Bella figura Bella figura

Bella figura

Saggistica

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Nel parcheggio di un ristorante una donna accusa l’amante, piccolo imprenditore prossimo al fallimento, di aver scelto, per la loro cenetta intima, un posto che gli è stato consigliato dalla moglie; quando finalmente decidono di andare altrove, lui, facendo manovra, investe un’anziana signora; niente di grave, tranne il fatto che l’anziana signora è lì per festeggiare il suo compleanno in compagnia del figlio e della nuora – che guarda caso è anche un’amica intima della moglie del fedifrago. Lo spunto, da commedia di boulevard, mette in moto l’inesorabile meccanismo del teatro di Yasmina Reza, il cui virtuosismo sta nel mostrare – mediante gesti minimi, battute feroci, plumbei silenzi – i patetici contorcimenti dei cinque personaggi, tutti costantemente sull’orlo di una crisi di nervi, per mantenere una parvenza di decoro: per fare, appunto, bella figura. Si ride molto, leggendo queste pagine, ma sempre sul filo di un’angoscia sottile, di un lancinante interrogativo. «Quello che mi interessa è osservare la musica dei comportamenti, e riprodurla» ha affermato Yasmina Reza: la quale orchestra il suo esilarante e grottesco quintetto con un senso acuto dell’ellissi e del sottaciuto, imprimendogli un ritmo impeccabile e tempi brillantissimi.



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Bella figura 2019-12-12 09:31:51 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    12 Dicembre, 2019
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Una crudele mediocrità

Yasmina Reza è oggi considerata la più grande drammaturga vivente di lingua francese. E certo è innegabile che in lei il teatro è sempre messa in scena dell’opera e la scrittura ancella di un’esperienza in cui la recitazione e la vivificazione attraverso gli attori si compenetrano continuamente nel testo. Dunque al lettore che legga l’opera e non la veda rappresentata, è richiesto un certo grado di sforzo immaginativo per apprezzare al meglio sceneggiature altrimenti a rischio di una certa media monotonia. E invece a voler vedere bene, in questo libro della Reza, che inizia come una classica commedia da Sex and the City, le scene tra il grottesco e l’iperbolico non mancano e anche la risata, se possibile, riesce a volte a farsi libera e meno amara di quanto ci si aspetterebbe dall’autrice del famoso “Dio del massacro”. La trama è semplice, risale da subito sulle cosce di Andrea stese fuori della macchina del suo amante, nel parcheggio di un ristorante mentre litigano per la gelosia di lei e la lassità di lui. Peccato che mentre la nube sembra diradarsi, nello stesso locale si presenti una cara amica della moglie tradita del protagonista con annessi marito e suocera. L’imbarazzo manifesto, dapprima taciuto e dissimulato, cresce di scena in scena fino a esplodere nella tensione elettrica tra personaggi sempre più borderline e sovreccitati, chiusi in un solipsismo che, amaramente, non ha nulla di eccezionale e anzi è quello normale di un uomo in difficoltà economica, di una donna troppo puritana o di un uomo che non riesce ad avere il comando o ancora di una amante costretta a vivere ai margini della vita. E tutto per mantenere la facciata, la “bella figura” che dà il titolo al libro: non è tanto l’ipocrisia a interessare la Reza, perché questa viene data come connaturata, piuttosto al centro del mirino ci sono i meccanismi di autoinganno o i fragili equilibri della credulità, i meschini tentativi della preservazione personale e anche l’indefessa capacità umana di adattarsi a ogni disfacimento.

Yasmina Reza non si discosta molto da quello che sa fare: usare la commedia, distesa o cinica per scoperchiare la buona educazione delle relazioni umane e per far deflagrare un bagliore di cruda e sinistra verità. Lo fa bene al solito e con un gusto per la rappresentazione molto spiccato, ma i temi forse non troppo originalmente sviluppati restano tutti lì, sulla pagina, e conducono il lettore troppo vicino alla parola scritta per rendere le opere della Reza davvero memorabili.

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