Narrativa italiana Romanzi La donna degli alberi
 

La donna degli alberi La donna degli alberi

La donna degli alberi

Letteratura italiana

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La donna è sola, inquieta, in fuga: non vuole più restare dove non c'è amore. Ha lasciato la città, nella quale tutto è frenetico e in vendita, ed è tornata nella vecchia baita dell'infanzia, sul Monte. Qui vive senza passato, aspetta che la neve seppellisca i ricordi e segue il ritmo della natura. C'è un inverno da attraversare, il freddo da combattere, la solitudine da farsi amica. Ci sono i rumori e le creature del bosco, una volpe curiosa e un gufo reale che bubola sotto il tetto. E c'è l'uomo dal giaccone rosso, che arriva e che va, come il vento. A valle lo chiamano lo Straniero: vuole risistemare il rifugio e piantare abeti sul versante nord della montagna, per aiutarla a resistere e a tornare fertile. Una notte terribile riporta la paura, ma la donna si accorge che ci sono persone che vegliano su di lei: la Guaritrice, muta dalla nascita, che comprende il linguaggio delle piante e fa nascere i bambini; la Rossa, che gestisce la locanda del paese; la Benefattrice, che la nutre di cibo e premure. Donne che sanno dare riparo alle anime rotte, e che come lei cercano di vivere pienamente nel loro angolo di mondo. Mentre la montagna si prepara al disgelo e a rifiorire, anche la donna si rimette in cammino. Arriverà un altro inverno, ma ora il Monte la chiama.



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La donna degli alberi 2022-03-24 12:05:15 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    24 Marzo, 2022
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Il proprio posto nel mondo

Una donna senza nome e di età indefinita in fuga da non si sa cosa di specifico si rifugia in montagna in un luogo senza una precisa collocazione geografica vera o immaginaria, già in questa indeterminazione del tutto sta una caratteristica importante di questo racconto.
Si, racconto mi sembra la definizione più giusta perchè non ci sono dialoghi ma solo un fluire di immagini, fatti e sensazioni nelle quali la natura è la protagonista incontrastata.
La donna ha deciso di lasciare la città e di ritornare ad una vecchia casa di montagna dove veniva da piccola con i genitori, attorno a lei la natura in tutte le sue forme: i prati, la montagna, il lago, gli animali del bosco e una serie di personaggi anch'essi senza nome : la guaritrice, la donna rossa, la benefattrice, lo straniero.
La donna è una persona alla ricerca di se , di un rapporto più vero e profondo con quanto la circonda, è in fuga forse dalle responsabilità di un quotidiano fatto di appuntamenti quasi fissi, e di eventi che l'hanno in qualche modo segnata, cerca un luogo con cui sentirsi in armonia completamente.
Lo straniero è un uomo fatto di silenzi, piccole assenze, cose non dette, un'altro personaggio in fuga da qualcosa che sta cercando faticosamente e silenziosamente di ritagliarsi un suo spazio altrove con il desiderio di ristrutturare un vecchio rifugio e l'idea di proteggerlo da un lato spoglio della montagna piantando su tutta quella parete degli alberi.
C'è molto lirismo nel racconto di Marone, tanta natura descritta nei suoi aspetti più intimistici quasi a sentirne i rumori e gli odori ma anche nei suoi aspetti più brutali perchè la natura, se non rispettata, può essere terribile e fare vittime innocenti.
Toccata duramente ma non travolta da uno di questi infausti eventi la donna continua a trovare un motivo per andare avanti , mettendo in atto il progetto di rimboscamento dello straniero nonostante i propri limiti fisici "La stanchezza è la via più breve per trovare la pace, per tornare a sé", il tutto circondata da altre anime silenziose e spezzate, inadatte alla ricerca della perfezione del mondo ma dolcissime figure di un microcosmo di affetti e gesti che in un contesto quasi primordiale sono puro amore per il prossimo in contrasto con la vita a cui siamo abituati "...perché quando infine troviamo il coraggio di porgere la mano, spesso non c’è più nessuno a prenderla".
E' un Marone diverso da quello conosciuto nei precedenti romanzi, la scrittura rimane assolutamente godibile ma forse un pò troppo ricercata, succede molto poco a livello di eventi,
quello che accade è dentro le persone, nel cuore della donna, nelle sue continue riflessioni evocate dalla natura che la circonda e legate a ricordi di un passato che via via che procede il racconto
sembra appartenere ad una persona sempre più adulta.
"non siamo mai soli al mondo, lo diventiamo se smettiamo di ascoltare e ci asserviamo alla fretta, il vizio capitale del nostro tempo,
se ci lasciamo sedurre dalla facile idea che la felicità sia qualcosa da ricercare, non qualcosa a cui prestare attenzione".
La donna sembrava avere un programma, la montagna doveva essere una tappa di passaggio per ritrovarsi e andare verso un riapprocciarsi in maniera più consapevole alla società e alla città, ma la vita
di lunghi mesi tra i boschi le fanno capire che forse aveva sempre confuso una parte del cammino con la meta.
"Stolti come falene, attendiamo la notte e teniamo chiuse le ali, perdendoci tutto il cielo che c’è."
E allora prendere una decisione potrebbe essere difficile, o forse no se ci si ascolta dentro senza l'interferenza di quello che crediamo di sapere ma in realtà non conosciamo così bene.
"Tutti quelli che negli anni mi hanno fatto sentire sbagliata e mi hanno tolto il sorriso hanno fallito, la mia meravigliosa condanna è pensare che il bello debba ancora venire.
Qualcuno mi darà della stupida, o dell’ingenua, ma tant’è, esco nei campi la mattina e mi dedico a fiorire, nonostante tutto, studio l’erba, scruto il Monte, chiedo alla lucertola e alla
farfalla sulla serenità. E non ho altro per la testa, non mi faccio prendere dal dopo, sto nel presente, finalmente, il balenio che arriva e passa non mi deve trovare impreparata."
Lento, come lo scorrere delle giornate immersi nella natura, è un racconto che va ascoltato, annusato, vissuto , parafrasando l'autore non è qualcosa che ti trascina ma qualcosa a che ti insegna a
prestare attenzione.

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La donna degli alberi 2020-11-16 09:03:43 68
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68 Opinione inserita da 68    16 Novembre, 2020
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Ritorno all' essenza



Una donna sola, un anno vissuto in montagna inseguendo l' amor proprio, un tentativo di ricostruzione chiedendo di essere dimenticata, lontana dalla incivile civiltà che rincorre il superfluo.
Dietro di se' il deserto dell' anima, dentro la voglia di rifiorire, una fuga per tornare a essere imparando a stare, nessun rimpianto, senza sentirsi continuamente altrove.
La montagna diviene magister vitae, essenza, cura, vita, attesa, silenzio, integrazione nel cuore di un' armoniosa presenza, la donna ne respira i ritmi, tutto si ricopre di senso e riscopre il proprio senso.
Qui si vive di mutualità, fidandosi di chi si ha accanto, ogni individualità diviene parte di un tutto, ogni oggetto, forma animale inconsapevole o umana presenza assume significato nel fluire dell'esistenza.
La protagonista si muove lentamente, in fuga da ciò che non le manca, cambia se' stessa, si adegua e si scopre diversa, abbandona le scorie del passato, si mimetizza e apprende, assorbendo e godendo dell' imperturbabile scorrere degli avvenimenti.
La montagna da' la vita e la toglie improvvisamente, non resta che accettarne e seguirne le regole, assecondarne la volontà cedendo alla paura, vivendo i singoli momenti.
Qui gli esseri umani assumono sembianze indefinite, ..." lo sguardo raccolto dello Straniero, la presenza muta della Guaritrice, la compagnia senza parole della Rossa al tavolo ".... volti scolpiti e trasfigurati, eterni per quello che rappresentano, cosi' umani nelle proprie debolezze.
C'è, in ..." chi abita questo luogo, la necessità di trovare riparo alle anime rotte, l'obbligo di occupare lo spazio che le ferite lasciano nelle persone, la maledizione di sentire il dolore dell'altro"....
I piccoli gesti assumono vita come i lunghi silenzi che predispongono all' ascolto e al senso di comunanza, addentrandosi in un universo di relazioni dove ciascuno fa la propria parte, aprendosi agli altri con grazia, sentendosi amato per quello che è.
La protagonista vive tra le scorie del passato, i mesi e le stagioni la ricondurranno al senso delle cose e delle parole, a una dimensione smarrita e ritrovata, laddove la fatica illumina i singoli giorni.
Qui ha così tanto tempo da condividere con sé stessa per conoscersi meglio, sentendosi parte del tutto e venendo a patti con l'esistenza in una vita che spesso fa resistenza, partecipe del proprio silenzio, un luogo immutabile in movimento, come tutte le creature che la abitano.
La montagna e' passato e presente, mentre le impronte nella neve presto svaniranno ricordandoci che non siamo niente e che l' inverno è il tempo della casa e dei ricordi.
Qui, lentamente, i legami si stringono, cresce la consapevolezza di sé e degli altri, l'ascolto insegna l' accettazione, si vive e non si sopravvive, riuscendo ad abitare il dolore.
Nella sofferenza della perdita la donna riscoprirà il senso delle piccole cose che abitano in lei, curando chi cerca cura, stringendosi attorno alle proprie paure, abbandonando la fretta.
E allora, con gioia, apprezzerà la sacralità della vita non consapevole in ogni essere che non sa di esistere e non si sentirà piu' sola, ma sapra' stare da sola.
La fine di un percorso sfocia in una Epifania, il ritorno si scopre diverso quando tutto è cambiato, allora non resta che ascoltarsi e incamminarsi verso il domani.
Poche parole, un cammino salvifico, ecumenico, necessario, distillato di essenza e semplice diario, un viaggio nel cuore dell'esistenza che non prevede ritorno, immersi nella consapevolezza di silenzi parlanti, laddove amore e poesia colorano il senso dell'esistenza.

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