Che ne è stato di te Buzz Aldrin?
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Top 1000 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
How to disappear completely
Che ne è rimasto di “Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?” ?
Gran poco, oserei dire.
Ammetto di aver fatto cilecca con questo ruvido volume Iperborea di 450 pagine.
Eppure ero carico abbastanza e di premesse ce ne erano molte: un plot dotato delle giuste tematiche per poter sviscerare qualcosa di significativo, tanti feedback positivi, qualche spunto letto qua e la che poteva fare seriamente al caso mio.
Ma il risultato? Che ne è stato della scossa? Che ne è stato della puntura, di quel marasma di sensazioni al centro dello stomaco? Volevo smarrirmi dentro la storia, mi sono smarrito e basta.
Se dovessi paragonare la lettura di questo libro ad una maratona ora sarei un maratoneta stanco e un po' annoiato, coi muscoli andati ben oltre la soglia consentita perchè sono uno di quelli testardi che conclude sempre e comunque le sue gare, anche se inizi a sospettare che al traguardo non ci sarà nulla ad attenderti, a parte la consapevolezza di aver corso invano.
“La persona che ami è fatta per il 72,8% d'acqua e non piove da settimane.”
Eppure parte bene questa storia. Mattias, 29 anni, nasce la stessa notte in cui Neil Armstrong e la sua squadra raggiungono per la prima volta il suolo lunare; ma sarà Buzz Aldrin, il secondo uomo a sbarcare sulla luna, a diventare un simbolo per il ragazzo, il simbolo dei numeri due, di chi non ha bisogno del palcoscenico riservato ai primi, di chi si rende utile pur stando dietro le quinte, di chi sparisce tra la folla, di chi non ha bisogno dei riconoscimenti perchè è consapevole del proprio valore, della propria utilità. Per questo Mattias si costruisce la sua bolla di vetro: una fidanzata, un lavoro da giardiniere di cui va fiero e che gli permette di non esporsi troppo, un talento da cantante che preferisce tenere tutto per se dato che non accetterebbe mai di essere il protagonista. Tutto prosegue regolarmente finchè la bolla va in frantumi e Mattias pure. La storia prosegue dentro il piovoso scenario delle Isole Faroe dove Mattias trova delle persone disposte ad aiutarlo a ritrovare la via smarrita. Poi piove, piove, piove e piove....
C'è sicuramente qualche spunto interessante ma ho trovato tutto molto ma molto inverosimile, dai protagonisti alla storia, al finale per finire alla struttura narrativa. Idee ben poco chiare a mio avviso e troppe forzature.
Con te Mattias non c'è proprio stata sintonia, mi dispiace, e dire che coi solitari e i problematici mi son sempre trovato bene, ma tu caro mio, mi sei sembrato più la sfumatura grigia di un uomo in difficoltà, una bozza incompleta, piuttosto che un personaggio vero e proprio. E poi mi cadi dal pero, non l'hai visto il vecchio Buzz stringere la mano ad Optimus Prime? Ti pare uno che vuole scomparire? Ma dai.
Parlando di emarginati in fuga, mi viene spontaneo il confronto col vecchio “Suttree” di McCarthy, e penso che, tutto sommato, quello che mi aspettavo di trovare tra le pagine di Johan Harstad, l'avevo già assaporato ampiamente dentro la prosa di McCarthy, sulle sponde del fiume Tennessee, dentro le scazzottate e le sbronze, laggiù a Knoxville.
Ad ogni modo, non mi sento di sconsigliare la lettura. Sono sicuro che altri gradiranno la compagnia di Mattias e troveranno sicuramente quella piacevolezza e quell'empatia che stavolta a me è mancata.