La lampada del diavolo
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Francis e quella presenza
«Avevo la sensazione che stesse cercando di derubarmi di qualcosa, non di un tesoro prezioso, niente del genere, ma di un terrore assolutamente reale che avevo conosciuto da giovane in Spagna.»
Per Francis McNulty il passato non è mai diventato davvero passato. Siamo a Londra, luogo ove il poeta vive in compagnia della domestica di sempre in quel del 1975. Nella notte i suoi sogni sono sempre più irrequieti, ella stessa è preoccupata tanto da arrivare a contattare la figlia e la sorella dell’uomo. Quest’ultimo non prende positivamente la decisione di dover mettere su piazza i suoi affari e ancor meno di dover condividere quel che gli sta accadendo. Sono notti ormai che Lui appare al suo cospetto. E no, anche se sua figlia non gli crede, non sono solo visioni. Lui, il generale Francisco Franco, è tornato per ricordargli quella colpa che in realtà mai ha dimenticato e che dai tempi della Guerra Civile spagnola si porta dentro. Quella oscura presenza all’interno di Cleaver Square è sempre più opprimente, chiede di essere ascoltata e brama che venga affrontato quanto occorso ormai quarant’anni prima. Ecco allora che decide di accompagnare la figlia in viaggio di nozze a Madrid, un matrimonio che non pensava nemmeno si sarebbe mai celebrato. Qui non potrà tirarsi indietro, dovrà fare i conti con quegli scheletri che da troppo tempo lo attanagliano.
Narrato interamente da Francis stesso che ci trasporta in un viaggio che è prima di tutto un viaggio nella sua mente, “La lampada del diavolo” è un romanzo intriso di tutte quelle che sono le componenti proprie della penna di Patrick McGrath, autore noto al grande pubblico per opere di indiscusso valore, tra le quali, il celebre – ma non unico – “Follia”. Quello di McGrath è uno scritto che è prima di tutto un flusso di coscienza ma anche una resa dei conti con rimpianti, rimorsi e sensi di colpa. Questo suo essere un flusso di coscienza è al contempo un pregio e un difetto. Un pregio perché caratterizza l’io narrante, un difetto perché alla lunga è privo di mordente e cade nella non empatia. Le pagine scorrono ma il lettore, per quanto curioso, fatica a farsi completamente catturare. Viene dunque meno la componente emotiva che in un elaborato come questo sarebbe stata fondamentale.
In conclusione, un McGrath che conquista solo a metà e che lascia qualche perplessità.
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