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Abbiamo sempre vissuto nel castello
 
Abbiamo sempre vissuto nel castello 2018-04-15 10:29:45 Valerio91
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    15 Aprile, 2018
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Un piccolo globo personale

In giro per il web ho notato che questa autrice è abbastanza apprezzata e consigliata. Tra i libri che ha scritto, quello che mi è stato indicato come quello da preferire per un primo approccio è questo "Abbiamo sempre vissuto nel castello", e devo dire che l'ho apprezzato.
La scrittura dell'autrice scorre fluida e la sua scelta di narrare le cose dal punto di vista di Mary Katherine (altrimenti detta "Merricat"), mi è sembrata una scelta felice perché traccia un profilo psicologico del personaggio abbastanza accurato e anche originale. Tuttavia, forse anche a causa di questa scelta, ha fatto in modo che io intuissi il colpo di scena principe già dalle prime pagine, e non credo che la cosa fosse dovuta esclusivamente alla mia arguzia. Nonostante questo, il libro è piacevole da leggere e racconta una storia abbastanza originale e che lascia qualcosa su cui riflettere.

La famiglia Blackwood è relegata ai margini della società, sia da se stessa sia dai "malvagi" abitanti del paese, che non li vedono per nulla di buon occhio. Perché? Perché casa Blackwood, anni orsono, è stata palcoscenico di una spaventosa tragedia: la famiglia è stata vittima di un avvelenamento da arsenico, mescolato allo zucchero, che ha tolto la vita a buona parte dei suoi componenti. Gli unici sopravvissuti sono lo zio Julian, tuttavia pesantemente menomato, Merricat e sua sorella Constance, che sarà accusata di essere la responsabile del pluriomicidio, pur essendone scagionata dopo un lungo processo.
Nonostante il riconoscimento della sua innocenza, la bellissima Constance vivrà relegata per anni, terrorizzata dal fatto di mostrarsi al mondo e considerata sempre responsabile di questo brutale atto. Merricat, profondamente legata a sua sorella (ed evidentemente afflitta da qualche disturbo mentale che si palesa fin dall'inizio), costruirà intorno alla sorella e allo zio Julian un piccolo globo di cui sono gli unici protagonisti e nel quale, utopicamente, rimane fuori chiunque altro. Si assicura continuamente che i confini di casa Blackwood siano completamente isolati, che i lucchetti siano sempre ben chiusi, e che chiunque venga a trovarli se ne vada quanto prima. In questa utopia personale, Merricat è felice. Tuttavia qualcosa, qualcuno, verrà a sconvolgere questo equilibrio: il cugino Charles, l'Estraneo, che sembra essere venuto col preciso scopo di distruggere quella felicità.
Un romanzo che si focalizza molto sui rapporti familiari, di come possano essere morbosi e di come possano essere sconvolti radicalmente da cause esterne; di come gli uomini possano mostrarsi crudeltà a vicenda, di come poi pretendano di non essere trattati con indifferenza nonostante i loro orribili atti, ma anche di come possano trovare il modo di redimersi; di come tentiamo di costruire un mondo tutto nostro, popolato dalle persone che amiamo e messo in moto da una routine che possa renderci felici. O che forse "crediamo" possa renderci felici.

"Oggi non ci sarà nessun cambiamento, pensai, è solo la primavera; ho fatto male a spaventarmi tanto. Le giornate si sarebbero fatte più tiepide, zio Julian se ne sarebbe stato seduto al sole, Constance avrebbe riso mentre lavorava in giardino, e tutto sarebbe rimasto uguale. Jonas continuava a raccontare ('E poi ci siamo messi a cantare! E poi ci siamo messi a cantare!'), sopra di noi si muovevano le foglie e tutto sarebbe rimasto uguale."

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