Il lampadario Il lampadario

Il lampadario

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Nella grande casa in cui, magra, scalza, solitaria, la piccola Virgínia si aggira «in concentrata distrazione» i mobili spariscono un po' alla volta, «venduti, rotti o troppo vecchi», e le porte si aprono su stanze in cui regnano «il vuoto, il silenzio e l'ombra». Abbandonato nella vasta sala da pranzo – dove brillano «vetri e cristalli addormentati nella polvere» – c'è però un lampadario, unico sopravvissuto di antichi fasti: «Il grande ragno avvampava», e Virgínia «lo guardava immobile, inquieta, sembrava presagire una vita tremenda. Quell'esistenza di ghiaccio». Ma soprattutto insieme a lei c'è Daniel, il fratello di poco più grande, che da quando è nata la considera «solo sua», che la protegge e la tormenta, e con lei condivide straordinari segreti: dal misterioso cappello che vedono scivolare lungo il fiume – e che immaginano appartenga a un annegato – alla scatola piena di ragni velenosi di Daniel, fino alla Società delle Ombre di cui sono gli unici membri. Quando i due, cresciuti, lasceranno insieme la tenuta di Granja Quieta per andare a studiare in città, i loro destini si separeranno. E quando, dopo un'ardua educazione sentimentale, Virgínia deciderà di tornarci, capirà «che il posto dove si è stati felici non è il posto dove si può vivere»: sul treno che la riporterà lontano si accorgerà di essersi scordata di guardare il lampadario e saprà «di averlo perduto per sempre», così come ha perduto per sempre la sua infanzia miserabile e incantata. Lispector narra questa struggente iniziazione alla vita con la sua lingua lussureggiante e visionaria.



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Il lampadario 2022-09-07 03:32:53 68
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68 Opinione inserita da 68    07 Settembre, 2022
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Doppio viaggio

Una dimensione introspettiva, onirica, che ricorda Virginia Woolf e che sembra attraversare il tempo per catturarlo ed eluderlo, un monologo che abbraccia i temi cari a un’ anima inquieta, estrema, forte e fragile, che accarezza un’ idea di vita specchiandosi nel luogo della memoria, Granja Quieta, dimora spettrale della propria infanzia, depositaria di vuoto, silenzio, ombra.
L’ essenza di Virginia si muove ai confini delle cose, una simbiosi passiva con il fratello Daniel, uniti dal mistero di storie inventate e da una Società Segreta di cui sono gli unici membri, con l’ idea di scappare da quel …”microcosmo di ghiaccio “….
Nessuno fa visita alla loro famiglia, una madre che vive segregata all’ interno della grande casa, una sorella, Esmeralda, che non si è buttata a capofitto nella vita, le redini di Granja Quieta nelle mani del padre e della nonna.
Virginia e Daniel respirano la medesima condizione di libertà ma sono diversi, lei è un suo surrogato, stupida e incapace, lui difficile da comprendere, forte, ingegnoso, spavaldo. Ciò che, sin dall’ infanzia, attanaglia e percuote la protagonista, è un senso di una vita ricca di dettagli ma allo stesso tempo come …”se fosse un tratto abbozzato senza forza e senza fine”…, come …”i resti di un’ altra vita. “…, …” attanagliata da un’ ispirazione breve “….
Pagine e pagine assecondano sensazioni forti, ipotizzando un’ ombra di se’ a cui manca sempre qualcosa, che fluttua tra un reale insopportabile e fatto di piccole cose e una percezione smisurata, quel quid che le permetta di assolvere una vita coperta di niente.
Un flusso di coscienza che attraversa gli anni lontano da Granja in una vita vivibile all’ interno di una neo dimensione cittadina, afferrando un amore con tratti piuttosto sfumati, anche forti, ma dai contorni irrisolti.
Virginia ha la sensazione di avere una vita ma da sempre si sente stanca, estranea e preziosa, volutamente esitante, come se l’ oggi fosse il domani, ignara di se’, attraversa la realtà senza riconoscerla. innocente e distratta come un bambino.
Il suo corpo pare dissolversi, percezioni prive di ragionamento, il suo mondo e quello di Daniel un microcosmo sconosciuto e folle con l’ idea che sopra il cielo fluttuino i suoi desideri materiali, le visioni, i ricordi, le parole, la vita. Vorrebbe essere libera ma non riesce ad afferrare il reale significato del vivere, si guarda allo specchio ma si vede angosciosamente muta e sprofondata nel se’.
La maturità sarà una dimensione di vecchiaia con la cognizione di un passato che non avrebbe più potuto toccare, un tempo che non le appartiene perché già compiuto, ma a cui si aggrappa.
Respira una sensazione di infanzia che non riesce più a cogliere, semplicemente …” la sua disperazione oltrepassava misteriosamente le amarezze della vita e la sua allegria più segreta sfuggiva al piacere del mondo “….
In lei permane l’idea di essere sola al mondo, scoprirà di non avere buonsenso, di non possedere nessun passato, una vita improvvisata e vuota che ha perso l’ incanto infantile.
Il solo modo di ricollegarsi a un passato di smemoratezza sarebbe vivere l’ imperfezione del presente, lasciando un’ infanzia in cui aveva cercato la perfezione.
Un giorno il ritorno agognato a Granja le farà pensare di avere perso il respiro di casa, che quel luogo ha smarrito la propria dimensione antica, percepita da bambina, immersa nel sogno e non nelle lenta superficie delle cose, nel viaggio di ritorno si accorgerà di avere ignorato il vecchio lampadario di casa, perdendolo per sempre, come la propria infanzia, perché

…’ il posto dove si è stati felici non è il posto dove si può vivere ”….

Il secondo romanzo di Clarice Lispector, scritto nel 1946, è un viaggio vorticoso e introspettivo negli abissi inesplorati del proprio se’, una sorta di educazione sentimentale in una vita in parte priva di sentimento. I pensieri e le emozioni della protagonista si spezzano, la realtà si liquefa’, la fuga impregna i propri desideri, il buio rallegra la mente, il tempo pare inseguire la memoria di un luogo, Il profondo non è tragico e neanche comico, è un albero, un pesce, lei stessa.
La lettura genera un viaggio parallelo, inafferrabile, fragile, bellissimo, rapiti dal potere persuasivo e dalla bellezza onirica e visionaria di un linguaggio che sembra ogni volta frantumarsi e rigenerasi restituendo emozioni forti, estreme, vere.

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