Una rosa sola Una rosa sola

Una rosa sola

Letteratura straniera

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La storia di una donna e del suo reimparare a vivere, in un Giappone che ha il profumo dei fiori e dei ricordi lontani. Rosa fa la botanica, ha quarant’anni, vive a Parigi ed è tristissima. O, per meglio dire, è depressa. Conosce i fiori, ma non li guarda; le piacciono gli uomini, ma solo per una sera; niente la appassiona, niente riesce a smuoverla dalla cappa plumbea in cui trascorrono le sue giornate, la vita le sembra un faticoso percorso senza senso. Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyoto per assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa solo che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione con la madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto. Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore e quindi di vita.



Recensione della Redazione QLibri

 
Una rosa sola 2021-05-21 12:39:37 C.U.B.
Voto medio 
 
1.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
1.0
C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    21 Mag, 2021
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Metti un po' di musica leggera, anzi leggerissima.

Rosa è una donna triste, cresciuta da una madre triste.
E’ avvenente, si fa scivolare addosso gli uomini senza molto interesse. Ha studiato botanica, ma vede alberi senza guardarli.
Rosa è un fiore francese tra le peonie di Kyoto, mentre aspetta la lettura del testamento del padre giapponese, mai conosciuto.

“Dopo le ceneri, le rose”

Durante la lettura di questo breve romanzo ho spesso pensato ad alcune righe scritte da Mishima Yukio, in cui sosteneva la bellezza di un abito tradizionale indossato da una donna del paese di appartenenza. E’ splendida un’indiana in sari, è affascinante una giapponese in kimono. Scambiate gli abiti e, pur restando graziose, si avvertirà una nota stonata. Questo libro è un vestito indossato da qualcuno che lo imbruttisce, sforzandosi di sedurre con un tessuto che non sa valorizzare.
I punti di forza dovevano essere la voce dell’autrice dell’Eleganza del riccio, il Paese del Sol Levante e il mondo vegetale, tutti elementi che amo.
Se avete gradito il più famoso romanzo di Barbery, sappiate che della penna di carattere del suo best seller qui non c’è neppure un’ombra sfocata.
La narrazione è tanto scorrevole quanto banale, con dialoghi veloci ed elementari al limite dell’imbarazzo. Del Giappone si parla spesso, con una profusione di descrizioni piuttosto irritante poiché si tratta di una carrellata bella, ma senz’anima. Manca lo stupore della prima volta, manca la poesia, manca l’eccitazione o un tangibile dissenso. Latita il realismo.
La botanica è disseminata nel testo con lo scopo di mostrare il disinteresse di Rosa per la botanica stessa, non aggiungo altro. Per il resto, trascorrerete le giornate tra birra, ristoranti e templi, dove piatti e bicchieri son ampiamente riforniti e altrettanto espressi, ma nei santuari buddisti echeggia solo il vuoto di una spiritualità assente e di un sarcasmo urticante. Tra gli altri orrori, una storiella d’amore che non pubblicherebbero nemmeno nella Posta del cuore della rivista Intimità.

Se il vostro intento è di mettere un po' di musica leggera -anzi leggerissima- perché avete voglia di niente, questa è una buona opzione.
Per chi necessiti di un minimo di spessore nella forma o nel contenuto, questo libro è un bacio sulla bocca da un estraneo febbricitante nell’annus horribilis 2020. Scappate.

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