Narrativa italiana Romanzi L'animale femmina
 

L'animale femmina L'animale femmina

L'animale femmina

Letteratura italiana

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Vincitrice del Premio Calvino 2017 all'unanimità, Emanuela Canepa mette a nudo non solo le contraddizioni delle donne, ma anche la fragilità degli uomini. E scrive un'educazione sentimentale in cui le dinamiche di potere si ribaltano, rivelando quanto siamo inermi, tutti, di fronte a chi amiamo. Rosita è scappata dal suo malinconico paese, e dal controllo asfittico della madre, per andare a studiare a Padova. Sono passati sette anni e non ha concluso molto. Il lavoro al supermercato che le serve per mantenersi l'ha penalizzata con gli esami e l'unico uomo che frequenta, al ritmo di un incontro al mese, è sposato. Ma lei è abituata a non pretendere nulla. La vigilia di Natale conosce per caso un anziano avvocato, Ludovico Lepore. Austero, elegante, enigmatico, Lepore non nasconde una certa ruvidezza, eppure si interessa a lei. La assume come segretaria part time perché possa avere più soldi e tempo per l'università. In ufficio, però, comincia a tormentarla con discorsi misogini, esercitando su di lei una manipolazione sottile. Rosita la subisce per necessità, o almeno crede. Non sa quanto quel rapporto la stia trasformando. Non sa che è proprio dentro una gabbia che, paradossalmente, si impara a essere liberi.



Recensione della Redazione QLibri

 
L'animale femmina 2018-05-04 21:09:00 Fr@
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Fr@ Opinione inserita da Fr@    04 Mag, 2018
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Soffrire per essere liberi: ne vale la pena?

Questo romanzo è un pugno allo stomaco.
259 pagine divorate, lette più e più volte per cercare di capire ogni parola, ogni frase.
Letto un capitolo passavo immediatamente al successivo, ma più volte mi sono fermata nel mezzo della lettura per tornare indietro e rileggere un passaggio. Questo romanzo è violento, diretto, ti apre gli occhi.

“L’animale femmina” è il romanzo d’esordio di Emanuela Canepa, vincitrice con la sua opera del premio Calvino 2017, il premio italiano più importante assegnato ai nuovi autori. Seguiamo la vita di Rosita, studentessa fuggita dal suo paese e dal controllo della madre, fuori sede e fuori corso a Padova. Le prime pagine ci mostrano una ragazza che cerca di concludere qualcosa nella sua vita ma il lavoro al supermercato non ha fatto altro che rallentare il suo percorso di studi in medicina e non l’aiuta a vivere serenamente e decentemente. In più, l’unico uomo che frequenta è sposato e, quando va bene, lo vede una volta al mese.
Per questo, l’incontro alla vigilia di Natale con l’avvocato Lepore che le offre un posto di lavoro nel suo ufficio legale come segretaria part – time le sembra quasi un sogno. Non ha capito che invece si tratta di un incubo. Lepore inizia ben presto a esercitare una “sottile” manipolazione psicologica nei confronti della giovane, tormentandola con discorsi sempre più misogini.
Nel mentre seguiamo anche la storia di due ragazzi alla fine degli anni ’50, inizio anni ’60:Ludovico e Guido sono giovani, vorrebbero vivere una vita spensierata ma devono presto affrontare i doveri (e i dolori) della vita adulta.

Questa breve descrizione non rende giustizia alla complessità del racconto. Anche i personaggi sono estremamente complessi, ma sono veri. L’autrice è riuscita a caratterizzarli in maniera impeccabile per quanto riguarda i loro pensieri e le loro azioni.
Rosita è una donna complessa di cui ho apprezzato alcuni comportamenti e di cui non ne ho compresi altri. E’ una ragazza che soffre a causa di una madre oppressiva, di un amore impossibile ma che la fa stare bene (“Il problema tra di noi è che non esiste nessun spazio di negoziazione. Non ci sono occasioni per smussare gli spigoli, o provare a costruire una rete di cura per i bisogni dell’altro. Ogni volta è come se fosse la prima, si ricomincia da capo, due perfetti sconosciuti che devono imparare tutto l’uno dell’altra. Magari è anche per questo che continua a piacermi tanto. Forse la chimica e l’intimità sono inversamente proporzionali”), per gli studi arretrati, per non riuscire ad arrivare a fine mese… ma nel corso del romanzo subisce una vera metamorfosi: stranamente una scelta sbagliata si rivela la migliore per imparare a essere libera.
Per descrivere l’avvocato Lepore vorrei usare una parte di intervista alla stessa autrice, che lo dipinge cosi: “L’avvocato Lepore è un uomo ombroso e cinico, innamorato della sua visione del mondo sulla quale non ammette contraddittorio. Pensa male di tutti, non ha stima per nessuno, il suo unico piacere è catalogare gli individui. Ma gli uomini lo interessano meno. È sulle donne soprattutto che riversa la sua insoddisfazione e la sua smania aristotelica di classificatore”.

Lo stile del romanzo è semplice, mai pensante nonostante un lessico ricercato, mai banale. Alcune frasi sono vere e proprie perle che ho letto più volte per poterle comprendere al meglio: “Non importa se stai bene o male, se sei infelice o pensi a te come un miserabile senza speranza. A livello cellulare il ciclo di riproduzione si svolge per tutti allo stesso modo. A livello cellulare l’inadeguatezza non è codificata”.
Il romanzo potrebbe apparire a una lettura superficiale come un libro femminista, pro – donna e contrario al maschilismo. Non è (solo) questo, è molto, molto di più. E’ una indagine psicologica della mente femminile ma, come scoprirete leggendolo, anche maschile. Terminato il romanzo ho pensato che la conclusione fosse stata troppo rapida, ma in realtà non avrei potuto immaginare un finale diverso.
Spero presto di leggere una nuova opera di questa autrice, merita davvero. Quindi, che dire se non buona lettura? :)

“Capisce cosa significa desiderare, commutare la fantasia in atto, riversarla sul corpo, integrarla nelle percezioni. E gli si rivela il senso dell’ossessione, l’esigenza della pelle. Lo appaga il vigore delle fasce muscolari tese sotto le sue mani, le venature dei tendini affilati al posto della carne morbida che affonda, e che è l’unica pratica di un corpo diverso dal suo che ha fatto fino a quel momento. E’ un impulso violento, una colluttazione. Ludovico è dominato dall’ossessione di sperimentare, stringere e mordere, mettere alla prova il vigore del corpo che fa male, fa bene, si contrae, si contorce”.

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Consigliato alle donne. E agli uomini. A tutti insomma.
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L'animale femmina 2019-01-21 14:03:06 antonelladimartino
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antonelladimartino Opinione inserita da antonelladimartino    21 Gennaio, 2019
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L'animale ribelle

Nella nostra specie, l’animale femmina nasce non di rado in cattività, partorito e allevato in gabbie dalle sbarre strette, rafforzate per non lasciare spazio alla complessità, al dubbio, al difficile imbarazzo della scelta. Oltre le sbarre di casa se ne alzano altre non meno contorte, in un microcosmo ostile dove le regole scritte valgono poco e quelle non scritte le devi imparare sulla pelle, dove studiare è un diritto che si paga caro, dove lavorare è un dovere ma anche un privilegio.
La protagonista di questo romanzo tenta faticosamente di orientarsi in un labirinto angusto e soffocante, di evadere dalle caselle di un gioco perverso, imposto in famiglia e ribadito dopo, nella famiglia della famiglia, nella società in cui vorrebbe studiare per imparare qualcosa di solido, oltre il percorso ingannevole scritto da altri. La protagonista impara subito che il doppio legame psicologico e sociale prospera ovunque, affermando con le parole e negando a gesti, imponendo una regola e punendo se la seguii. Non rimane nemmeno la possibilità di rifugiarsi nella schizofrenia, scacciata dai manuali diagnostici dove imperano gli spettri.
Sei nata femmina e la misoginia inizia a ferirti tra le lenzuola di casa. La madre non offre sostegno, ma costrizione. Cerchi punti di riferimento e trovi contraddizioni. Cerchi la vita fuori di casa e trovi le trappole che ti aspettano, a fauci aperte.
Il caso di impone un incontro speciale: qualcuno che sembra diverso e ti fa intravedere una via d’uscita, che in breve si rivela una trappola ancora più subdola, non meno pericolosa. Eppure, quando sembra che il ragno ti abbia ormai imprigionata nella sua tela, scopri che puoi tirare i fili, se guardi il mostro in faccia e scopri finalmente la tua forza, svelando il disegno che si nascondeva dietro le apparenze, la debolezza che si travestiva la forza.
La scelta lessicale di questo romanzo è raffinata; il ritmo fluido, privo di banalità, senza forzature. I protagonisti li riconosciamo subito, in qualche modo li abbiamo già incontrati, anche se forse non ci aspettavamo di ritrovarli qui.
In sintesi, un romanzo da premiare, ancora.

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letteratura contemporanea di qualità
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L'animale femmina 2018-07-13 15:40:20 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    13 Luglio, 2018
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Una ribellione femminile

Emanuela Canepa vince il Premio Italo Calvino 2017 con L’animale femmina: un libro che:
“mette a nudo non solo le contraddizioni delle donne, ma anche la fragilità degli uomini. “
Narra la storia di Rosita, una brava ragazza che si reca a Padova per studiare Medicina , ma deve mantenersi agli studi, e per far ciò lavora come cassiera in un supermercato. La vita per lei è difficile, sempre alle prese con le grandi difficoltà finanziarie. Non le sembra vero quando l’avvocato Lepore Ludovico le offre un nuovo lavoro. Quest’ ultimo le permetterebbe di lavorare, guadagnando persino di più, e di iniziare a dare esami con una maggiore frequenza. Non sa di essere una vittima predestinata eccellente: è timida, non pensa ai vestiti, è educata, ha una relazione che non porta a nulla con un uomo sposato e per di più anche vigliacco. L’avvocato tenta di annientarla con i suoi discorsi misogini. Ma:
“Sono mesi che mi tormenta ai limiti dello stalking. Ragionare con lei è impossibile. Non vuole la soluzione più efficace sul piano dei diritto. Vuole che qualcuno le restituisca la vita che ha perso. O almeno un responsabile su cui infierire. Un cadavere per placare la rabbia. Tutte cose che io non posso darle.”.
Un tentato plagio, ma da vittima diventa carnefice. Conflitto tra uomo e donna, una ribellione che diventa sempre meno silenziosa.
La narrazione è fresca, limpida, lineare. Tuttavia la lettura non mi ha convinta del tutto: il finale lascia esterefatti, i discorsi misogini urtano qualunque tipo di sensibilità e si rivelano solo moti di delusione, senza grossi fondamenti. Offre però spunti di riflessione sulla psicologia femminile e maschile. Ciò che più mi è piaciuto è che l’autrice non assolve nessuno, sono tutti colpevoli indistintamente, da una parte come dall’altra. Una lettura particolare.

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L'animale femmina 2018-06-10 16:00:07 evelyn73
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evelyn73 Opinione inserita da evelyn73    10 Giugno, 2018
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noia !

Attratta dalle recensioni e commenti tutti positivi, mi sono lasciata tentare ... inizio molto promettente, poi a mio parere una noia mortale. Soporifero. Verso la fine saltavo frasi, segnale questo per me che proprio non va ... ma volevo finirlo, seppur in qualche modo. Probabilmente sono io a non aver capito il messaggio che l'Autrice voleva far arrivare (alle donne?) ... di fatto la protagonista vive un'infanzia con una madre oppressiva, da cui riesce a prendere le distanze. La presenza ingombrante della madre segna anche la sua personalità e il suo modo di essere (ma questo non sarà mica una novità), per cui tramite il rapporto (professionale) con Avvocato Lepore - un anziano misogino il cui racconto del passato è disseminato qua e là nel romanzo - pare riesca a svoltare e riappropriarsi della propria vita. mah! premio Calvino 2017 all'unanimità???? Letto libri "anonimi" decisamente migliori. Via alla bancarella dell'usato!

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