La casa dei nomi
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Recensione della Redazione QLibri

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La solitudine dell'uomo senza dei
“La casa dei nomi” di Colm Toibin ripropone in una prosa limpida e essenziale la storia tragica di Agamennone, Clitennestra, Ifigenia, Elettra e Oreste. In contrasto con un re, Agamennone, timoroso degli dei, sleale e infido al punto da ordire il più basso degli inganni ai danni della bellissima figlia Ifigenia, che offre come vittima sacrificale nel rito propiziatorio in occasione della guerra imminente, emerge la possente figura di Clitennestra, ferita nel suo orgoglio di moglie e di madre, che scatena la sua furia senza limiti, pronta a vendicarsi con ogni mezzo del tradimento patito. È la stessa regina a raccontare il mutamento del suo animo, a descrivere come da sposa fedele e orgogliosa si sia trasformata in donna vendicativa e violenta.
Accanto a Clitennestra le due figlie: Ifigenia, da un lato, fragile e forte al tempo stesso, consapevole dell’orrendo sacrificio di cui sarà vittima, ribelle eppure passiva, costituirà il motivo scatenante della vendetta della madre e Elettra, determinata e dotata delle qualità necessarie per esercitare il potere, pur soffrendo nella sua solitudine e nel suo isolamento.
Se dunque le donne di questo romanzo ereditano dalle eroine di Euripide, di Eschilo e di Sofocle la forza e la passione, esse tuttavia sono personaggi estremamente umani, lontani dalla logica schiacciante e riduttiva della fede divina alla quale soggiacere, Oreste, che rappresenta il futuro del regno, al contrario, presenta fragilità incolmabili, soprattutto se visto accanto ad Egisto, il classico uomo nuovo, senza scrupoli e senza reali legami affettivi. Non c’è dubbio che nel confronto con i classici greci, il romanzo di Toibin é più vicino alla realtà contemporanea, proprio per la semplicità della forma espressiva priva della solennità della rappresentazione teatrale. Il tema politico, predominante nella tragedia greca, è qui solo accennato. Ciò che conta è l’animo dei personaggi, le loro passioni, la loro lotta per la giustizia, in un mondo non più condizionato e dominato dal potere degli dei.
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Eschilo, Sofocle e Euripide vengono rivisitati
Romanzo narrato a triplice voce, Clitennestra, Oreste e Elettra danno voce alla storia che Toibin racconta al ritorno di Agamennone dalla guerra di Troia, ogni personaggio ha uno stile narrativo personale, caratterizzato dalla perdonale essenza che l’autore ha voluto dagli: Clitennestra, maestosa e potente, racchiude in se il potere e la capacità di andare oltre alla semplice visione del mondo, la figura che più ho amato, poi Oreste che racconta con semplicità gli accadimenti e sviluppa la sua crescita nella luce, infine Elettra, più simile alla madre ne porta il peso facendo gli stessi identici errori senza potere vedere la visione d’insieme. Un romanzo bellissimo, potente dove la scrittura è un bisturi affilato che colpisce, questi registri narrativi che si differenziano e alternano creano dinamismo e pathos. L’autore cita nei ringraziamenti Eschilo, Sofocle e Euripide, da cui attinge per raccontare a modo suo una storia che non ha tempo e coinvolge. Consigliato a tutti e specialmente ai classicisti. Incipit “Ho dimestichezza con l’odore della morte. L’odore nauseabondo e zuccherino che si diffondeva nel vento raggiungendo le stanze di questo palazzo. Adesso per me è facile essere serena e appagata. Ho passato la mattina a guardare il cielo e la luce cangiante”.