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Il lupo della steppa
 
Il lupo della steppa 2013-07-03 15:47:26 GiammarcoCamedda
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GiammarcoCamedda Opinione inserita da GiammarcoCamedda    03 Luglio, 2013
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"Il lupo della steppa" di Hermann Hesse

Parto dal dire che inizialmente, più o meno dalla prima alla quarantacinquesima pagina, questo libro mi è apparso scritto in maniera noiosa oltre che poco leggibile. Nelle restanti centoquaranta pagine il mio pensiero si è del tutto ribaltato, arrivando a dire che il libro che avevo davanti fosse un capolavoro (cosa che realmente è). Una recensione solitamente serve a sottolineare i pregi e i difetti di un romanzo, ma questa volta, come mia terza volta in cui recensisco un romanzo, voglio fare uno strappo alla regola, e soffermarmi sul significato del libro, più che sulla modalità di scrittura. Ciò che ci viene proposto è uno scenario possiamo dire catastrofico, non reale, ma immaginario e fantastico. Dico questo nel senso che, il romanzo si basa non su fatti reali ma sulle sensazioni, sui pensieri e sulle emozioni del protagonista, il cui nome è Harry Haller. Il suo viaggio interiore, come dice Hesse, non è da considerarsi negativo per via della sua visione distorta e pessimista della realtà, ma al contrario come una guarigione. La guarigione è intesa, a mio parere, come l'affrontare la paura che l'uomo ha di se stesso, e soprattutto, di ciò che lui rappresenta in mezzo agli altri. Per fare ciò, ci viene proposto un uomo sui cinquant'anni, che vede se stesso e tutto ciò che lo circonda in maniera negativa. Lo possiamo definire un pensatore, perché è questo ciò che fa: pensa, pensa e ripensa sulle cose. Tuttavia, i suoi pensieri non sono del tutto normali e capaci di tutte le persone, la sua visione, per quanto negativa, rappresenta la realtà e va oltre, all'interno di essa. Ci viene spiegato il perché dell'essenza delle cose, e non perché appaiano così. Io sono dell'idea che a questo mondo per la maggior parte degli uomini conti apparire e non essere, e questo romanzo è come una enorme frase che conferma ciò che ho scritto. I mali pensieri di Harry Haller, a partire dal suo messaggio di pace, dalla sua idea di musica, di poesia, di filosofia e chi più ne ha, più ne metta, sono quella che noi possiamo definire "rappresentazione mentale della realtà". E questa rappresentazione mentale, non è che quella vera. Io sono convinto che Harry rappresenti una piccola parte dell'umanità, ovvero chi effettivamente è triste per ciò che vede, e perché è riuscito a capire cose che non molti capiscono, e poi ci sono gli altri, rappresentati da Hermine e da Maria, i quali possono essere definiti come la parte spensierata e libera del globo. Tuttavia, Hermine, nella sua per così dire uguaglianza con gli altri, ha capito cosa c'è dietro, ha compreso e ha affrontato la cosa, uscendone libera come ha sempre desiderato. Per quanto lei sia felice e sorridente, ogni tanto una po' di tristezza traspare nei suoi discorsi, e il lato pessimistico della vita viene fuori da essi. Io credo che Hesse non ci dica di essere come Haller, ma nemmeno come Hermire. Hesse ci vuole dire che ognuno di noi dovrebbe essere ciò che è e credere nei propri ideali, non omologarsi alla massa, non essere tante piccole copie, ma tanti lupi della steppa che guariscono. Che diventano effettivamente persone e non lupi. Io ho interpretato questo romanzo come una grido di lotta alla vita, alla vita vera, e non quella che troppi fanno tutti i giorni portando una maschera e nascondendosi. Il lupo della steppa posso essere io, può essere tizio, può essere caio, può essere chiunque. Una figura che invece mie è piaciuta particolarmente è Pablo. Pablo, musicista del romanzo, senza porsi in mezzo a Harry e a Hermine come un Dio onnipresente, tanto da gestire un Teatro nel quale la realtà è in mano a chi ci entra, e nel quale soprattutto Harry scopre finalmente che non è fatto solo da due minuscole parti (il lupo e l'umano), ma da migliaia di piccoli umani ognuno dei quali ha una sua caratteristica: chi è giovane e libero e spensierato, chi è decrepito e sta per morire, chi ha cinquant'anni ed è triste. L'uomo non può essere semplicemente definito come l'unione di due parti, ma come migliaia di parti. Non c'è solo il lato selvaggio (il lupo) e quella razionale (l'uomo), ce ne sono talmente tante da non poter nemmeno immaginare quante siano.
Il romanzo di Hesse è qualcosa di fantastico per questo motivo: sottolinea la magnificenza dell'uomo in quanto uomo. Che nella sua complessità diventa qualcosa di squisitamente magnifico. Partiamo da un uomo solo, triste e che si sente vecchio, e arriviamo a tantissimi uomini ognuno dei quali gioca la sua parte. Ora, dopo aver espresso quello che penso sul significato posso dire che sia un libro ben scritto, che la caratterizzazione dei personaggi sia perfetta perché espressa attraverso ciò che pensano e sono e non soltanto per come appaiano e soprattutto che sia di una lettura gradevole. Sono certo che questo romanzo contribuisca alla crescita e alla comprensione di lati oscuri dell'uomo, e per questo, dobbiamo solo ringraziare Hesse. Per la prima volta in cui recensisco, dirò che questo non è un libro alla portata di tutti, non facile da comprendere (non fraintendete, neanche io l'ho compreso a pieno, ma ci ho provato) ma che sia degno di essere letto.

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