Il vecchio e il mare Il vecchio e il mare

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Lonely Opinione inserita da Lonely    12 Ottobre, 2022
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la mar

Hemingway scrivendo questo racconto breve, il vecchio e il mare, pubblicato nel 1952, prende spunto da una storia vera che gli viene raccontata, dagli abitanti di Cojimar, un villaggio di pescatori vicino a L’Avana.
Santiago è un vecchio pescatore con tanta esperienza e poca fortuna, 84 giorni in mare senza prendere un solo pesce. Manolin il ragazzo che lo aiuta e pesca insieme a lui è costretto a lasciarlo per un'altra barca più fortunata della sua. Così, l’85simo giorno, quello giusto, Santiago esce all'alba in mare da solo anche se “nessuno era mai solo sul mare" e prende il largo per tentare la sorte, e la fortuna finalmente abbocca: aggancia un Marlin così grosso che però , per sfuggire alla cattura, lo tira con sé portandolo in alto mare in mezzo all’oceano, per tre giorni e due notti.
Qui inizia la sua lotta, quella che affronta per non soccombere, quella per dimostrare di essere ancora bravo e utile, nonostante sia vecchio e sfortunato.
Una lotta ad armi pari, espressa dalla forza fisica e dalla volontà.
Santiago è ostinato e nonostante le avversità e la stanchezza vuole a tutti i costi, anche quello di morire, riportare a casa il Marlin più grosso che abbia mai sognato.
Una lotta oltre i suoi limiti, tenace e resiliente, la cui morale è evidente: non arrendersi mai neanche davanti alle avversità, pur sapendo che alla fine il risultato sarà gramo.
L’altro grande protagonista di questo romanzo è il mare, la mar, “come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte chi lo ama ne parla male, ma sempre come se fosse una donna”, “che se si comportava brutale e spietato era perché non poteva farne a meno. Subisce l’influenza della luna come una donna.”
Il mare è il perno del racconto, è il luogo in cui l’uomo incontra la natura e con la quale allo stesso tempo, paradossalmente, si scontra. “Allora il pesce tornò in vita, recando in sé la sua morte, e si librò alto fuori dall’acqua mostrando tutta la sua grande lunghezza e larghezza e tutta la sua forza e la sua bellezza”.
Un altro grande tema della storia è il tempo, il tempo si dilata, sembra interminabile, ma in fondo tutto si svolge in tre giorni e due notti, che però sembrano non finire mai. La battaglia è così sfiancante, che diventa straziante, perché è la vita contro la morte.
Molti sostengono che questa battaglia sia, appunto, una grande metafora della vita, ma Hemingway stesso invece asserisce che il simbolismo non esiste, che è solo “un trucco degli intellettuali" e che invece sono gli uomini semplici con i loro pensieri e le loro azioni ad emozionare. E che questo è solo un racconto di quelli che i pescatori amano fare al rientro in porto la sera con i loro amici davanti a una bottiglia e tanti bicchieri.
Ed ammesso che sia solo questo, Hemingway racconta quello che sa, ma lo fa con maestria e leggerezza in un atmosfera così coinvolgente che anche chi non conosce la materia ne rimane affascinato.
Il libro, edito dieci anni prima della sua morte, è l'ultima opera di Hemingway, che, come scrisse al suo editore, «gli pareva potesse fare da epilogo a tutto quello che aveva imparato o aveva cercato di imparare mentre scriveva e cercava di vivere».

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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    07 Febbraio, 2021
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E poi tutto finisce

Me lo immagino il vecchio buon Ernest, che al crepuscolo della vita osserva l'ennesimo tramonto infocato sul mare e con occhi sognanti ripensa alla sua avventurosa, significativa, unica esistenza e non senza rimorso vorrebbe avere un ultima opportunità di solcare le acque alla ricerca di un quello scampolo di felicità prima che il buio ponga fine al suo cammino.
E nel personaggio di Santiago si riversano tutti i sogni di questo scrittore che segnò indelebilmente un epoca e la storia della letteratura mondiale.
La lotta senza possibilità dell'anziano, disperato, solo pescatore contro la natura è l'emblema della vita di questo artista che con la sua poetica ha provato ha sfidare il Tempo, a lottare per un sogno che era quello di trasmettere le proprie sensazioni, la propria voglia di avventura il suo inarrestabile desiderio di ergersi oltre la superfice delle cose. Il suo profondo amore per l'esistenza, le donne, la sensualità, il mondo da scoprire e scoperchiare.
Santiago osserva il mare calmo, ne scruta le increspature delle acque. Ogni ombra, ogni riflesso che lambiscono i fragili bordi della sua misera imbarcazione, spersa nell'immenso Oceano, sono per il nostro eroe gioia e diletto, paura e presagio di morte. Un continuo infinito balletto, un puntino sospeso sopra gli abissi. Ogni movimento può essergli fatale, ma assapora la libertà che solo la natura ci può donare, i silenzi i colori dell'immenso creato. E quando finalmente il grande pesce abbocca e con ferocia da Leviatano decide di non soccombere al pescatore, ma di trascinarlo nelle acque che hanno il colore del cielo, il protagonista decide che quella preda deve essere portata a terra, come ultimo trofeo, come prova che in lui c'è ancora un briciolo di vita, forza, speranza.
La natura alla fine avrà inesorabilmente la meglio sul vecchio uomo.
Egli tornerà sulla terra ferma, nessuno si accorgerà di lui, ormai è inutile agli uomini, è un derelitto. Ma un ragazzino con la sua innocenza cercherà di confortarlo nel momento dell'abbandono delle forze.
Ed ecco che Ernest allora con l'inseparabile sigaro volge lo sguardo al mare, ripensa a quanto unica possa essere ogni singola esistenza, ne immagina il lato romantico, poetico, irripetibile. E nella lotta del protagonista del romanzo, contro le forze inarrestabili della Natura, ripensa alla più grande sfida che ogni essere conduce, da quando viene al mondo: vivere/sopravvivere.

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MaxRenn Opinione inserita da MaxRenn    07 Dicembre, 2020
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La lotta per la vita

Santiago è un anziano uomo di mare che non riesce a pescare più nulla da ben ottantaquattro giorni. Si sente perseguitato dalla sfortuna, e della sua malasorte sono convinti anche quelli che lo circondano: da tempo ormai ha perso l’aiuto del giovane Manolo, passato sulla barca di qualcun altro la cui sorte appare decisamente migliore. Spezzato nel corpo e nell’anima, ma non ancora piegato, con cocciutaggine si imbarca per l’ennesima volta, spingendosi al largo il più possibile, in cerca di pesce ma soprattutto di riscatto. Alla sua lenza abboccherà il più grosso pesce spada che gli sia mai capitato nella sua lunga carriera: diverrà presto una battaglia per la sopravvivenza, protratta per giorni di fatica disumana, ma anche di un rispetto profondo dell’uomo per la sua vittima necessaria. Il pesce soccomberà all’indomita volontà del vecchio, ma sarà solo l’inizio di una lotta contro la natura e il destino beffardo.
Il mare immenso circonda e sovrasta il piccolo uomo tenace, eppure la soverchiante forza superiore non riesce a dissuadere il protagonista dai suoi propositi, che si arrangia in mille modi pur di raggiungere il suo obiettivo, che pare sempre più chimerico anche ai suoi stessi occhi, eppure non per questo si lascia tentare dallo sconforto e da una facile, seppur sensata, ritirata. Preferirà sanguinare (letteralmente) pur di portare a casa un risultato, fosse anche solo quello di averci provato, stremando se stesso e il suo vecchio corpo acciaccato.
Forse il lavoro migliore di Ernest Hemingway, di sicuro quello più vicino al suo sentire; pur essendo un romanzo piuttosto breve, qui c’è tutta la sua poetica, alla massima potenza: la lotta quotidiana dell’uomo per realizzare se stesso; la natura che ammalia ma è pronta a schiacciarti in ogni momento; il coraggio e la forza di volontà insopprimibili; il senso di morte incombente che toglie ogni senso, ma mai la forza di opporsi a esso, per quanto inutile e assurdo possa sembrare ogni sforzo.
Santiago si fa simbolo della rivolta ai propri limiti, alla natura, alla morte: per quanto inevitabilmente sconfitto, ne esce almeno in parte vittorioso; integro nella propria dignità, malinconico ma mai disperato, otterrà rispetto e ammirazione al termine della sua titanica impresa, anche se infruttuosa. Il vecchio e il mare è un classico della letteratura marinaresca, allo stesso livello di opere altrettanto celebri come il Moby Dick di Melville e Lord Jim di Conrad. Insomma, da leggere almeno una volta nella vita.

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Moby Dick, Tifone
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    03 Giugno, 2018
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Oltre il limite

Nella sua ultima pubblicazione “Diventare se stessi”, Irvin Yalom, psichiatra americano che stimo, racconta del ritrovamento di alcune lettere inedite di Ernest Hemingway all’amico Buch Lanham. Gli scritti riletti dallo psicoterapeuta offrono una lettura puntuale della psiche dello Scrittore, premio Nobel, suicidatosi nel 1961. Yalom dichiara: “… uomo estremamente problematico, con pulsioni accanite, che in preda a una psicosi depressiva paranoide si è ucciso all’età di 62 anni” (p.192).

Scelgo di rileggere Il vecchio e il mare, non certo alla ricerca del disturbo psicologico, ma con un sentimento di lettrice compassionevole, condividendo lo sguardo e l’ascolto di Fernanda Pivano che all’Autore si dedicò, incontrandolo fra Venezia, Cuba e Cortina e che, appassionatamente, tradusse in italiano le sue opere.

Il romanzo racconta del vecchio cubano Santiago, sfortunato da mesi nella pesca e del suo giovane apprendista Manolin, consigliato malamente dai genitori di accompagnarsi a più esperti pescatori. Santiago, da solo, decide di avventurarsi per sfidare la malasorte e per rivendicare la sua professionalità. Finalmente, un gigantesco marlin abbocca all’amo e, per tre giorni, l’abile pescatore, con forza sovraumana, attira il pesce verso lo scafo e riesce ad ucciderlo. Purtroppo, sulla via del ritorno, la carne del marlin attira gli squali, lasciando dietro di sé un’abbondante scia di sangue. Santiago è presente fino in fondo nella sua guerra, ma arriva in porto con pochi brandelli. Sfinito e rancoroso, il vecchio lascia la grande carcassa attaccata allo scafo e si addormenta mentre molti, accorsi sulla spiaggia, ne ammirano l’impresa.

“Non hai ucciso il pesce soltanto per vivere e per venderlo come cibo, pensò. L’hai ucciso per orgoglio e perché sei un pescatore. Gli volevi bene quand’era vivo e gli hai voluto bene dopo. Se gli si vuol bene non è un peccato ucciderlo. O lo è ancora di più?” (p.77)

È stanco il vecchio, è stanco dentro e sanguinante nelle mani che imbrigliano la preda, attraverso le funi solide e le azioni fiere. Il marinaio torna vincitore avendo perso e dichiara che: “… l’uomo non è fatto per la sconfitta… l’uomo può essere ucciso, ma non sconfitto”. La pesca è scarsa, ma in quella barca vuota, è in gioco la dignità. “Pesce resterò con te fino alla morte” decide Santiago che non può accettare l’atto incompiuto. Il grande marlin che abbocca è la condanna che lo immobilizza nel moto all’infinito dell’attesa: deve farcela, non deve mollare, deve dominare l’enorme corpo del pesce conquistato, solo così potrà ancora essere vivo.
“Come vorrei che ci fosse il ragazzo”, è la parola ripetuta come un mantra, una preghiera, una sfida, come il rimpianto per il puer che vive dentro, disperso. È Manolin che si prende cura del vecchio amico, consentendogli di rinnovare la speranza, di sentirsi esistere.

Non azzardo diagnosi sull’Autore, ma riconosco l’odore e il sapore salato della tristezza, il colore scuro dell’impotenza, la consegna alla realtà che non è rassegnazione, ma è fiducia ultima nella vita, comprendendo anche la morte.
Hemingway ribadisce che, in fondo, l’uomo non vince mai ed è la fatica che importa e che rimane motivo di orgoglio. Da psicologa rifletto sulla vecchiaia come una condizione dello spirito, determinata non solo dagli anni, ma dal carico di fatica e di amarezza e mi soffermo sull’ordine patriarcale “Metticela tutta” con il quale io stessa, ancora, faccio i conti. Capisco che, talvolta, può valere la scelta di smetterla di sforzarsi, di insistere, di riprovarci. Seguendo il pregiudizio antico ed obsoleto, non è da uomo, è davvero da donna l’apprendimento di lasciare andare, ad un certo punto. La proposta per ogni persona in evoluzione è di scambiare l’ordine “Io devo sforzarmi” con la possibilità “Io posso sforzarmi, se desidero. Oppure, no”. Recupero, così, la parte sana della maledizione copionale. Provarci ancora e ancora e crederci, non per vincere, ma perché non c’è un’altra vita, per fedeltà alla vocazione di essere umano e di pescatore. Non è la lotta, è il naturale lavoro di chi, vecchio, desidera concludere. È l’inutilità della bellezza.

E, allora, la pesca diviene un pretesto, un mezzo per continuare a conversare fra sé e l'eterno. Il mare ne è la misura, a registrare il momento massimo della coscienza. Non è il vecchio, è la vecchiaia come esperienza di vita che cerca la risoluzione, il guadagno, la chiusura giusta. È che quella lisca di pesce enorme ha un prezzo altissimo. Ed è solo una carcassa. È l'ombra di ciò che sarebbe dovuto essere. È il riflesso scarno di un’azione faticosa e vitale. Rimane il segno. Lo scheletro forse non basterà a raccontare lo sforzo, il coraggio, la fede, la ragione del viaggio. Accolgo e attraverso la vecchiaia come esperienza, non da vecchia, infine, in autonomia e senza ricatti dell’ordine genitoriale, continuando a sognare i leoni.

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Vita93 Opinione inserita da Vita93    04 Ottobre, 2017
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Per l' eternità

Ernest Hemingway è uno dei tanti autori tra i quali cito anche Joyce, Steinbeck, Fitzgerald, le sorelle Brontë, che ho iniziato ad approfondire circa cinque anni fa grazie al programma scolastico dell’ ultimo anno del Liceo del mio professore di inglese, volto a farci conoscere i maggiori esponenti della letteratura otto-novecentesca.
Nonostante la buona volontà di quel professore e la sua passione per l’ avventuroso Hemingway, ho rimandato la lettura del mio primo romanzo di questo autore fino a qualche giorno fa.
E quale opera migliore per cominciare se non quella che ha permesso al nativo di Oak Park di vincere un premio Pulitzer e un Nobel.

“ Il vecchio e il mare “ tratta le tematiche preferite di Hemingway, siano esse il coraggio dell’ essere umano e il suo immergersi nella natura consapevole di sfidarne le avversità senza poterne allo stesso tempo fare a meno.
Inutile soffermarmi sulla trama o sui personaggi arcinoti come ogni classico degno di essere chiamato tale.
Cercherò di dare maggior risalto alle sensazioni che mi ha trasmesso la lettura, facilitato da uno stile apparentemente asciutto e semplice ma in realtà evocativo e comunicativo.

Mi ha colpito il rapporto di affetto tra il vecchio pescatore, Santiago, e il giovane Manolin. I genitori lo hanno convinto ad allontanarsi da quel vecchio che non porta a casa un pesce da mesi e sembra colpito dalla sfortuna, ma il ragazzo continua ad occuparsi di quello che considera a tutti gli effetti un maestro di vita.
Traspare dalle righe il profondo rispetto che il vecchio ha per il mare e per il pesce che lo terrà occupato per tre giorni, un marlin tenace e determinato.
Entrambi lottano per qualcosa. Il pesce combatte per la propria sopravvivenza. Santiago lotta per dimostrare a se stesso di avere ancora un valore e un orgoglio, di essere superiore a un periodo di pesca sfortunata. Sa che prima o poi la ruota della fortuna girerà dalla sua parte, e deve farsi trovare pronto e più coraggioso che mai. Come un pugile che sul finire della carriera mantiene ancora dentro di sé l’ energia, il fuoco per un ultimo grande incontro.
Ma nonostante sappia cogliere al volo l’ occasione di catturare il gigantesco marlin, Santiago e la sua barca finiscono talmente al largo che per concludere l’ impresa e portare il pesce integro a casa, si trova costretto a difenderlo dagli attacchi degli squali in una battaglia dall’ esito scontato ma che non scalfisce la statura morale di un protagonista con sufficiente esperienza per non esasperare né la vittoria né la sconfitta.

Hemingway ha sempre rifiutato di considerare questo romanzo come un’ allegoria, una metafora della vita stessa.
Eppure è impossibile non associare le figure di Santiago e del pesce a quello che vorremmo essere, strenui lottatori orgogliosi di difendere qualcosa in cui ci riconosciamo; quella poetica e insidiosa del mare alla vita quotidiana, capace di offrire opportunità, porre ostacoli e misurare quanto siamo disposti a investire in qualcosa in cui crediamo. E il ragazzo, Manolin, a ciò che in realtà spesso siamo, consapevoli che non sempre un qualcosa che è oggettivamente meglio per noi è quello che istintivamente ci sentiremmo di fare.

Non ho mai avuto l’ abitudine di rileggere i libri dopo una prima volta, ma credo che “ Il vecchio e il mare “ sia uno di quei pochi casi in cui un romanzo comunica sempre qualcosa di diverso a seconda del momento in cui viene aperto.
Credo che sia una lettura che si apprezza maggiormente con il trascorrere degli anni, a patto di affrontarla ogni volta in silenzio, in solitudine e con la concentrazione che merita.
E credo che mi resterà in mente per sempre, per tutta la vita.

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combinazionimagiche Opinione inserita da combinazionimagiche    11 Mag, 2017
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Il senso di una vita intera

“The old man and the sea”, un capolavoro, assoluto, Il regalò più bello di una vita, intera. Come quello che avrà Santiago alla fine del romanzo…
A primo impatto sembra solo il racconto di un vecchio e delle sue battute di pesca, fallimentari per lo più…ma basta calarsi davvero nello spirito di Hemingway per cogliere il senso di una vita. Una vita intera.
Passano 84 giorni, giorni in cui Santiago esce in mare e rientra senza una preda, neppure la più misera, ed è in questa descrizione della frustrazione del Vecchio che Hemingway si supera, una descrizione reale, coinvolgente nella sua semplicità. Egli sfida la “malasorte” da cui è stato colpito, coadiuvato dal giovane Manolo, suo allievo fedele, uscendo in mare in cerca di fortuna, una fortuna che non arriva. Anche lui lo lascerà, obbligato dai genitori a cercare la sua fortuna altrove, su pescherecci più redditizi.
E’ solo Santiago il giorno in cui si imbatte nelle preda più importante della sua vita, con la quale lotta fino allo sfinimento. Lotta con le mani – sua unica forza – che lo abbandonano, e allora si affida a Dio, un Dio in cui lui stesso ammette di non aver mai creduto.

"Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c’è"
E’ proprio pensando a quello che ha, alla forza interiore e a quella preda desiderata per giorni, per anni, per una vita forse che riuscirà ad avere la meglio sul grande pesce spada dei Caraibi.
Il vecchio ha un legame con la natura che attraversa tutto il romanzo e si palesa nella sua straordinaria potenza, nel rispetto verso la preda, nei dialoghi che intrattiene con il pesce.
"Mi stai uccidendo, pesce, pensò il vecchio. Ma hai diritto di farlo. Non ho mai visto nulla di grande e bello e calmo e nobile come te, fratello. Vieni a uccidermi. Non m’importa chi sarà ad uccidere l’altro."
Tornerà a casa con solo la carcassa ma avrà vinto sulla maledizione e sulla vita, su tutti quelli che lo avevano dato per finito, per vecchio.E’ questo il senso più profondo di tutto il romanzo, ciò che ai più appare come l’ennesima sconfitta, se analizzata bene, scrutata, può rivelarsi la migliore delle vittorie, perchè

"Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto."

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Mane Opinione inserita da Mane    25 Febbraio, 2017
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Santiago e il Marlin

“Tutto in lui era vecchio tranne gli occhi che avevano lo stesso colore del mare ed erano allegri e indomiti”

Fu tanti anni fa quando lessi questo libro per la prima volta, l’ho voluto riprendere tra le mani, per coglierne ancora una volta l’ammaliante sapore di salsedine e di sogno.
E’ tornato, di diritto, a riconquistarmi come allora.

“Il vecchio e il mare” più che un romanzo è un racconto lungo, che alla sua semplice struttura, fatta di una trama lineare, pochi personaggi e una sintassi molto essenziale, coniuga la complessità delle meditazioni. È una collezione di piccole conchiglie modellate dall’acqua del mare, che se accostate all’orecchio con attenzione dischiudono preziose missive custodite nel loro canto.

C’è la sfida dell’Uomo che si misura con la forza degli Elementi, celebrata attraverso l’interpretazione più nobile della pesca (e della caccia più in generale), come solenne rito di simbiosi con la Natura. C’è la solidarietà, la commovente complicità e la stima reciproca tra il vecchio ed il giovane, il saggio e l’apprendista. C’è il tema della solitudine e dell’isolamento dell’anziano, visitato con vibrante coinvolgimento durante il racconto, “Si accorse di come era piacevole avere qualcuno con cui parlare invece di parlare soltanto a sé stesso e al mare.”

Lo stile di scrittura è straordinario nell’evocare attraverso l’espediente del soliloquio, quei momenti di intensissima concentrazione e tensione che mettono alla prova la forza di volontà. In questa dimensione il tempo si dilata e si chiamano a raccolta le riflessioni più profonde e le più assurde, si fa appello al culto dei miti (Joe DiMaggio) e non ultime si risvegliano la Fede e la superstizione. Quest'ultima (così ben personificata dalla mano sinistra traditrice) si fa strada come un balsamo per il cuore provato dagli stenti, quando la fatica tiene in scacco la ragione, donando tregua e nuova linfa per scongiurare l’onta di abbandonare il campo prima del termine della titanica contesa.

"Il vecchio e il mare" di Hemingway non si può dunque sottrarre, complice la parziale condivisione di temi e scenari, al confronto con "Moby Dick" di Melville, ma nel mio immaginario, per l’affetto che gli serbo, è la piccola storia del vecchio Santiago ad aver la meglio sul possente leviatano di carta del leggendario Capitano Achab.

“Congiunse le mani e si tastò le palme. Non erano morte e gli bastava aprirle e chiuderle per risuscitare il dolore della vita.”

In questo libro Hemingway compie un prodigio, regalando alla meccanica semplice dei gesti di un pescatore la profondità e il mistero degli abissi dell’Oceano.

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    09 Dicembre, 2015
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La vittoria nella sconfitta

Quando ho terminato la lettura de "Il vecchio e il mare", ho provato a immaginare la reazione di diversi tipi di lettore.
Il lettore occasionale, che si trova a leggere la breve descrizione della trama sul retro del libro, potrebbe dire: "Cosa diavolo c'è di interessante in un vecchio che se ne va a pescare? Meglio che compri l'ultimo libro di Ken Follett".
Il lettore inesperto ma abbastanza temerario da immolarsi nella lettura suddetta, una volta terminata potrebbe dire qualcosa di simile al lettore occasionale.
Il lettore esperto, invece, che sa bene come leggere questo genere di libri, e che è perfettamente consapevole della ricchezza inestimabile di significati che si può celare in una storia apparentemente semplice, saprà trarre il meglio dalle pagine che sfoglia.
Questa acclamata opera del tormentato Ernest Hemingway, può prendersi come emblema perfetto di questo concetto. Nella semplicità del suo stile, lo scrittore americano rende i suoi personaggi, come il vecchio Santiago, persone in carne ossa, gettate in uno scenario reso anch'esso reale e del quale viene messa in risalto la reale essenza e il ruolo che ha nella vita dell'uomo.

E così, dipinto nelle semplici parole scritte da Hemingway, il vecchio pescatore Santiago parte verso il largo in cerca della fortuna che gli è mancata per ben ottantatré giorni. Ormai è solo al mondo ed ha come unico affetto un ragazzino al quale ha insegnato a pescare, ma che è stato costretto dai propri genitori a lavorare per pescatori più "fortunati". Per questo motivo Santiago intraprende in solitaria questo suo viaggio, che si rivelerà la più grande avventura della sua vita.
Un pesce spada di enormi dimensioni abbocca al suo amo, e la lotta tra lui e il pescatore durerà per giorni, prima che quest'ultimo possa raggiungere la vittoria. Ma quella vita che il vecchio ha conquistato con il sangue, portando al limite lo sforzo a cui può sottoporre le sue membra e le sue ossa stanche, se la vedrà strappare dalle mani dalla natura stessa, con molta più facilità.
Non importa quanto il trionfo dell'uomo sia grande, esso non sarà mai assoluto, eppure, assoluta non sarà mai nemmeno la sconfitta. Quel che importa davvero è lo sforzo che si è fatto per affrontare il destino, le lotte, le battaglie. Sarà nella consapevolezza di aver lottato, di averlo fatto tenendo la testa alta e petto in fuori, che si troverà la vittoria nella sconfitta, e il perdente potrà considerarsi un vincitore. Forse questa consapevolezza può trovarla soltanto un vecchio come Santiago, nella sua saggezza, perché per un giovane è più facile considerare una sconfitta soltanto come tale, senza trarne alcun lato positivo. Ma per un vecchio che è saggio, una sconfitta che può distruggere può invece trasformarsi in una vittoria che ci dia l'occasione di ricominciare, o almeno, di continuare a lottare.

"[...] Soltanto non ho più fortuna. Ma chissà? Forse oggi. Ogni giorno è un nuovo giorno. È meglio quando si ha fortuna. Ma io preferisco essere a posto. Così quando viene sono pronto."

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    07 Luglio, 2015
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Ay..!! Ay..!

Una delle maggiori qualità e caratteristiche di Hemingway risiede nella innegabile capacità di dare risonanza mitica all’esperienza del singolo senza perdere il contatto con gli elementi della realtà che la fondano. “Il vecchio e il mare” è sicuramente una delle opere che meglio riesce a concretizzare questo dato.
Santiago è un vecchio pescatore nato per fare questo e nessun altro mestiere. Colpito dalla malasorte sono ben 84 giorni che non riesce a catturare, e dunque commerciare, una preda. La sua vita è colta dalla povertà eppure nella sua figura non mancano peculiarità quali il rispetto per la natura e per i propri simili, il coraggio, l’umiltà, la saggezza. Egli è voce dell’esperienza, il mare è la sua culla, la sua vera casa, la sua essenza è incontenibile da quanto profonda e caratteristica.
Manolin, allievo dell’uomo, è stato costretto a causa dei tempi duri a lasciare il suo mentore e a prestare lavoro presso un’altra più fortunata imbarcazione. Eppure non passa giorno che la sua mente non vada al quel maestro di vita che gli ha insegnato tutto quello che sa nonché ad essere quello che è.
Molteplici sono le qualità del romanzo. In primo luogo non si può non cogliere la forza delle parole accuratamente ricercate nella semplicità, nel linguaggio parlato. Quella di Hemingway è la scelta di un vocabolario quotidiano con una minima aggettivazione ed un enorme controllo delle emozioni; la dignità che Santiago trasmette nonostante le sue sventure, fa riflettere su quali siano i veri valori della vita. Tutto questo rende “vivo” il vecchio che non è percepito come un personaggio di mera fantasia bensì come un uomo in carne ed ossa. La sensazione è quella di essere con il maestro sulla barca, è percepibile persino la quiete e la foga del mare a seconda delle circostanze narrate, ed inevitabilmente verrebbe da alzarsi e far di tutto pur di aiutarlo nella sua battaglia.
Quel binomio uomo-natura, traducibile in vera e propria empatia, nel connubio di due anime in una sola, è espressione di quella deferenza ad oggi sempre più assente verso principi che dovrebbero altresì essere il fondamento dell’umanità.
Ancora, e non di meno importante, il rapporto tra vecchia e nuova generazione. Come non commuoversi davanti alle attenzioni che il giovane ha per la sua guida così come per i pensieri che quest’ultimo rivolge al suo allievo (soprattutto in mare aperto quando completamente solo sente la mancanza di quel ragazzo che ha visto ed aiutato a crescere)? E quanto oggi questo riguardo è sempre inferiore da parte dei futuri uomini, quanta poca può ancora essere la gratitudine di queste?
Con la sua forma breve ed incisiva l’autore incita a credere prima di tutto in sé stessi e nelle proprie capacità e dà vita ad un romanzo che ti scalda il cuore, un componimento che tutti dovrebbero leggere.
« Ora, nel buio, e senza luci in vista e senza chiarori, e soltanto col vento e la spinta regolare della vela, gli parve di essere già morto, forse. Congiunse le mani e si tastò le palme. Non erano morte e gli bastava aprirle e chiuderle per risuscitare il dolore della vita.»
« Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c'è.»

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Rebel Luck Opinione inserita da Rebel Luck    04 Luglio, 2015
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Profondamente semplice.

Scrivere una recensione su un libro di Hemingway, non è difficile semplicemente non è possibile.
Come si prova a mettere giù due righe ci si sente subito inadeguati.
Ho cancellato e riscritto la recensione almeno 10 volte ed ogni volta mi sembrava peggio della precedente.
Hemingway è il maestro che ci parla con semplicità facendoci sentire alla sua altezza anche se mai lo saremo.
Il vecchio e il mare, è un romanzo breve, che si presta ad essere letto più volte.
Una prima lettura, può essere fatta in maniera agile e veloce, quasi leggera ed in poche ore si arriva alla fine arricchiti, semplicemente arricchiti.
Oppure si può attuare una lettura profonda soffermandosi ad ogni paragrafo, ad ogni riga, ad ogni parola, e riflettendo riuscire a cogliere tutte le metafore inserite dal "maestro"..
Ad una lettura rapida e superficiale è semplicemente una bella storia, ma con una lettura più approfondita è facile scorgere la metafora stessa della vita.
Ad ogni rilettura, si colgono sfumature diverse, significati diversi e nascosti.
Il vecchio è una figura enigmatica ma trasparente, semplice eppure profonda.
La storia è triste, ma piena di grandioso orgoglio. Finisce male in maniera benevola.
Il ragazzo siamo noi, eternamente combattuti tra quello che sarebbe giusto e quello che è meglio per noi.

"La grandezza non è nella vittoria ma nell'impegno e nel rigore morale con cui si affronta la battaglia"

P.S non rileggo questa recensione altrimenti la cancello un altra volta, perdonatemi quindi eventuali errori ortografici...

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alxeimon Opinione inserita da alxeimon    05 Ottobre, 2014
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La più profonda alienazione della letteratura

Timido e umile di fronte ai grossi tomi fra i classici e non, "Il vecchio e il mare" è probabilmente il libro più coinvolgente che si possa mai leggere.

Fin dalle primissime pagine, si può perfettamente cogliere quanto la forza delle parole artisticamente scelte e ricercate possa penetrare così tanto a fondo nell'animo di chi le legge, al punto che ci si sente assolutamente trascinati a forza dalla realtà per poi alienarsi totalmente e trovarsi lì - proprio lì - sulla barca, accanto al povero vecchio. Eppure, a ragione, il lessico non è per nulla complesso o particolarmente astruso: ciò che rende sensazionale questo piccolo volumetto è proprio il fatto che il nostro Hemingway - spesso barbariamente accusato di ovvietà e di banalità - abbia saputo rendere interessante ciò che è lungi dall'esserlo per l'uomo medio del ventesimo e del ventunesimo secolo.

Gli aspetti che più andrebbero lodati all'autore - e che ne sono quindi fonte di successo nella narrazione - sono senza dubbio l'espressione del rispetto e dell'amore per la natura, elementi umani che ormai sono sempre più rari.

Come non ci si potrebbe commuovere di fronte alla dedizione del giovane Manolin che, nonostante i tempi duri e le imposizioni genitoriali, si ritrova costantemente a pensare al suo maestro, a chi gli ha insegnato a vivere, a procurarsi sostegno, a pescare? Come non potrebbero colpire le attenzioni della nuova generazione per la vecchia? Ecco che, discretamente, Hemingway lascia che nei suoi lettori si insinui quel senso di manchevolezza, quel senso di vergogna al cospetto di un mondo umile e nobile, che ormai tendiamo a mettere da parte e che le nuovissime generazioni addirittura disconoscono, un mondo nei confronti del quale dimostriamo sempre minor gratitudine, minor rispetto.

E come tralasciare quel panismo - come lo definirebbero i Greci - quel senso di fusione fra l'uomo e la natura? Ciò che scuote l'animo del lettore è proprio la naturalezza e la purezza del rapporto fra questi due elementi, un rapporto ad armi pari con questa natura, questa incredibile forza che assume un ruolo di entità con cui discutere, confrontarsi: un'entità da amare e da rendersi amante, per poi non pentirsene mai.

D'altronde, questo è proprio ciò che esprime "Il vecchio e il mare" alla sua conclusione: credere in sé stessi e nelle proprie fonti di ricchezza è il primo passo verso il successo e l'apprendimento.

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siti Opinione inserita da siti    27 Agosto, 2014
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Inno alla vita

Santiago e Manolin :un vecchio e un giovane.
Santiago è un povero pescatore ,vecchio, colpito dalla malasorte,non pesca pesce commerciale da mesi.
E’ l’esperienza, la profonda conoscenza del mare, il rispetto, l’audacia, il coraggio, il ricordo, la tenacia, l’umiltà …
Manolin è un ragazzetto, allontanato dall’iniziazione alla pesca avviata col vecchio dal volere dei suoi genitori.
E’ la vicinanza, l’amicizia, la comprensione, è il punto di congiunzione tra il vecchio e la società.
Il mare li unisce. Il vecchio lo conosce, lui ha brama di conoscerlo altrettanto bene.
Il mare è la vita.
La vicenda narrata è la sintesi della condizione umana.
Leggi questo bel libro e abbandonati in una breve, piacevole e imperdibile lettura per scoprire un magnifico inno alla vita.
N.B.: non dimenticarti di rendere grazie alla grande Fernanda Pivano che lo ha avvicinato a tutti noi con la sua traduzione e la sua incessante opera di divulgazione. Non perderti la postfazione nell'edizione oscar Mondadori.

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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    29 Mag, 2014
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Què va

Il vecchio ha mani callose, le dita contratte dai crampi.
La pelle del viso dura, scura, macchiata. 
Il vento il sole il sale dilatano l'epidermide in rughe raggrinzite come cicatrici di vita fra le onde.
Il vecchio e' l'uomo, l'intelligenza, la tecnica. Il vecchio e' il rispetto per l'avversario nella lotta alla sopravvivenza.

Il pesce riluce tra il grigio e l'indaco, gli occhi tondi e vacui che osservano senza celarsi dietro la palpebra, la mole sublime. Il pesce e' la natura nella sua piu' esplicita espressione di nobilta' , di caparbieta', di dignita'.
La natura che resiste con tutta la forza e la bellezza di cui e' capace alla mano assassina dell'uomo.

Il mare e' tranquillo, rumoreggia in uno sciabordio incessante, medica le mani insanguinate del vecchio, nasconde e protegge in profondita' il corpo ferito del pesce. 
Il mare e' privo di tempesta, potenza imparziale esso lascia che l'uomo e la preda si fronteggino senza intromissioni. Il mare e' una culla di vita, o una tomba silenziosa.

Il ragazzo dice Què va, ci sono tanti pescatori ma bravi come te ci sei solo tu. 
E' la stima preziosa che la giovinezza ripone nella vecchiaia. E' l'affetto salino, senza additivi.

Il racconto di Hemingway e' scritto con uno stile estremamente semplice che  coinvolge, commuove, suscita riflessioni al largo di Cuba dove un pescatore cerca la fortuna, quella  sposa capricciosa che mai si lascia infilare l'anulare nella vera consacrata.
" - Al diavolo la fortuna- disse il ragazzo. - La fortuna te la porto io -."

Buona lettura.

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mia77 Opinione inserita da mia77    26 Novembre, 2013
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Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

Stile semplice ed essenziale per una storia meravigliosa, da leggere in un unico respiro.
Ho visto prima il film, da bambina e solo in seguito ho letto il libro: entrambi meravigliosi.
E' l'eterna lotta dell'uomo contro la Natura, dell'uomo contro se stesso. IL vecchio Santiago lotta per avere quest'ultima preda: il pescecane più grande e maestoso che abbia mai abboccato al suo amo. Il pescatore, dopo una strenuante lotta di tre giorni contro il marlin vince, uccidendolo. Ma poi se lo vede portare via dalla Natura stessa, sotto forma di squali che vengono a mangiarsi la sua preda, lasciandone solo testa e colonna vertebrale. L'Uomo si permette di sfidare la Natura e questa gli si ritorce contro: la vittoria dell'uomo singolo, diventa una sconfitta contro la maestosità della Natura. Questo romanzo ci insegna a lottare fino alla fine, fino allo stremo delle nostre forze, senza mai mollare, attingendo energia da forze sconosciute, insite all'interno di noi. Bellissimo!

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Todaoda Opinione inserita da Todaoda    13 Luglio, 2013
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Perfetto

Pulito, conciso, profondo, intenso, autentico, forte, delicato, vivo. Il vecchio e il mare è il caposaldo della letteratura moderna, è il romanzo dal quale i lettori di ogni età, più che da ogni altro, dovrebbero attingere quotidianamente; è l’esempio da seguire per tutti i novelli scrittori ed è infine un inossidabile termine di paragone per tutti coloro i quali, compreso il sottoscritto, si prendono la libertà di recensire i lavori letterari altrui.
Non aggiungo altro poiché centinaia di colti ed eruditi critici letterari ne hanno già parlato e dibattuto a profusione nel corso degli anni e poiché a differenza loro (senza ovviamente anche solo ipotizzare di potermi mettere sul loro stesso piano!) sono fermamente convinto che ogni ulteriore istante “sprecato” a recensirlo è in realtà un istante perduto in cui si poteva rileggerlo e scoprirne così un nuovo dettaglio, un nuovo particolare, o semplicemente una nuova sensazione.
Il racconto perfetto.

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Domitilla Ganci Opinione inserita da Domitilla Ganci    16 Giugno, 2013
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Viaggio in fondo al coraggio

E’ un volumetto che si affaccia innocuo dagli scaffali delle librerie, tra i classici della letteratura. Valse al suo autore, nel lontano 1954, il Premio Nobel. Nell' edizione Oscar Mondadori, vi appare in copertina il volto di Ernest Hemingway: sguardo intenso, profondo, una delle immagini più note dell’autore. Solitamente consigliato dagli insegnanti di scuola media per avviare recalcitranti e inconsapevoli giovanissimi alla letteratura “alta”, è un libro che va letto due volte almeno nella vita. Forse lo si può anche avvicinare a quattordici anni, ma non so quanto del significato più profondo del testo possa arrivare ad un giovane ed inesperto lettore. Per questo credo che occorra, quantomeno, riprenderlo in mano tempo dopo, per poterne percepire pienamente il senso. E’ un libro che fa soffrire. La lettura, benché breve, è faticosa. Si arranca sulle pagine come si dovesse percorrere una salita ripida, che indolenzisce le gambe e lascia senza fiato.
La vicenda si svolge sulle coste cubane, in un tempo indefinito. L’anziano pescatore Santiago, dopo un lungo periodo trascorso in mare senza aver pescato nulla, decide, anche se ormai fiaccato nel fisico e nello spirito, di riprendere il mare in totale solitudine, privato anche della compagnia del giovane Manolin, che lo ha seguito in mare fin dalla più tenera età, che ha imparato da lui le tecniche di pesca, le correnti, le stelle, ma anche il coraggio, la pazienza, la perseveranza. Il ragazzo non può andare con Santiago, Santiago per i pescatori del porto è salao, spacciato, finito e la sua famiglia non lo lascia più andare con un pescatore che non può garantirgli un futuro. Il ragazzo però, è legato a Santiago da un affetto profondo e soffre per lui, per la miseria delle condizioni in cui si trova colui che è stato per lui più di un padre. Allora fa di tutto per alleviare la situazione del vecchio, gli procura da mangiare, lo accudisce, lo ascolta farneticare di una realtà che non gli appartiene più, con rispetto e complicità, resistendo alla tentazione della compassione. Le attenzioni e la preoccupazione del ragazzo, però, non impediscono a Santiago di avventurarsi di nuovo in mare, con limitatissime risorse e recuperando nelle profondità del suo essere le ultime forze. La vela rattoppata, la camicia rattoppata, sono il simbolo della sua sconfitta. Santiago si aggrappa al suo coraggio, ha solo sé stesso su cui investire, ma nemmeno la derisione dei marinai del porto scalfisce la fiducia nelle proprie possibilità. Il viaggio è dolore, fatica indicibile, fisica e spirituale. Visioni di gioventù, di leoni selvaggi su spiagge bianche, confortano o confondono la mente del pescatore, che nella allucinata solitudine rivede momenti lontani di viaggi in terre remote, che lo riportano ad un giovane sé stesso pieno di forza e vigore (quanto di più lontano dal presente). Visioni di vittorie sportive, il mito del grande Di Maggio che si affaccia alla mente di Santiago con il suo coraggio, l’indifferenza alla fatica, la determinazione; questi sono i pensieri a cui il vecchio può ricorrere per resistere. Le mani dolenti, la schiena spezzata dalla stanchezza, la fame così prepotente da rimanere sullo sfondo, perché il fisico non la percepisce più e Santiago che mangia pesce crudo perché deve farlo, per mantenere le ultime forze: tutto arriva al lettore nel fisico, la fatica di Santiago è la fatica del lettore. Mentre attraversa l’oceano per l’ultima volta, il pescatore si accosta ancora, con rispetto e timore alle forze della natura, che lo sopraffanno e lo schiacciano con la loro indomabile e cieca prepotenza, ma ad esse lui non si ribella, sente di far parte anche lui di un progetto, non è altro che un tassello, che svolge il suo compito in un disegno grandioso, del quale non sente la necessità di spiegare il senso. In questo Santiago mostra la sua saggezza, la mistica accettazione della vita: non c’è rabbia né astio nel suo atteggiamento, non c’è amarezza, solo infinita stanchezza. E’ andata così: il mare ha dato al pescatore, il mare toglie, attraverso le sue creature, ogni illusione di vittoria. Lui, come l’enorme pesce marlin che lotta fino alla fine con fierezza e coraggio, per sopravvivere e sfuggire al suo destino, come gli squali che per sfamarsi divorano il pescespada, decretando inconsapevolmente la sconfitta finale del pescatore, che torna al porto sfinito, trascinando sulla povera barca i resti di ciò che doveva rappresentare il suo riscatto come uomo di mare, non sono altro che personaggi di una scena che necessariamente deve finire così, dove ognuno recita il proprio ruolo e di cui la natura, algida e lontana, rispetto alle pene dell’uomo, è regista.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    14 Aprile, 2013
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Interrogativi esistenziali

E’ un racconto, più che un libro. Si legge d’un fiato, sia per la struttura e la trama, che si possono definire semplici, sia per la scrittura, che di per sé è davvero molto fluida, essenziale ed asciutta, senza fronzoli. E’ poesia nella narrativa, è pittoresco e particolare, a tratti appassionante, a tratti forse anche un po’ ripetitivo. Senz’altro commovente, soprattutto la fine. E’ centrato sul tema dell’uomo che affronta il suo destino a costo della vita ed il filo conduttore è il continuo ricostruire la propria vita e ripartire, con orgoglio, umiltà, coraggio, perseveranza, rispetto della natura e degli animali. Fa inoltre riflettere sul binomio uomo-natura, natura che è di una forza prorompente, tanto che il mare è addirittura una forza umanizzata.

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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    09 Ottobre, 2012
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Al cospetto del mare !

Il mio viaggio nell'universo letterario di Hemingway, prima o poi, doveva attraccare al porto dell’Avana.(mi manca solo un mojito) Questo racconto mi ha veramente trasportato anzi trascinato in mare aperto, lasciandomi in balia della penna di Hemingway, che con poche parole tratteggia il golfo dell’avana e ti lascia scivolare nel blu dell’oceano. Poche pagine, intense e affascinanti.
Non mi fermerò ad analizzare le possibili simbologie e metafore, invece mi soffermerò sulla bellezza di questo racconto nella sua semplicità e nelle emozioni che trasmette. Un concentrato di piacevolezza.
Splendida la caratterizzazione di Santiago, un personaggio pregno di coraggio, tenacia, rispetto e umiltà. Rispetto che emerge, prepotente,nella sua sfida solitaria contro il nobile Marlin, che diventerà il suo peggior nemico amico. Tenacia che dall’ inizio alla fine, si percepisce in modo quasi palpabile nei pensieri del Vecchio. Umiltà che spicca nel rispetto e nell’ammirazione che egli ha nei confronti di quello che potrebbe diventare il suo carnefice e nella consapevolezza delle proprie possibilità, senza mai però autocommiserarsi o porsi dei limiti.
Uno scontro epico di, e dove, i sentimenti più nobili saranno portati in evidenza; nonostante le difficoltà e i sacrifici, la fame e il dolore. Uno scontro dove il rispetto della natura, e dell’avversario, si fondono nei pensieri del vecchio pescatore e ne tratteggiano il carattere indomito e serafico .
Un romanzo che fà sognare ad occhi aperti!
Imperdibile !

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Pia Sgarbossa Opinione inserita da Pia Sgarbossa    21 Settembre, 2012
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Un vecchio pescatore ... maestro di vita.

Cari i nostri vecchi, come sempre sanno trasmetterci perle di saggezza dettate dalla loro vissuto e tanto utili per la nostra vita.
Santiago è un vecchio pescatore che vive l'intensa esperienza di pescare un grosso pesce, lottando con tutto se stesso.E' irrilevante se riuscirà oppure no nell'impresa; ciò che è veramente importante è il percorso di vita e la sua lotta estrema per riuscirci. Le sue osservazioni che via via scopriamo tra le righe , diventano per noi lettori consigli da vagliare, capire e applicare ( che aiutano ad aumentare l'autostima, il coraggio, l'autoconvincimento , la fiducia delle nostre potenzialità... e tanti altri)
Un libro da gustare appieno, perchè sicuramente ci renderà più ricchi e forti dentro.
A tratti usa un linguaggio molto tecnico e facilmente comprensibile ad esperti pescatori, ma non è uno scoglio così difficile per chi come me, non è competente di pesca.
Può tornare utile a chiunque ascoltare un vecchio che si racconta ... e che vecchio!!!
Sarebbe auspicabile invecchiare con una simile grinta e voglia di vivere.

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zarko87 Opinione inserita da zarko87    01 Luglio, 2012
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Personalità dell'autore

Questo libro lascia immaginare con forza la personalità e il carattere di Hemingway, scritto con molta forza e passione, e leggerlo ti mette di fronte alla forza d'animo e alla caparbietà del genere umano.
Detto questo non sono un amante di Hemingway, non mi piace molto il suo modo di scrivere, ma va riconosciuta la grandezza di questa persona e ammiro molto la persona che ho visto dentro i suoi libri.

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mikyfalco Opinione inserita da mikyfalco    29 Mag, 2012
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Non lo disse a voce alta...

"Non lo disse a voce alta, perché sapeva che a dirle le cose belle non succedono"

Una storia che delinea la forza di volontà, il coraggio di combattere e lottare di un uomo che molti reputano ormai vecchio. Santiago è un pescatore, così come lo fu Hemingway,tanto da poter pensare che questo libro non sia altro una sorta di autobiografia immaginaria.
Un sogno che si presta davanti agli occhi di un uomo che immagina di vivere chissà quali avventure in mare,poi prende un foglio e una penna,e le regale a tutti noi.
Un uomo che dopo ottantaquattro giorni di sordida sfortuna, riesce finalmente a catturare una nobile preda,quella tanto sognata,per la quale ha lottato tanto,anche contro gli acciacchi del tempo.
“L'uomo può essere ucciso, ma non sconfitto”.
Il vecchio e il mare è un romanzo che istiga alla vita e al coraggio più puro, alla voglia di fare e di combattere arduamente per raggiungere 'l'obiettivo' al quale ci si impone di arrivare; niente e nessuno, se la nostra è una buona volontà, può esserci d'impaccio, e soprattutto niente e nessuno può attraversare il nostro cammino, mettendoci i bastoni fra le ruote ed impedendoci di arrivare finalmente alla meta.
Non c'è nulla che ci impedisce di 'arrivare', di 'brillare', a parte il 'volere troppo poco'; non c'è squalo che tenga in un oceano di problemi e difficoltà che la vita ci impone e ci pone, di fronte alla nostra forza.
Anche se,come citato nel titolo,l’autore ci tiene a dirci che a pronunciarle le cose belle non si avverano mai,Santiago parla spesso con se stesso. Parla per darsi forza,per tranquillizzarsi,un segno di come Hemingway ci voglia far pensare a quanto malleabile sia il nostro 'pensare', e dunque l'intelletto stesso, che può essere rigenerato da una parola positiva.
Forse vuol dirci che anche se non si vuole pronunciare un desiderio a voce alta per paura di non essere ascoltati,non si può non parlare con sé stessi rinunciando ad una parola di conforto che possa in qualche modo tranquillizzare l’anima.
La forza,la vera forza d’animo,va trovata dentro ognuno di noi,e solo chiamandola,solo parlandole,forse,può venir fuori.


Michele Falco

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Cla93 Opinione inserita da Cla93    20 Aprile, 2012
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FILOSOFIA ALLO STATO PURO, SENZA VOLERLO.

Prima cosa da dire per chi ancora non ha letto questo libro: se vi piace il pesce, sia come animale sia come cibo, non leggetelo.
Seconda cosa: prima di immergervi nella lettura, informatevi sulla pesca se non ne siete esperti, così potrete capire di più.
Questo è il primo libro che leggo di Hemingway: il suo stile mi piace; è semplice, scorrevole, un poco ripetitivo; sembra lo stile di un bambino.
Il vecchio, che può rappresentare l’umanità intera ed è il protagonista di questo racconto, ispira tenerezza e dolcezza.
Il mare: il nulla, l’assoluto; l’amico/nemico dell’uomo.
I concetti che Hemingway vuole esprimere con questo libro sono chiari e diretti. Hemingway disse che non aveva intenzione di farcire il romanzo di simbolismo e di significati nascosti: semplicemente, il vecchio è l’uomo che vuole andare oltre alle proprie possibilità, oltre al limite; l’uomo che vivendo combatte per ottenere ciò che vuole ma che, quasi sempre, esce dalla lotta sconfitto.
Ma pur essendo stato sconfitto il vecchio è sereno e orgoglioso di sé, di quel che ha fatto, dell’impegno impiegato nel farlo.
Penso che questa sia una condizione esistenziale: l’uomo lotta tutta la vita per realizzare i propri sogni ma non è detto che possa riuscirci.
Il messaggio di Hemngway è questo: non abbattiamoci!
L’importante è avere sempre un sogno e cercare di fare quanto ci è possibile, lottando con tutte le nostre forze, per realizzarlo.

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Erri de Luca, I pesci non chiudono gli occhi
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    06 Novembre, 2011
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Senza lieto fine

L’opera di Hemingway è ambientata in un piccolo villaggio dei Caraibi anche se l’azione viene svolta sull’Oceano Atlantico, non viene specificato in quale periodo si svolga questa storia e narra l’avventura in mare del vecchio pescatore Santiago, il quale dopo ottantaquattro giorni durante i quali non è riuscito a pescare nulla.
Il vecchio Santiago vive nel suo piccolo villaggio e nei confronti di se stesso la condizione di isolamento di chi è stato colpito da una maledizione.
Solamente la solidarietà di Manolo e l'esempio dell'italo americano Joe di Maggio, imbattibile capitano della squadra di baseball di New York, di cui legge sul giornale e che rievoca con il ragazzo, gli permetteranno di trovare la forza di ritornare in mare per riprendere la professione di pescatore.
Santiago quindi torna a pescare e, quasi come un principiante, solca da solo, con la sua imbarcazione, il Mare dei Caraibi, in una disperata caccia ad un enorme pesce spada che dura più giorni e che, grazie alla sua esperienza, riesce ad uccidere, contento di aver vinto la lotta con la natura, ma anche risentito per aver ucciso un essere vivente, un animale forte e solo, con il quale si è identificato. Durante il viaggio di ritorno il vecchio dovrà quindi affrontare un'altra lotta tremenda contro gli squali, che poco per volta gli strappano la preda, lasciandone solo l'enorme scheletro, vanificando i suoi sforzi e le sue speranze.
L’enorme scheletro però rappresentava il simbolo della sua vittoria e della maledizione sconfitta. Santiago, forse per la prima volta riesce a stabilire una sorta di fratellanza con le forze della natura e soprattutto riesce a trovare dentro di sé il coraggio e la giustificazione di tutta la sua vita.

E' un bellissimo libro, uno di quelli che ti lascia il segno, infatti i vari sacrifici fatti dal vecchio pescatore per portare in salvo il grosso pesce fanno capire che non tutte le storie, purtroppo, hanno un lieto fine.

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Lida Opinione inserita da Lida    05 Agosto, 2011
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Pieno di bei messaggi

Senza alcun dubbio un bel libro. Devo dire che la scelta di scrivere un romanzo con unico sfondo il mare e la caccia di un pesce in alcuni tratti rende la lettura un pò lenta ma a parte questo davvero un' ottima lettura. Il linguaggio è molto comprensibile tranne che per alcuni termini specifici riguardanti le attrezzature da pesca e lo stile semplice. Una semplicità che però non è assolutamente superficiale anzi, va in fondo alle cose. I scrittori che riescono ad esprimersi senza parole troppo complesse pur trasmettendo messaggi importanti e sinceri sono i miei prediletti. Con questo libro si imparano molte cose.
1) l' importante non è sempre ottenere qualcosa materialisticamente parlando, bensì riuscire ad arricchire il proprio animo mediante le nostre esperienze (il vecchio alla fine non riuscità a prendere il pesce ma avrà comunque vissuto un' esperienza di vita incredibile);
2) Nella vita ci sono momenti in cui ci troviamo soli e per questo dobbiamo imparare a cavarcela da soli (il vecchio, nel mare, è costantemente solo e deve contare solo su se stesso);
3) Quando nella vita si incontrano delle difficoltà non bisogna abbattersi bensì riunire tutte le proprie forze e affrontare gli ostacoli (pur perdendo il suo coltello e altre attrezzature importanti il vecchio persiste nella lotta col pesce);
4) Non ti deve importare cosa pensano gli altri di te ma cosa pensi tu di te stesso (gli abitanti del villaggio pensavano che non avrebbe mai più preso un pesce);
Credo non ci sia bisogno di aggiungere nient' altro. Lettura assolutamente consigliata. Si capisce subito che è stato creato da un grande scrittore.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    24 Gennaio, 2011
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Punto di partenza

Un romanzo breve ma che contiene tutti i temi più cari ad Hemingway.
Un vecchio solo, sconfitto dal destino e dalla forza della natura, ma orgoglioso per aver lottato fino allo stremo delle forze, con volontà e sacrificio, tanto da uscirne al contempo anche vincitore.
Le avversità della vita, la solitudine, le quotidiane battaglie per la sopravvivenza; queste sono le tematiche che percorrono questo racconto, il quale ci fa amare il vecchio pescatore e riesce a farci immedesimare in lui, provando tenerezza, tristezza, rabbia, pagina dopo pagina.
In sostanza, una lettura da assaporare lentamente e da meditare a fondo, consigliata come ottimo punto di partenza per approcciarsi con l'autore e con il suo stile essenziale e diretto.

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Stefy Opinione inserita da Stefy    01 Ottobre, 2009
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Un capolavoro

La storia di un uomo e di un ragazz odetro i quali si cela la vita di ognuno di noi, tra gloria e infamia, tra vittorie e sconfitte. Ciò che renda la vita degna d'essere vissuta è il fatto stesso di volerla vivere nonostante tutto, nonostante la vecchiaia ti faccia sentire inadatto alle lotte che la vita ti propone. Così la lotta tra un pesce e il protagonista, in cui entrambi escono sconfitti, simboleggia l'inevitabile decadimento della dignità quando la propria integrità viene meno. Mirabile opera del maestro che non a caso viene citata da molti scrittori come il libro che li ha portati a scrivere.

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Raf Opinione inserita da Raf    14 Luglio, 2008
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Un classico

Lo stile è quello a volte a "muro di parole" di Ernest Hemingway, ma la trama è validissima.

Il soggetto è il tempo che inesorabile passa per noi umani, ma non per la natura. Il tutto ricorda Verga e i suoi vinti, ma possiamo accusare Ernest Hemingway d'essersi ispirato all'autore italiano padre del verismo?

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Consigliato a chi ama i classici e Giovanni verga in particolare.
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