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La strada in fondo al mare
 
La strada in fondo al mare 2013-12-03 20:25:04 drysdale
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
drysdale Opinione inserita da drysdale    03 Dicembre, 2013
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Una storia infinita...

(il testo contiene mezzo spoiler).

L’attimo suggestivo, nella lettura di questo testo, l’ho vissuto all’ultima pagina. Quando ho potuto finalmente liberarmene. Non potevo farlo prima? Si, però mi secca sempre tanto abbandonare prematuramente un romanzo. Non so: è come se non dessi all’autore la possibilità, fino all’ultimo, di redimersi (almeno ai miei occhi). Però stavolta ho fatto un po’ di fatica.
Intendiamoci: non è un brutto romanzo. E’, a mio avviso, un romanzo piuttosto noioso. Conclusione alla quale sono pervenuto sulla base di alcune essenziali considerazioni:
- la sua lunghezza - 533 pagine, 129 capitoli - è del tutto sproporzionata rispetto all’entità concreta dei fatti narrati (specie nella parte centrale, se ne potrebbe sfoltire tranquillamente la metà senza alterare minimamente la storia ed anzi rendendola più interessante e meno ripetitiva);
- lo stile narrativo non è certamente tra i più moderni;
- la trama del libro mi sembra adatta per una “soap opera”, da un centinaio di puntate, sul piccolo schermo .
Ma di che parla “La strada in fondo al mare”?
E’ la notte del 14 aprile 1912. A bordo del Titanic, tra i 2223 passeggeri e uomini dell’equipaggio, ci sono, nella terza classe, quella dei paria, May Smith, con il marito Joe e la figlia neonata Ellen, in viaggio per gli Stati Uniti all’inseguimento del sogno americano; nella prima classe, quella dei ricconi, Celeste Parkes, moglie di un facoltoso uomo d’affari statunitense, di ritorno dall’Inghilterra dove ha assistito ai funerali della madre.
Dopo l’impatto del transatlantico contro l’iceberg, Joe ed Ellen spariscono nelle acque gelide; May viene recuperata a bordo di una scialuppa di salvataggio, grazie all’intervento di Celeste. Prima di morire, il capitano della nave issa bordo della scialuppa un fagottino contenente un neonato che (chissà perché) viene attribuito a May. Quest’ultima si accorge ben presto che è avvenuto uno scambio di persona ma, superando un dramma interiore – che costituirà il tormentone di quasi tutto il romanzo, riproponendosi periodicamente e stancamente pur con il trascorrere dei lustri – decide di far apparire la piccola come propria figlia.
Da questo punto in poi, il racconto segue le storie delle due donne, divenute amiche per la pelle, dei loro figli (veri o presunti), dei loro parenti. Una storia che va avanti per decenni; passa attraverso due guerre mondiali; perde lentamente, per lutto, alcuni protagonisti; si conclude come da previsioni abbondantemente scontate.
Taluni personaggi o episodi sono talmente caricati da guadagnarsi un posto in prima fila nel settore “inverosimiglianza”. Il marito di Celeste, per dire, è uomo cattivissimo che più cattivo non si può. Troverebbe divieto di accesso perfino all’inferno.
E Angelo? Angelo è un emigrato italiano a New York, in attesa della moglie e della figlia neonata che si trovavano a bordo del Titanic. Si immagini la scena. La sera del 18 aprile 1912 il transatlantico inglese Carpathia, protagonista del salvataggio dei sopravvissuti del Titanic, giunge al porto di New York. La notizia del naufragio ha fatto il giro del mondo e all’arrivo della nave il porto è gremito da migliaia di persone (almeno 10.000, secondo le cronache dell’epoca): amici, parenti e conoscenti dei passeggeri; masse di curiosi: rappresentanti della stampa; un numero indefinito di agenti del servizio d’ordine; mezzi e personale per il pronto soccorso. Dalla nave scendono i 706 naufraghi del Titanic e tutti passeggeri della Carpathia. La zona è transennata e la situazione è, presumibilmente, di vera e propria bolgia. Bene: in tutto ciò, Angelo non solo s’imbatte in una scarpina da neonato abbandonata in terra ma, dal tipo di ricamatura propria della stessa, stabilisce, una volta per tutte, che essa debba necessariamente appartenere a sua figlia, la quale, ovviamente, non può che essere sopravvissuta.
Una volta descritta una simile scemenza, l’autrice non poteva che perseverare. Così…..

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Commenti

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Uh a me è piaciuto!Concordo però su alcune forzature della trama,specie nella parte finale
In risposta ad un precedente commento
drysdale
04 Dicembre, 2013
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Cara Alessia, è evidente, con riguardo alla letteratura come ad ogni altra manifestazione dell’umano agire, che il livello di apprezzamento di un’opera è del tutto soggettivo. Ti dirò, anzi, a conforto delle tue sensazioni, che questo romanzo ha ottenuto in genere validi apprezzamenti. Quelle mie le ho descritte.
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