia di Kathy, Ruth e Tommy è davvero triste, scordatevi tutto il vostro ottimismo perchè purtroppo il destino non concede loro altre possibilità di stile di vita, nascono per uno scopo e da quello non possono fuggire.
L'intreccio delle vite dei tre protagonisti è un bel gioco per farci capire i loro modi di essere, seppur nati e cresciuti nello stesso posto e destinati alla stessa vita, si sviluppano in tre distinte personalità e devo dire che sebbene nel corso del romanzo il personaggio di Ruth mi è risultato antipatico poi la svolta finale mi ha davvero sorpreso, quasi commosso.
L'introduzione della storia è abbastanza noiosa e ho trovato Ishiguro un po' ripetitivo in alcuni tratti , sopratutto per gli sbalzi tra un flashback e l'altro che rovinano la continuità della storia.
Nel complesso il finale mi ha colpito sebbene sia abbastanza drammatico ma l'ho trovato molto pessimista come libro/autore.
Lo consiglio ugualmente perchè è una storia molto toccante.

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siti Opinione inserita da siti    12 Marzo, 2015
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Ishiguro?

Il romanzo diviso in tre parti presenta una voce narrante femminile: Kathy, trentuno anni, assistente da undici in una Inghilterra dei tardi anni '90.
Viene da Hailsham, un collegio immerso nella campagna inglese, e nel ricordare il suo vissuto ci presenta i pochi elementi su cui è basata tutta la vicenda: il suo lavoro, il suo passato, le sue amicizie, la sua infanzia.
Il lettore viene avvolto dal tono confidenziale, già conosciuto e tanto apprezzato da me in "Quel che resta del giorno" e si prepara ad assaporare una storia. In realtà i pochi elementi appaiono subito fumosi, accennati, non chiariti e tutta la narrazione lentamente tende a dipanare il mistero di queste esistenze mentre se ne ripercorre il cammino.
Ci si chiede subito cosa significhi assistente, donatore, quali siano gli scopi e gli sviluppi della storia. Nessun particolare viene offerto del quadro distopico proposto, tutto è taciuto e per me la lettura procede lenta e pesante; nemmeno la storia dell'amicizia mi smuove da un giudizio impietoso: mi sento deprivata del particolare, dello scenario sociale, delle implicazioni etiche, ma soprattutto delle emozioni. Non gioisco, non mi commuovo, non provo pietà, ansia o preoccupazione alcuna: mi invade una noia tremenda.
Riconosco di Ishiguro solo la maestria nel gestire la voce narrante, il resto mi pare una forzatura.

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Opinione inserita da Fruu    23 Gennaio, 2015

Inaspettato

Ho letto questo libro per il circolo dei lettori di cui faccio parte. Ammetto di aver erroneamente "giudicato il libro dalla copertina": il titolo in sé non mi attirava e, di conseguenza, ho sfogliato le prime pagine con una riluttanza che è risultata, in seguito, immotivata.
Infatti, "Non lasciarmi" ha stravolto la mia opinione iniziale (mantenuta durante la lettura dei primi capitoli, che ho trovato piuttosto lenti e ripetitivi, non cogliendo ancora la strategia narrativa scelta dall'autore).
In seguito, capitolo dopo capitolo, mi sono trovata immensa in una trama complessa e proprio per questo affascinante. Ishiguro fonde abilmente temi sempre attuali quali la ricerca di una dimensione familiare, la complessità di un percorso di crescita e formazione psicologica in un contesto quale quello di Hailsham, le regole autoimposte, la paura del nuovo, del diverso. Contemporaneamente, l'ombra del sospetto e del dubbio pervade il lettore, attraverso un dosaggio equilibrato di indizi e allusioni ad un mondo che ci inquieta, ci spaventa ed è forse più vicino a noi di quanto pensiamo.
Un romanzo che può essere letto in mille modi diversi, dalla critica politica all'analisi psicologica, sempre restando legato ad uno stile lineare ma volontariamente selezionato.
Si tratta senza dubbio di una lettura complessa, se affrontata con occhio critico. Ma ne vale assolutamente la pena!

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aeglos Opinione inserita da aeglos    18 Gennaio, 2015
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UN LIBRO PER RIFLETTERE

Ho iniziato questo libro avendo letto delle recensioni bellissime, sebbene forse non è uno dei libri che in
questo momento adori leggere. Devo dire che le mie aspettative non sono state per niente deluse, anzi
mi sono affezionata molto ai luoghi, descritti in maniera impeccabile e così magica, e anche
ai personaggi, i tre protagonisti, con i loro sentimenti e la loro unica amicizia.
Ho provato anche ad ascoltarmi, mentre leggevo, giusto per incanalarmi meglio
nella storia e poter capire , la canzone di cui si parla spesso nel libro,
ovvero una canzone di Judy Bridgewater " Never let me go". Provare per credere.
Ascoltandola mi sarebbe piaciuto poter essere lì in compagnia di Kathy, per poterla
abbracciare e darle tutto il mo conforto possibile.
Sarei anche voluta andare con Tommy e Kathy nel negozio di cianfrusaglie a Norfolk, per ritrovare
la cassettina "magica". Quanto avrei voluto condividere con loro questo momento!
Se avessi trovato io la cassettina, l'avrei passata sicuramente a Tommy!
Tra i tre ragazzi c'è un'amicizia particolare, coinvolgente, anche quando una lite o una discussione sembra
azzerare i loro rapporti, tutto torna normale, l'amicizia non finisce, anzi sembra dar loro
conforto e forza per poter andare avanti. Conoscono il loro futuro, sanno ciò che li aspetta,
ma nonostante questo continuano imperterriti a vivere, fino a che il giorno che li separerà per sempre arriverà.
"Continuo a pensare a un fiume da qualche parte là fuori, con l'acqua che scorre velocissima.
E quelle due persone nell'acqua, che cercano di tenersi strette, più che possono,
ma alla fine devono desistere. La corrente è troppo forte.Devono mollare, separarsi...non possiamo
rimanere insieme per sempre."

"Su di me cominciò ad aleggiare l'idea che molte delle cose che avevo sempre creduto di poter fare,
pensando di avere tutto il tempo a mia disposizione, in realtà avrei dovuto farle in fretta,
altrimenti le avrei perdute per sempre.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    07 Gennaio, 2015
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Solitudine.

“Non lasciarmi” è uno di quei romanzi da cui non vorremmo mai essere lasciati, un gioco di parole forse, ma sicuramente non poteva esistere titolo più opportuno e calzante tanto per quest’opera che per il lettore stesso. Perché per quest’ultimo è adatto questo titolo? Semplice, per la sensazione che questa lascia alla sua conclusione. Never let me go… Never let me go..
Sin dalle prime pagine il romanzo prende campo nella mente di chi legge che, pur intuendo “a pelle” l’inevitabile finale e percependo impalpabilmente che qualcosa nella narrazione lo porterà ad affrontare prima di tutto riflessioni su se stesso e sul genere umano, non può fare a meno di interrogarsi su quel che Ishiguro ha plasmato con grande maestria e sottile ma dirompente durezza. Man mano che le battute scorrono il mistero da nebuloso prende forma fino ad essere svelato nella sua più chiara nitidezza. Ed ecco che sensazioni di delicatezza, groppi allo stomaco, inquietudine, malinconia, tristezza, felicità, ingiustizia, curiosità, tenerezza, amarezza e tante altre ancora prendono possesso dell’anima di chi si cala nelle vesti dei tre protagonisti. I tre ragazzi che veniamo a conoscere, episodio dopo episodio, sono ognuno colonna portante della narrazione e giocano in essa un ruolo chiave.
Come non amare il tentativo di Kath di restare uniti e fedeli a quell’unica certezza che la loro vita ha avuto così come non identificarsi nella profonda tristezza che li accompagna per tutta la vicenda, come non sorridere dinanzi ai tentativi di Tommy di trovare le risposte ai loro perché, il suo ruolo nel mondo e di recuperare il tempo perduto, come non immedesimarsi nella stessa – a tratti odiosa a tratti fragile – Ruth che per tutto il componimento copre uno dei ruoli più ostici in assoluto. E alla fine, quando ormai altro epilogo non esiste, come non sentire quella morsa allo stomaco per quella distopia che tanto lontana non è dai giorni nostri. Come non sentire il dolore delle anime che colorano questo romanzo, come non pensare a quanto l’uomo possa essere egoista, continuare a temere il prossimo perché diverso e disumanizzare persino sé stesso pur di raggiungere i suoi obiettivi.
“Non lasciarmi” è la storia di un amore che ha potuto fiorire quando ormai era troppo tardi, è il racconto di amicizie contrastanti e talvolta incongruenti, di perdite, di chiacchierate segrete e di dolore per un destino già prescritto e condiviso. Ma è anche una storia di solitudine, perché non basta il fato a rendere le cose già di per sé aberranti, ci si deve mettere anche il percorso per arrivare a quel non ambito traguardo. La sofferenza non solo va vissuta ma va anche osservata stando accanto a chi un domani saremo noi. Si, perché prima di poter essere donatori si è assistenti, e se oggi cerchiamo di elargire conforto a chi cerca di concludere il suo ciclo, conscio del fatto che dopo la quarta donazione si è tenuti in vita finché “non decidono di spengerci”, sappiamo già che tra uno, o forse cinque anni, quando il nostro compito sarà giunto al suo termine, saremo noi ad avere al nostro fianco una giovane anima per accompagnarci nel nostro ultimo viaggio.
Questo e molto altro è “Non lasciarmi”. Ti entra dentro, ti indossa come se tu fossi un vestito fatto su misura e ti costringe a riflettere sul valore della vita e sull’inevitabilità della morte. Mi sono limitata a darvi un assaggio di ciò che l’opera offre, un po’ per non svelarne il mistero, un po’ perché questa dona un qualcosa di diverso ogni volta che viene affrontata e differentemente per ogni individualità. Una lettura rapida ma indelebile, una di quelle che dovrebbe essere nella libreria di ognuno e che da ciascuno dovrebbe essere letta. Un romanzo che si sente dall’inizio alla fine.

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a tutti coloro che desiderano affrontare una lettura di riflessione e crescita personale.
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    16 Dicembre, 2014
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SEMPLICE DISTOPIA?

Amore e riflessione sono le parole chiave di questo meraviglioso romanzo, a distanza di anni dalla sua lettura ancora mi porto dietro il ricordo delle sensazioni che ho vissuto giorni dopo averlo finito. Inutile dire che, è uno dei miei libri preferiti, quelli che difficilmente dimentichi, quelli che ti fanno pensare. In questo la grandezza di Ishiguro: nel lasciare dentro un seme che cresce e fa pensare ai riferimenti alla nostra vita di ogni giorno, al grande significato che sta dietro questo romanzo e ai dubbi che ci lascia. Un romanzo distopico, alcuni quasi lo definisco fantascientifico, io lo definire al livello del filosofico, siamo proprio sicuri che sia così distopico?
Non vorrei entrare troppo nel merito della storia per non rovinare il gusto della lettura, il colpo allo stomaco che si prova nel momento della rivelazione, sempre che non si sia letto minimamente la trama, ma poco cambierebbe in merito agli spunti di riflessione che offre. Insomma una storia ben congeniata e ben scritta, come solo i grandi di questa arte sanno e possono fare. Un libro letto più di cinque anni fa che è ancora ben impresso per emozioni dentro di me.
La nostra società non ci dai poi tutta questa libertà ed alcune logiche che ci regolano sembrano a volte più distopiche di questo romanzo, le aberrazioni che spesso viviamo ogni giorno ci sembrano ormai una consuetudine, la normalità, e questo vi fa sentire liberi?
Consiglio assolutamente la lettura di questo libro, eccezionale e imperdibile.

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mamihlapinatapai Opinione inserita da mamihlapinatapai    10 Giugno, 2013
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Realize

devo ammetterlo, questo è il mio libro preferito.
non solo perchè mi ha accompagnata in un periodo buio della mia vita ma perchè questo libro mi ha davvero cambiata.
è una storia toccante e commovente che ti lascia uno strano senso di amarezza. riesci persino ad immedesimarti nei personaggi (io sono rimasta molto colpita da Ruth).
davvero, chi comincia a leggerlo non può più farne a meno.
è più realistico di quanto si posso pensare: SIAMO NOI I CLONI di questa società dove le gerarchie comandano sulla gente. dove loro ci vogliono far credere che siamo la feccia.
la verità è che ognuno di noi è unico e per capirlo bisogna rimanere uniti, ovvero ciò che ha tentato di fare Katy H.
ha sempre desiderato la pace e la verità per le persone come lei, Ruth e Tommy. ma la vita è crudele e non lascia scampo a nessuno.

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Morrigan Opinione inserita da Morrigan    29 Agosto, 2012
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Un mondo senz'anima fin troppo tangibile

La lettura non è molto scorrevole, ma lascia al palato quel sapore intimista che è parte caratterizzante di tanta letteratura nipponica contemporanea.
Tutta la storia procede per piccoli indizi, mentre i protagonisti crescendo scoprono pian piano l'amore e coltivano la speranza che la "galleria di Madame" contenga la via di fuga a quello che per loro sarebbe altrimenti un destino ineluttabile. E Ishiguro ci fa sperare insieme a loro, ci tiene in sospeso fino alla gelida, terribile, stoccata finale: in una terribile epifania sulla filosofia ontologica dei cloni (sono anch'essi umani o sono da considerarsi al pari delle bestie da macello?), la realtà non potrebbe mostrarsi più alienante.
Ishiguro ci mette davanti agli occhi una distopia agghiacciante proprio perchè possibile; ci ricorda nitidamente la fredda capacità dell'uomo di disumanizzare sè stesso: un grido silenzioso che, proprio perchè proviene da uno dei figli di Hiroshima, si fa ancora più concreto.

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antonelladimartino Opinione inserita da antonelladimartino    03 Luglio, 2012
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Povere creature.

Ho la presunzione di avere una buona memoria narrativa, compensata da pessime memorie di altro genere: per esempio, scordo facilmente il nome degli autori, soprattutto se stranieri, tanto che sono riuscita a scordarmi di Kazuo Ishiguro dopo aver letto il suo splendido “Quel che resta del giorno”. Dopo questa lettura non lo scorderò mai più.

Il romanzo è distopico, ma non fantascientifico: potrebbe succedere anche adesso. I protagonisti, gli “studenti” mi hanno ricordato molto i replicanti di Blade Runner: esseri senzienti creati per essere sfruttati, umani quanto e forse più di noi, ma disumanizzati per evitare il rimorso. Se i replicanti non vengono uccisi, ma “ritirati”, gli studenti non muoiono, ma “finiscono il ciclo”. Se i replicanti sono rabbiosi e violenti, gli studenti sono stranamente remissivi: non cercano fughe o vendette, si limitano a sognare un improbabile rinvio del loro destino.

“A Madame non siamo mai piaciuti. Ha sempre avuto paura di noi. Come le persone hanno paura dei ragni o di questo genere di cose”.
Gli umani normali giocano appaiono di rado nella storia; la loro crudeltà non è mai descritta in modo esplicito, ma appaiono raccapriccianti agli occhi del lettore, così come nella finzione gli “studenti” appaiono raccapriccianti a loro.

Una grande storia narrata in modo superbo, tanto da stimolare l’inquietudine e, soprattutto la riflessione. Stimola anche una quantità domande scomode, che forse si possono riassumere in una sola: è possibile che succeda davvero? La risposta è ancora più scomoda: a pensarci bene, sta già succedendo, e non è la prima volta. Ci sono già, ci sono sempre stati, i luoghi chiusi in cui si tenta di affrontare la diversità con efficienza, ma anche con compassione: queste istituzioni illuminate sono Hailsham. E poi ci sono, ci sono sempre stati, anche i luoghi in cui i diversi vengono spogliati senza ritegno della loro umanità: istituti, prigioni, ghetti, lager. Centri di accoglienza. Sì, sta già succedendo, è sempre successo. Lo sfruttamento è sempre esistito, così come sono sempre esistiti i diversi, gli speciali, gli esseri umani privati della loro anima per giustificare qualsiasi forma di abuso e di sfruttamento.

Tra gli studenti di Hailsham, quelli che ancora conoscono la compassione, fioriscono anche l’amore e l’amicizia, fiori delicati che sbocciano nella paura e sopra il fango: la narrazione di queste emozioni costituisce la parte migliore, forse la più crudele del romanzo. L’autore tesse una trama che cattura come una tela di ragno; l’esito si intuisce fin dall’inizio, ma si disvela a poco a poco ai protagonisti e al lettore, fino a denudare il suo volto: non c’è rinvio possibile, l’orrore siamo noi.

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pitulina Opinione inserita da pitulina    21 Giugno, 2012
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Never let me go...oh baby...never let me go...

CONTIENE SPOILER

Questo libro mi ha trasmesso un sacco di riflessioni, così tante che non posso fare a meno di buttarle giù subito, a caldo, per non rischiare di perdere tutto una volta assimilata la lettura.
Ishiguro racconta un mondo dove dei cloni vengono creati per diventare donatori. Già, avete capito bene, donatori.
La prima domanda che mi sono posta, che innesca in automatico tutte le altre, è: a che tipo di persone verranno "concessi i doni"? Voglio dire, con che criterio si scelgono le persone che riceveranno le donazioni? Perchè, a dirla tutta, se io fossi un clone-donatore, mi girerebbero assai i cabbasisi se sapessi che una parte di me è andata a far parte di, chessò, un farabutto o un assassino o un mafioso o semplicemente una testa di ca..o. Mi girerebbero non poco. E allora cos'è che distingue una persona meritevole da una non meritevole? Cosa rende qualcuno speciale e qualcun altro no? Il semplice fatto che si sia stati creati dal nulla rende questi "donatori" meno dignitosi e "umani" di altri esseri? Ma non siamo forse stati creati TUTTI dal nulla?
Altra considerazione: le donazioni sono nate per sconfiggere il cancro e malattie prima, altrimenti, incurabili.
C'è un'affermazione nel libro che mi ha colpito molto, dice più o meno così: "la gente preferisce vedere la propria moglie, il proprio marito, i propri figli sopravvivere a scapito dei "donatori" piuttosto che tornare a prima, a quando
i donatori non esistevano e vedere i propri cari morire".
Non voglio essere ipocrita. So per esperienza cosa vuol dire vedere un proprio caro soffrire e morire per una terribile incurabile malattia. Ammetto che se ci fosse stata la possibilità di un donatore, probabilmente avrei fatto carte false pur di salvare la persona a me cara con una donazione. Insomma...Mors tua, vita mea.
Ma c'è qualcosa di malsano, in una società del genere...e in una riflessione del genere. Mi sono resa conto che è tutta una corsa al ritardare il più possibile: la maturità...la vecchiaia...la morte.
Ci si affida al chirurgo estetico a 80 anni pur di ritardare il tempo e apparire come una 40enne, si cerca di tutto pur di trovare l'elisir di lunga vita e si perde di vista una sola, incontrovertibile, verità: che arriva la fine, prima o poi, per tutti. Non c'è scampo. Anche se campassimo 200 anni, siamo esseri mortali.
E allora, mi chiedo: avrebbe senso? Perchè, pur ammettendo (e sperando) di riuscire a sconfiggere la malattia in questione, ci sarà sempre qualcos'altro che ci farà passare a miglior vita.
A questo punto, non solo la creazione dei cloni mi pare un'assurdità già in partenza, ma lo stesso mondo immaginato da Ishiguro mi pare una fiera di creature senza un briciolo di anima. Paradossalmente, l'anima dimostrano di averla proprio gli stessi cloni, e la cosa che più mi ha terrorizzato (nel vedere il film prima, nel leggere il libro poi) è la sconcertante possibilità che tutto questo, un domani, possa realmente accadere.
Quando si spera che un libro resti solo un libro, tutt'al più un avvertimento.

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C l a r a Opinione inserita da C l a r a    26 Marzo, 2012
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Come un pugno in pieno stomaco.

E’ piuttosto difficile recensire un libro come questo senza rischiare di dire “troppo”, non tanto perchè si rischia di eliminare la “suspence” (in fondo non si tratta di un giallo) quanto piuttosto perchè si rischia di perdere il piacere della lettura, del ricostruire frase per frase, capitolo per capitolo il senso di quello che si legge ed il messaggio che il suo autore vuole inviarci.
Nel libro seguiamo l'evoluzione e la storia di tre bambini provenienti dal collegio di Hallisham: Kathy (la naratrice), Tommy e Ruth, la loro amicizia, il loro amore, i loro litigi, il loro perdersi e poi ritrovarsi. Li seguiamo durante tutto il loro percorso di crescita, durante la presa di consapevolezza di ciò che sono e ciò a cui sono destinati, durante la scoperta dei sentimenti e dei legami che indissolubilmente li legano.
"Non lasciarmi" è un libro che va gustato lentamente, in cui tutti gli elementi vanno assaporati e in cui la violenza delle rivelazioni va assimilata, perchè queste arrivano a sorpresa e colpiscono come un pugno in pieno stomaco per la loro intensità.
È un libro straordinario: dolce e tagliente allo stesso tempo. Può essere pensato come metafora e specchio della vita, ci si immedesima e riconosce completamente sin dalle prime pagine, nei piccoli protagonisti che sebbene siano molto lontani da noi, con i loro dubbi, la loro curiosità, le loro paure e le loro fragilità sono una rappresentazione perfetta dell'animo umano.
Ishiguro ci conduce con grazia dentro l'orrore, ci mette davanti a una ipotetica realtà così come potrebbe essere. Sconvolgente e struggente al tempo stesso, ti entra dentro e ti rimane addosso, ti costringe a riflettere sul valore della vita e della morte.
Un libro di quelli che meritano un posto speciale in libreria.
Da leggere, rileggere, metterci il dito in mezzo e riflettere.
Da copiare i paragrafi preferiti.
Da condividere con i nostri compagni e compagne di vita.
Da non dimenticare quando hai terminato la lettura.

"Rimanemmo così, sulla sommità di quel capo, per quello che ci sembrò un tempo infinito, abbracciati senza dire una parola, mentre il vento non smetteva di soffiarci contro, e sembrava strapparci i vestiti di dosso; per un istante fu come se ci tenessimo stretti l'uno all'altra, perché quello era l'unico modo per non essere spazzati via nella notte."

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Francj88 Opinione inserita da Francj88    17 Febbraio, 2012
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Vietato sognare..

Non lasciarmi potrebbe essere considerato come una visionaria favola contemporanea, o meglio un incubo, un mondo oltre lo specchio che non vorremmo mai visitare. A fare da scenario in un'atmosfera surreale, ovattata, un collegio inglese. Qui le vite dei giovani studenti sono avvolte in un manto di segretezza e indicibilità. Pagina dopo pagina, si disvela al lettore un puzzle complicato, che poco alla volta è portato a ricostruire.

Ma più di tutto Non lasciarmi è un romanzo sui ricordi e di cosa facciano i ricordi, se ti addolciscano e facilitino la vita o stiano lì semplicemente a tormentarti. Il fatto che il libro sia suddiviso in tre fasi infanzia, adolescenza e il momento in cui si svolge la storia principale fa si che il libro sia in gran parte fatto di ricordi che Ishiguro costruisce con grande maestria. Il sentimento che il lettore prova è quello di voler quasi congelare i protagonisti di questo romanzo nel momento spensierato della giovinezza, quando tutto sembra ancora possibile, prima che il terribile destino che li attende si manifesti in tutta la sua cruda concretezza.
Un romanzo quello di Ishiguro che fa riflettere per le sue implicazioni etiche e politiche, che ti emoziona e ti strazia talmente è intimo. I personaggi poi ti restano nel cuore. Ishiguro è un narratore straordinario.

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Ally79 Opinione inserita da Ally79    15 Gennaio, 2012
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Never let me go.

Un collegio quasi celato nella campagna inglese:bambini che giocano,litigano,stringono amicizie, si interrogano,ridono,studiano,si arrabbiano.
Ma l’atmosfera è cupa,quasi immobile,una cappa ricolma di ansia. Soffocante.
Ti interroghi:”Cosa c’è che non va in questo luogo?”
Ma lo sai,lo sai da quando hai letto la quarta di copertina e hai scelto di prenderlo.
Lentamente,con estrema maestria ti viene concessa la risposta che tenti di negare:i bambini sono destinati a folli destini.
Resti immobile quando lo leggi,cosi,buttato li’,stampato nero su bianco.Ma non ti scandalizzi.
Ishiguro ti pone dinanzi a una realtà incontrovertibile,non ti è concesso nemmeno un moto di ribellione.
E’cosi che deve andare.Punto.
Il sistema che ti viene narrato è talmente rigido,prestabilito,assoluto,che non c’è spazio per il libero arbitrio,né il tuo né tantomeno quello dei protagonisti.
Al contempo però osservi questi giovani mentre si amano e si scontrano,mentre scoprono il sesso e una parvenza di libertà,mentre vagano tra gelosie e solidarietà,mentre si instilla in loro una scintilla di speranza.
Ti chiedi che senso ha darsi da fare per vivere se si ha la consapevolezza che la nostra vita non ci appartiene fino in fondo?
Ma è una stupida,stupida domanda.
Questo tentativo di vivere ha tutto il senso della vita stessa.
Si può essere vittime,condannati,ingranaggi di un sistema svuotato da ogni forma di moralità.
Si può esser privi di scegliere,schiavi di osceni padroni,si può venir privati della propria dignità di essere umano.
Ma non si può mai smettere di vivere. Mai.
Ecco,questa è la poesia di Ishiguro.

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R๏гy.o° Opinione inserita da R๏гy.o°    17 Luglio, 2011
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Non lasciamoci

Cominciare una recensione su questo libro non sarà facile; perché sebbene non si tratti del “libro più bello degli ultimi 10 anni” (cito il Time Magazine), mi ha scombinato un bel po’. Sicuramente non potrei partire dalla trama, sarebbe inutile descriverla: il libro è troppo intimo, ha una storia talmente particolare – nella sua semplicità – che “Non lasciarmi” potrebbe avere tante letture quanti lettori.

La storia non decolla subito, ci vogliono un paio di capitoli per sentirsi immersi nel libro, e la colpa è da affibbiare sicuramente all’atmosfera che esce dalla penna di Ishiguro, un’atmosfera surreale, rarefatta e astrusa che ben si confà, però, alla storia. Mi è difficile anche inserire il romanzo all’interno di un genere; magari quello distopico: una distopia etico-scientifica piuttosto che politico-sociale.

“Non lasciarmi” è una storia che lascia il segno perché testimonia la fragilità dell’esistenza. Ma è anche una storia sull’amicizia prima ancora che sull’amore, ed è soprattutto una storia dei ricordi, ricordi che si presentano sia come struttura narrativa che come tema portante dell’opera stessa. A far da sottofondo “Never let me go” – una canzone inventata da Ishiguro – che è più struggente di quel che ad una lettura ‘veloce’ potrebbe sembrare.
Perché la scrittura delicata e appassionante riesce a mostrarsi lucida fino in fondo, quando tutti i pezzi del puzzle ritorno al loro posto e quando ti rendi conto che quello che più ti ha colpito è la rassegnazione dei personaggi di fronte a situazioni talmente angoscianti che il lettore non avrebbe mai potuto sopportare (una solitudine dell’anima ad esempio che si rispecchia nelle ambientazioni spaziose e mai intime, come i campi o il vasto dormitorio) e che paradossalmente è costretto a subire ed accettare. A ricevere tra le mani questo destino inevitabile, questo ciclo di vita e di morte che fa parte di noi stessi, di cui non possiamo e non vogliamo fare a meno.

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kabubi81 Opinione inserita da kabubi81    04 Mag, 2011
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Non lasciarmi

Ishiguro apre le porte (o meglio, le schiude appena un po') su un mondo tanto fantascientifico quanto quotidiano, un mondo fatto di "studenti" speciali, istruiti e tutelati all'interno di una scuola chiusa agli estranei, che crescono preparandosi ad affrontare un singolare destino... Dico che le porte vengono solo schiuse perchè a mio parere tante dinamiche potevano essere spiegate più approfonditamente, magari tralasciando qualcuno dei numerosi dialoghi privi di utilità al fine della storia... Ma è stata comunque una lettura piacevole e credo leggerò anche "Quel che resta del giorno" visto che è considerato il capolavoro dell'autore.. vi saprò dire!

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samira Opinione inserita da samira    15 Aprile, 2011
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Il vero orrore di questo romanzo è l'assenza di or

Ho apprezzato alcuni elementi del libro: lo sforzo dell'ambientazione, che cerca di darci sempre l'impressione di uno spazio costretto, separato, racchiuso, invalicabile oltre che desolato, facendo spesso ricorso a immagini di siepi,
reticolati, steccati, paludi, campi incolti e fangosi di contro un cielo grigio ma immenso. L'autore si lascia però sfuggire l'occasione di far decollare la metafora spaziale, per esempio perdendosi in dialoghi di un minimalismo snervante in occasione della visita alla barca arenata nella palude, che invece era suscettibile di uno sviluppo meraviglioso. Va a segno invece il progressivo scadere e farsi sempre più desolato del paesaggio in cui è ambientata via via la storia, a mano a mano che si fa luce nei protagonisti e nel lettore la consapevolezza della verità: dal ridente e verdeggiante (seppure con i suoi angoli ambigui e i boschi lontani e inquietanti) di Hailsham, alla fredda e fangosa campagna che circonda i cadenti Cottages, fino alla desolazione di Kingsfield.
Siamo abituati alle costruzioni di distopie fantascientifiche, in cui si realizza la graduale presa di coscienza di una realtà separata, cioè la rivelazione sia ai personaggi che al lettore che la realtà che fino ad allora si riteneva tale, in realtà è solo una costruzione più o meno virtuale e artificiosa, e quasi sempre orribile. Ciò che manca in questo romanzo è il minimo afflato a rompere lo schermo, a liberarsi dalla costrizione disumana di un sistema tirannico e ipertecnologico, anzi manca proprio la percezione di un sistema con queste caratteristiche. Manca la percezione delle proprie catene e dei propri carcerieri, che sono del tutto assenti.
Il vero orrore di questo romanzo è l'assenza di orrore. Si viene a scoprire piano piano la verità, strato dopo strato, anche attraverso un impiego un po' confuso di flashback, ma senza mai un vero colpo di scena, e anche il lettore, pagina dopo pagina, è come se si impaludasse in un'accettazione passiva di quel sistema di valori che nessuno accenna a contestare. L'orrore emerge in una veste agghiacciante e totalmente asettica di normalità. Ma neanche i protagonisti cloni fanno eccezione. Kathy è di una disumanità disarmante e a volte irritante. Una che percorre tutti i giorni miglia su miglia, che ha letto tanti libri, il meglio della letteratura mondiale, e non prova minimamente il desiderio di ribellarsi e fuggire. Assoluta mancanza di desiderio, che sia di cambiamento o di libertà, in pratica assoluta disumanità. Come potrebbe infatti una persona umana fare l'assistente per tanto tempo, a contatto con un orrore come quello, accettandolo passivamente, senza metterlo minimamente in discussione? Questo l'ho trovato più disumano del sistema che ha generato quegli orrori. Molto lontano dalle distopie con speranza di riscatto di 1984 o di Fahrenheit 451. E credo che lo scopo dell'autore è proprio questo: dimostrare che non c'è scampo. Ognuno accetta il proprio destino di carne
da macello senza obiettare, senza un minimo accenno di ribellione.
A mio avviso l'autore ha anche mancato un altro obiettivo. Se questi "studenti" sono solo pezzi di ricambio, avrebbe dovuto sottolineare maggiormente la loro
fisicità, il loro essere corpi, e invece questo elemento è quasi del tutto assente, manca qualsiasi descrizione fisica, preferendo l'autore indugiare
su una psicologia spicciola di sensazioni interiori. Un libro che sicuramente lascia il segno, o quanto meno un senso di gelido e di vuoto.

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Opinione inserita da alan smithee    11 Aprile, 2011

io, clone triste

Ho letto in fretta i giorni scorsi questo romanzo - che avevo acquistato tempo addietro e lasciato li alla polvere - in modo da riuscire a terminarlo e poter vedere nei cinema l'omonima trasposizione cinematografica prima che la affrettata distribuzione italiana lo faccia scomparire dagli schermi.
Capita raramente che un film superi l'opera originale da cui e' tratto. Al momento ricordo solo Blade runner e I ponti di Madison Square, entrambi nettamente superiori al testo da cui sono stati tratti, ma ne esisteranno probabilmente ancora altri.
Certamente la regola vuole che l'adattamento cinematografico sbiadisca in parte le emozioni della pagina scritta, arricchita dalla personale percezione e immaginazione che ogni lettore riesce a dare del testo, diventando ognuno un regista di un proprio adattamento personale ed interiore.
In questo caso tuttavia la convincente trasposizione di Marc Romanek contribuisce a chiarire e comunicare indizi che Ishiguro, scrittore pudico e delicato, omette o tarda a chiarire nel romanzo, concentrandosi fin troppo nei sentimenti dei singoli protagonisti.
Si perche' dopo le prime 50 pagine al lettore interessa soprattutto sapere cosa ci sta sotto a tutta questa organizzazione che alleva giovani e sani virgulti isolandoli dalla vita e dal caos cittadino; che complotti sono stati orditi e come sono stati concepiti questi ragazzi, e se essi siano davvero la carne da macello che si intuisce (solo e vagamente) siano.
Il fatto poi che l'opera sia un romanzo/film di fantascenza ambientato in un passato recente, e' certamente un'aspetto originale, che rende certamente piu' agli occhi che sulla carta.
In entrambi i casi se ne esce con una grande tristezza (al cinema qualche spettatrice si asciugava imbarazzata liquidi lacrimoni).
E il bel volto triste e dolente di Carey Mulligan (giovane e lanciatissima star molto dotata ed espressiva), che alla fine del film si rassegna ad una fine sacrificale ormai vicina, e' davvero straziante e giustifica episodi di sentita commozione da parte del pubblico. Per il lettore (per me lettore), un senso di disorientata, infinita tristezza.

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