Narrativa straniera Romanzi La scopa del sistema
 

La scopa del sistema La scopa del sistema

La scopa del sistema

Letteratura straniera

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Un romanzo fluviale, comico e insieme profondo: un atto di fede nella forza delle storie, e nella loro capacità di prendere per il collo e raccontare il mondo. Le avventure di Lenore, che si mette alla ricerca della bisnonna, antica studiosa di Wittgenstein, fuggita dalla sua casa di riposo insieme a venticinque tra coetanei e infermieri. Una galleria di personaggi uno più esilarante e paradossale dell'altro, sullo sfondo di un'America impazzita, grottesca, più vera del vero.



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La scopa del sistema 2020-12-28 17:38:10 lego-ergo-sum
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lego-ergo-sum Opinione inserita da lego-ergo-sum    28 Dicembre, 2020
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UNA BISNONNA PER AMICA

Contiene qualche inevitabile anticipazione.
Protagonista della storia è Lenore, impegnata nella ricerca della bisnonna, che ha il suo stesso nome ed è fuggita dalla casa di riposo con un folto gruppo di ospiti. Ha un compagno, Rick Vigorous, titolare della casa editrice per la quale lavora in qualità di centralinista. Un centralino impazzito, che i tecnici tentano invano di riparare, fino alla soluzione finale, anch’esso testimone dell’ingorgo comunicativo in cui siamo immersi. Come nei romanzi d’amore che si rispettano, tra i due si insinua un terzo incomodo, Andrew Salanger Lang, detto Wang-Dang Lang, contraltare di Rick, con la sua prorompente vitalità opposta alla debolezza e all’impotenza del rivale: Vigorous è uno dei tanti “nomi parlanti”, in questo caso al contrario, di cui il romanzo abbonda.
Sullo sfondo, la società americana con le sue fragilità, gli eccessi, la solitudine, il problematico rapporto con gli anziani, le assurde e comiche distorsioni della comunicazione, la tirannia della televisione. Surreale, tra le tante, la storia del pappagallo di Lenore, Vlad l’Impalatore, assurto alla gloria delle ribalte televisive per i suoi messaggi tra pornografia e teologia, e utilizzato da un telepredicatore per incrementare iscrizioni e contributi. Si intuisce che l'exploit linguistico del pennuto possa derivare dalla somministrazione di un portentoso alimento per l'infanzia della ditta di cui è titolare il padre di Lenore e la cui formula era in possesso di un'amica di Lenore senior, anch'essa ospite della casa di riposo. Intrise di umorismo e di umanità sono anche le numerose storie di anziani nelle case di riposo, come quella dell'arzilla bisnonna e della nuora Concardine, senza trascurare il breve ma toccante ricordo della nonna da parte di Lang.
Un ruolo di primo piano ha la psicanalisi, altro mito americano, con tanto di verbali delle sedute dei protagonisti (la mescolanza dei materiali è tipica del postmoderno), le strategie grottesche del dottor Jay, che indossa una maschera antigas ogni volta che avverte “odor di breccia”, cioè ritiene di essersi avvicinato al nucleo profondo dei traumi e dei complessi dei suoi pazienti, quando scricchiola il loro solipsismo ed essi cominciano a rendersi conto del rapporto insano tra il proprio Io e l’Altro. Questo terapeuta bizzarro e poco professionale sostiene di ispirarsi alle “Conferenze sull’igiene” di un certo professor Blentner, ma è un falso colossale. L’idea è che ognuno di noi sia come una membrana che può, se e quando vuole, aprirsi all’Altro e farlo entrare dentro di sé, ma solo se è libero ed autonomo. Altrimenti resterà impenetrabile e potrà al massimo essere sporcato da un amore morboso e possessivo . Di questo tipo è il sentimento di Rick per la protagonista, questa è la chiave di lettura necessaria per comprendere Norman Bombardini, che dopo una delusione amorosa - non è riuscito a dimagrire e la moglie l’ha lasciato- ha deciso di ingrassare fino al punto di inglobare l’intero mondo esterno e di concedere un piccolo spazio solo a Lenore, di cui si è innamorato con grave rischio per lei e per tutti.
Sì, perché la realtà è sottoposta da Wallace ad un continuo processo di deformazione, che sfocia in una serie di situazioni surreali, invenzioni paradossali, esagerazioni verbali che, partendo da una ben riconoscibile realtà psicologica o sociale, generano fatti e personaggi iperbolici, che si stenta a comprendere se si rimane legati ad una prospettiva realistica. Wallace mescola piani narrativi e linguaggi, intreccia le traiettorie dei personaggi, legandoli gli uni agli altri in una girandola inesauribile di relazioni, di scambi, di incontri: ad esempio, Lang è il ragazzo che, insieme ad un compagno di studi, aveva fatto irruzione, nove anni prima, nella stanza del collegio dove Lenore si trovava in visita alla sorella Clarice. I personaggi, numerosissimi, al punto da richiedere uno sforzo supplementare di attenzione (si consiglia di approntare uno schemino per non confondersi) hanno tutti una individualità spiccata, un pregresso che da solo potrebbe fornire la trama ad un racconto “tradizionale”.
Questa affabulazione così esuberante trova conferma nelle numerose storie che interrompono il plot principale, ribadendo, se mai ce ne fosse bisogno, l’ascendenza postmoderna del romanzo di Wallace. Spiccano in questo senso i racconti, alcuni dei quali splendidi, che Rick riceve da aspiranti scrittori in cerca di pubblicazione, di cui affiderà in un secondo momento la lettura alla stessa Lenore (salvo inserire tra questi una propria creazione e vedersela bocciare dall’amante ignara). Inutile dire che in queste narrazioni si colgono legami con le vicende dei protagonisti e indizi di successivi svolgimenti, come il bellissimo racconto della donna che nascondeva una raganella nella piega del collo.
Lo stile di Wallace è di una varietà geniale: ora descrittivo in modo addirittura pignolo nel definire e squadrare ambienti, paesaggi, oggetti e tecnologie, ora lanciato in allusioni simboliche e metaforiche da decifrare, ora intessuto di periodi lunghissimi, interminabili, ricchi di germinazioni ed espansioni attraverso causali, avversative, relative, coordinate, consecutive, come avviene quando la voce narrante è quella di Rick, definito dal suo antagonista Lang “ampollosa cornacchia”. Brillano i dialoghi, frequenti ed estesi, con uso ripetuto dei puntini sospensivi o del trattino per le battute mancate e omesse.
Ma il romanzo non è solo questo. C’è alla base un continuo rimando alle tesi filosofiche di Wittgenstein, grande filosofo e logico austriaco del Novecento. Già il titolo ne è un segnale. Il fratello di Lenore, LaVache, detto l’Anticristo, altra formidabile invenzione, ricorda che una volta la bisnonna, wittgensteiniana di ferro, gli chiese quale fosse la parte più importante della scopa e, per dimostrare che non esisteva una risposta assoluta, ruppe un vetro davanti ai nipoti allibiti brandendone il manico: al bisogno, questo può essere più utile della spazzola.
Viene qui riportata la tesi delle “Ricerche filosofiche”, in cui il filosofo sostiene il carattere funzionale del linguaggio, fondato sul patto che i parlanti stabiliscono tra loro. Ogni elemento prende significato dal ruolo che svolge nell’ambito più generale del sistema linguistico (di qui “La scopa del sistema”). C’è dunque la mano dell'anziana intellettuale nei numerosi indizi filosofici di cui il romanzo è disseminato. La sua scomparsa è probabilmente una trovata necessaria per completare l’azione educativa che ha sempre svolto sulla nipote prediletta, liberandola, per quanto possibile, sia dalla propria ingombrante presenza sia dalla rete che il linguaggio avvolge intorno a lei (come a noi tutti) e permettendole così di uscire dalla sua solitudine, di trovare se stessa e la propria autonomia. A tale fine, ha ingaggiato il dottor Jay, come sembrerebbe rivelare (il condizionale è d'obbligo nella esegesi di questo testo) un breve, misterioso paragrafo del capitolo 14. Non a caso il raggiungimento di questo obiettivo passa per l’abbandono di Rick, che aveva tagliato su di lei un abito fatto di manie, complessi, nevrosi e cercava di ingabbiarla nelle proprie morbose costruzioni linguistiche e letterarie, per ovviare alla propria impotenza. Si può dunque parlare di “romanzo di formazione”, cioè di una storia attraversando la quale il personaggio si modifica e giunge alla sua maturazione.
Ma si può anche notare come il romanzo si risolva in un metaromanzo e che Lenore, manovrata dall’”autore” Rick, tenda a liberarsi dal proprio ruolo di personaggio e dalla prigione in cui vuole tenerla rinchiusa il suo artefice, passando, pirandellianamente, dalla “forma” alla “vita”. Si tratta di ipotesi che hanno tutte agganci con questo o quel punto del racconto, ma di cui non si può essere sicuri. L’unica certezza è che il lettore è chiamato costantemente ad uno sforzo interpretativo e che questo richiede fatica e applicazione. Ma ne vale la pena.

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Consigliato a chi ha letto...
Ovviamente tutta l'opera di David Foster Wallace, ma la lettura di questo romanzo dovrebbe precedere "Infinite Jest". Può aiutare qualche sintesi ben fatta del "Tractatus" e delle "Ricerche filosofiche" di Wittgenstein. Può anche giovare anche una ripetizione del pensiero pirandelliano, che qui ho citato. Sarebbe interessante un confronto con altri autori postmoderni.
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La scopa del sistema 2016-03-01 15:14:09 Giovannino
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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    01 Marzo, 2016
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Un autore non per tutti.

Prima de "La scopa del sistema" avevo letto tre libri di David Foster Wallace: l'antologia di racconti "Oblio", "Tennis, trigonometria, tornado" e "Una cosa divertente che non farò mai più". Di conseguenza questo era il primo romanzo dell'autore americano che leggevo (essendo gli altri racconti e saggi) e l'ho voluto proprio leggere di proposito, sebbene non sia uno dei miei autori preferiti, per chiarirmi un po' le idee su di lui.
Il romanzo racconta la storia di diversi personaggi, alcuni realistici, altri un pò surreali (tipo il pappagallo Vlad l'Impalatore). Tutto parte da un classico episodio da college americano, due ragazzi bussano alla porta della camera di alcune ragazze e cercano un approccio in maniera un po' goffa e un po' irruenta (chiedono infatti alle povere ragazze un autografo sulle natiche di uno dei due e quando le ragazze di rifiutano e cercano di chiudere la porta questa viene bloccata di forza con il piede). Poi l'episodio in questione finisce lì e il romanzo riparte anni dopo, ognuno dei protagonisti dell'episodio ora ha una propria vita ma le loro strade sono destinate ad incontrarsi di nuovo e quello che era rimasto in sospeso è destinato a continuare.
I personaggi come detto sono quasi tutti abbastanza realistici, una centralinista, il suo pseudo-ragazzo proprietario di una casa editrice, una vecchietta che scompare (nonna della protagonista), il corpulento è depresso proprietario di una grande azienda, e molti molti altri (alcuni principali ed altri personaggi secondari che comunque avranno il loro ruolo importante nella storia). Il romanzo logicamente racconta dei rapporti interpersonali che intercorrono tra queste persone ma non solo, sono infatti molto frequenti anche i racconti introspettivi dei personaggi (diversi capitoli infatti raccontano di sedute psicanalitiche). La scrittura è sempre molto elevata e ricca di particolari, stupisce inoltre il fatto che un romanzo così elaborato e complesso sia stato scritto dall'autore alla giovane età di 24 anni, questo a sottolinearne il genio. Com'è tipico del realismo isterico di Wallace spesso ci si distacca dalla storia principale per andare a sbattere altrove e in molti casi è facile perdere il filo del racconto (soprattutto in questo romanzo che essendo uno dei primi non ha le note a fondo pagina, caratteristica che invece poi diventerà fissa nelle sue opere).
Detto ciò vorrei spendere due righe per parlare del Wallace autore. Negli ultimi anni infatti é stato fatto oggetto di grandi lodi ed è diventato uno degli autori più letti (o almeno così dice chi afferma di amarlo) dalla massa. Ora io mi trovo al quarto libro di Wallace ed onestamente, pur ritenendo che sicuramente aveva un'enorme capacità letteraria, non lo trovo certo uno degli autori più facili da seguire nè tantomeno da comprendere (anzi credo che il suo realismo isterico sia veramente uno stile estremo). Lo stesso Stefano Bartezzaghi nell'introduzione di questo romanzo parla di questa difficoltà sottolineando come addirittura il romanzo possa essere letto e seguito in due diversi modi, in maniera cronologica o meno. Lo stesso problema nel seguire il "funambolico" autore americano l'ho trovato in alcuni racconti di "Oblio". Vero è che probabilmente è proprio questo il bello della sua prosa, senza dubbio, ma onestamente vedendo poi le statistiche sui libri letti all'anno dagli italiani (come numero siamo tra gli ultimi in Europa) e allo stesso tempo sentire decine e decine di persone che dicono che bravo Wallace, beh rimango un pò sorpreso e mi chiedo: ma l'hanno mai letto un libro intero di Wallace o si sono fermati all'introduzione? O ancora peggio parlano per sentito dire?
Tutto ciò ripeto senza nulla togliere ad un genio letterario tra i migliori degli ultimi 30 anni, ma assolutamente non così facilmente fruibile e comprensibile come la massa tende a far credere.
Personalmente, per concludere, ritengo che sia molto più apprezzabile nei saggi, dove la sua "libertà letteraria" riesce ad essere meglio veicolata (ho apprezzato tantissimo "Una cosa divertente che non farò mai più") e dove i suoi excursus letterari sono molto più attinenti e diventano quasi uno chiarimento a quello che si sta leggendo, soprattutto risultano più a tema. Resta comunque per me un autore che o si ama o si odia, nonostante l'elevata capacità letteraria.

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La scopa del sistema 2013-09-12 16:52:28 st_bruno
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st_bruno Opinione inserita da st_bruno    12 Settembre, 2013
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Parole su parole e basta

Libro nel complesso noioso, che non sono riuscito a capire.
Di divertente ho trovato solo la parte riguardante la descrizione iniziale di Vlad l'impalatore a cominciare dal suo nome.
Parole e frasi ripetute su se stesse alla faccia della grammatica italiana ed inglese.
Buona la traduzione, e le note del traduttore, che spiegano con chiarezza la differenza con l'equivalente termine italiano.
Forse lo stile dimostra la bravura e l'unicità dell'autore, peraltro morto suicida.
Non escudo che i suoi scritti siano stati rivalutati dopo questo tragico evento.
Però, reputo una perdita di tempo leggere seicento pagine di vicende senza senso, o che dimostrano il "non senso" dello stile di vita degli americani.
Da questo punto di vista meglio, anziché leggere, guardare qualche film di Moore o del tipo "American Beauty".

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La scopa del sistema 2010-03-29 11:27:43 Minny
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Minny Opinione inserita da Minny    29 Marzo, 2010
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Magnifico esordio

E' il magnifico esordio di un genio: Non uso a caso questa parola: ne sono profondamente convinta.Ho scoperto Wallace da poco ed è stato emozionante.
Questo romanzo non giunge alla dimensione di capolavoro assoluto qual'è "Infinite gest", ma è , lo rieoto il magnifico esordio di uno scrittore geniale.
Ci sono già la capacità di gestire vicende di ampio respiro e una folla di personaggi , come in una perfetta partita di scacchi , l'ironia corrosiva, uno stile che sembra naturalissimo ed è invece studiato e soppesato in ogni dettaglio, la invincibile trisetzza l'anima tragica dello scrittore che, come tutti sanno , si è suicidato a 46 annni : imperdibile.

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Consigliato a chi ha letto...
già Wallace e , soprattutto, a chi non lo ha letto: non perda l'occasione di leggere i libri di un genio
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