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Il paese dell'alcol
 
Il paese dell'alcol 2021-09-08 05:01:14 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    08 Settembre, 2021
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La perdita di ogni ritegno

"Ecco il piatto più famoso della nostra città: Il bambino dono dell’unicorno. Lo serviamo agli ospiti stranieri per lasciare loro un ricordo indimenticabile e riceverne l’apprezzamento. Con questa pietanza abbiamo fatto guadagnare alla nazione preziosa valuta straniera. Lo serviamo agli ospiti di particolare riguardo e voi siete uno di questi". Come reagireste se, attendendo la portata principale di un pranzo che si preannuncia luculliano, vi vedeste servire a tavola un bambino? È mai possibile, nel ventesimo secolo e in un paese progredito come la Cina, che si pratichi ancora il cannibalismo? Esistono davvero genitori pronti a mettere al mondo figli con l'unico intento di farli crescere quel tanto che basta a rivenderli come agnelli o vitellini al mercato della carne? Nella Cina ancora scossa dai fatti di piazza Tienanmen, si vocifera che, dalle parti di Jiuguo, in una zona famosa per la distillazione tanto da passare sotto il nome di "paese dell'alcol", si serva sulle tavole più importanti succulenta carne di cucciolo d'uomo cucinata con la sapienza, l'estro e la maestria degli chef più rinomati. Un delitto che non è neanche possibile pensare di poter tollerare. Dalle più alte sfere del partito arriva quindi l'ordine di mandare qualcuno ad indagare, per mettere fine ad un simile scempio. Per una indagine così importante non si può non affidarsi al miglior investigatore della Procura suprema: Ding Gou’er. Lo sbirro si reca sul posto con il preciso intento di farla pagare cara ai terribili orchi. "Tremate, delinquenti e mostri disumani e voi giusti e onesti rallegratevi e applaudite al mio sparo! La giustizia trionfa! Viva la verità, viva il popolo, viva la Repubblica! Un evviva ai nostri preziosi figli, ai maschietti e alle femminucce, alle madri dei maschietti e delle femminucce! E un Evviva anche a me stesso! Viva, viva, viva!" L'indagine tuttavia prende subito una brutta piega e il nostro protagonista si troverà presto impantanato in un turbine di alcol, sesso, loschi affari. Esplicito esempio di quel "realismo allucinato" che tanto ha reso celebre l'autore portandolo fino al premio Nobel, questo libro di Mo Yan si prefigge il chiaro intento di mettere alla berlina, attraverso metafore, similitudini, non troppo velati riferimenti, una società cinese in cui la corruzione, il degrado morale, la sete di denaro e di potere, acquistano un ruolo sempre più rilevante. Il progresso, il benessere, la competizione, portano l'uomo ad avere bisogni sempre maggiori, per soddisfare i quali non bada a sacrificare i suoi simili, arrivando perfino a trasformare i suoi stessi figli in carne da macello. La satira dell'autore si muove in un continuo alternarsi di realtà e di finzione, di atmosfere a tinte forti e situazioni ai limiti della comicità, di momenti di grande tensione e altri di stasi emotiva, costringendo il lettore a tenere alta l'attenzione e a chiedersi di continuo qual è il vero messaggio di ciò che sta leggendo. Personaggi di ogni risma compaiono e scompaiono alternandosi, confondendosi, scontrandosi. Dal dirigente corrotto alla sexy camionista, dal nano ninfomane al dottorando di ricerca sull'alcol, dal bambino ricoperto di squame allo stesso Mo Yan che, ad un certo punto, ritroviamo dall'altra parte della penna a barcamenarsi anch'egli, come i personaggi da lui creati, in questa rocambolesca avventura in cui a farla da padrone è l'alcol con i suoi sapori, i suoi profumi, la sua storia, i suoi spesso incontrollabili e imprevedibili effetti. "Ma io sono un dottorando di ricerca sull'alcol e passo il mio tempo a esaminare i liquori, a sentirne l'aroma e a berne. Io e l'alcol ci abbracciamo, ci stringiamo e ci strofiniamo tutto il tempo: perfino l'aria che respiro è impegnata di alcol. Mi sono immedesimato nello stile e nel carattere dell'alcol. Quando si parla di nutrimento spirituale, e ci si domanda cos'è, eccolo spiegato. L'alcol ha nutrito e impregnato il mio spirito, e io non riesco più a conformarmi alle regole. Perché il tratto distintivo dell'alcol è la dissolutezza: si dà libero corso alle parole, perdendo ogni ritegno".

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Commenti

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Recensione interessante, Enrico. Questo libro temo non sia facile da reggere ; la stessa definizione di "realismo allucinato", un paradosso linguistico, non m'incuriosisce. Già il titolo del testo pare del tutto in linea con la corrente letteraria in cui è collocabile.
In risposta ad un precedente commento
enricocaramuscio
10 Settembre, 2021
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In effetti è una lettura un po' "sui generis" e capisco che possa inibire alcuni lettori. Di Mo Yan avevo letto finora soltanto Sorgo rosso, anche quello, per dirlo con le tue parole, non facile da reggere, sebbene molto molto bello e interessante.
C.U.B.
10 Settembre, 2021
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Ciao Enrico, io non sono riuscita a leggere tra le righe di questo romanzo fi Mo Yan, autore che ho amato molto in altre letture. Lo ho trovato disturbante, tant'è che ho proprio venduto il libro.
È la fine peggiore che possa fare un volume in casa mia!!!
In risposta ad un precedente commento
enricocaramuscio
11 Settembre, 2021
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Ciao C.U.B. Ho letto la tua recensione negativa e ne comprendo le motivazioni. Io forse l'ho apprezzato perché sapevo già cosa aspettarmi, avendo letto diversi e contrastanti giudizi prima di avventurarmi nell'impresa.
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