La stanza La stanza

La stanza

Letteratura straniera

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L'ufficio come luogo di alienazione per eccellenza: ambiente malsano e competitivo, coacervo di paranoie e paure, motore di dinamiche che possono portare alla follia. In questo romanzo dalle atmosfere kafkiane, il protagonista, Bjorn, ci racconta nel dettaglio i suoi primi giorni in un nuovo ambiente di lavoro, e la scoperta fortuita, tra i bagni e l'ascensore, di una "stanza" misteriosa, stranamente inutilizzata e in perfetto ordine. Bjorn è incapace di integrarsi a causa di una congenita refrattarietà ai rapporti personali, unita alla consapevolezza di essere migliore degli altri e al desiderio di fare carriera. Trova allora utile e rilassante rifugiarsi sempre più spesso nella stanza, al riparo dagli opprimenti meccanismi d'azienda. Una stanza che, chissà come mai, nessuno dei suoi colleghi ha mai visto o sentito nominare.



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La stanza 2020-01-17 14:37:20 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    17 Gennaio, 2020
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Il muro

È un ufficio come tanti, scrivanie, sedie, computer, ascensori e bagni; colleghi più o meno conosciuti, vite che non sono la tua, convivenze forzate, amicizie smorzate, gesti ripetitivi, arrivismo e competizione. È l’ufficio moderno di un paese moderno, con le pareti curate e il pavimento da calpestare solo con scarpe pulite o pantofole. E poi c’è una stanza strana, ordinata e senza polvere, aperta lungo il corridoio; la stanza che Bjorn ha scoperto senza averla mai prima vista e nella quale ritrova la pace e la tranquillità di cui ha bisogno. Il fatto è che la stanza esiste solo per lui: quando lui è lì dentro, per i colleghi sta solo fissando il muro bianco per minuti interi. Perché Bjorn, anche se non viene mai detto, vive in uno spazio mentale diverso dai più: ossessivo-compulsivo, ordinatissimo, ma autistico e incompreso, viene relegato a riempire stampanti e compilare elenchi. Eppure lui è più bravo di tutti a scoprire la logica delle direttive che vengono dall’alto e a riscriverle in un modo tanto limpido da sembrare miracoloso. E allora l’ufficio, sulle fiamme dell’invidia e della emarginazione, diviene il campo di battaglia di due fazioni inconciliabili, di due mondi che non possono tollerarsi, quello di Bjorn e quello dei normali: il primo, antipatico e tronfio, ma quasi commovente nella sua dispercezione e nelle sue idee francamente maniacali; i secondi spaventati e aggrappati all’ordine fragile delle cose. In quella che diventerà una lotta all’ultimo colpo per il futile potere dell’ufficio, Bjorn resterà il più debole e risponderà al divieto impostogli di non entrare più nella stanza come un animale ferito, scomparendo nel muro.

Non era facile descrivere il mondo dagli occhi di una persona con alterazioni psichiche e per buona parte del testo il lettore dubita dell’esistenza o meno della stanza, perché in fondo il mondo è sempre il nostro mondo e non basta quello che viene visto dai più per definire la normalità. Karlsson segue la scia, sebbene con altre ambizioni, di Faulkner che fa parlare Benjamin nel suo “L’urlo e il furore”: costringe a entrare in un mondo diverso per accettare la diversità. E mi spiace molto che questo libro sia stato ridotto ad una mera metafora dell’alienazione del lavoro moderno, perché credo vada molto oltre: l’ufficio è, nel suo piccolo, specchio di un mondo dove siamo lontanissimi dall’accettazione, dall’integrazione e da ogni altra forma di comprensione. La guerra isterica di questo ufficio contro Bjorn ha, in fondo, le stesse basi delle guerre di fuoco e proiettili che torturano il mondo. Libro essenziale nello stile, rapido nei capitoli, ma inaspettatamente doloroso nella sua inappellabilità.

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La stanza 2015-01-03 15:20:41 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    03 Gennaio, 2015
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Assonometria isometrica

I bordi delle pagine rossi. Questo è il particolare che mi ha portato a scegliere il libro, oltre alla copertina naturalmente. Sì, perché la maggior parte delle mie scelte di lettura si fonda su quanto mi conquista una copertina, oppure il titolo. E questa, pur nella sua semplicità, è davvero particolare: tutto un contrasto tra il colore bianco ed il colore rosso, il codice a barre del libro, lì in bella vista ed in una posizione anomala rispetto al solito, parte di una composizione che ricorda un’assonometria isometrica. Cominci la lettura e ti trovi proiettato in un ufficio moderno, con la tipica freddezza dei rapporti umani che ci sono oggi sul lavoro, in un ambiente tutto sommato prevalentemente malsano e competitivo. Conosci il protagonista e lo trovi immediatamente irritante e profondamente antipatico: dall’alto del piedistallo, su cui crede di essere, giudica tutti e tutto, anche se in fondo ha solo un carattere tremendamente scontroso, nonché ossessivo e maniaco. Si sente vittima di una congiura da parte dei colleghi dell’ufficio e ne nasce una storia surreale, che ricorda tantissimo le atmosfere kafkiane, anche se l’ambientazione è decisamente molto più attuale. Storia da cui emerge prepotentemente la percezione distorta che si può avere della realtà, nonché l’impatto che le ansie legate al lavoro moderno possono avere sulla psiche di una persona, fino al suo appiattimento, che è anche la chiusura finale del libro. Una volta chiuso, riguardi la copertina ed il cerchio si chiude, perché vedi un significato anche in quel quadro, dove lo stesso disegno della cravatta ricorda questa sensazione di soffocamento che ti ha pervaso durante tutta la lettura.

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