Narrativa italiana Romanzi storici Il Moro della cima
 

Il Moro della cima Il Moro della cima

Il Moro della cima

Letteratura italiana

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Da quando era poco più di un bambino, il Moro ha una sola certezza: l'unico luogo in cui si sente al riparo dal mondo è tra i boschi di larici, i prati d'alta quota, e qualche raro alpinista... Così, quando gli danno in gestione un rifugio, sembra che la sua vita assuma finalmente la forma giusta. Ben presto in pianura si diffonde la fama di quell'uomo dai baffi scuri e la pelle bruciata dal sole, con i suoi racconti fantasiosi e le porzioni abbondanti di gallina al lardo. E in tanti salgono fin su per averlo come guida, lui che conosce come nessun altro quell'erta scoscesa di pietre bianche e taglienti. Ma quel rifugio è sulla cima del monte Grappa, e la Grande Guerra è alle porte. Lassù tira un'aria minacciosa: intorno al rifugio il movimento è frenetico, si costruiscono strade militari e fortificazioni, arrivano in massa le vedette, i generali, i soldati. E il Moro, che in montagna si sentiva al sicuro, assiste alla Storia che sfila sotto ai suoi occhi: nel 1918 il Grappa è la linea del fronte, un campo di battaglia che non tarderà a trasformarsi in un cimitero a cielo aperto e infine in un sacrario d'alta quota. Ma quando i fucili non fumano più e le fanfare smettono di suonare, lui, il Moro, tornerà sulla sua cima, e davanti allo sfregio degli uomini cercherà il suo personalissimo modo di onorare la sacralità della montagna.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il Moro della cima 2022-03-27 08:07:11 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    27 Marzo, 2022
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Un uomo e la sua cima

Agostino fin da bambino prova un'attrazione speciale per le montagne che circondano il suo paese e durante il periodo estivo in cui sale sugli alpeggi per guadagnarsi la pagnotta come aiuto del malgaro, cementa un legame che durerà tutta la vita con una cima in particolare, il Monte Grappa, per lui semplicemente “la Grapa”.
Un amore che diventa rispetto, generando un senso di appartenenza, perchè percorrere quei fianchi rocciosi e scoscesi significa libertà e felicità, quando gli occhi si perdono all'orizzonte e il silenzio tutto sovrasta.

“Il Moro” come tutti lo chiameranno è un uomo cresciuto in simbiosi con la sua montagna, piantando delle radici che neppure la famiglia riuscirà a scalzare.
Antesignano della figura della guida alpina per i primi appassionati di escursionismo ad alta quota sui primi del Novecento, quindi guardiano del primo rifugio sorto sul Grappa fino allo scoppiare della prima grande guerra che farà di questa vetta una triste e tragica protagonista, colma di sangue e morte.

Un racconto intenso e pervasivo che prende le mosse da una singola storia di vita per raccontare uno spaccato della grande Storia. Un modus efficace, denso di particolari documentati e palpitante sul piano emotivo.
Una grande prova di scrittura per Paolo Malaguti, una prosa elegante, colta e raffinata che utilizza con sapienza e ponderazione il gergo regionale.

Un romanzo storico di grande interesse che lega a doppio filo il lettore con un uomo che ha vissuto sia la pace estrema in cima alla sua vetta sia l'orrore della guerra; attraverso quegli stessi occhi le immagini dei tempi scorrono veloci e impietose, dapprima i colori e gli spazi infiniti, i sentieri bianchi di ghiaia in estate e di neve in inverno, poi la carneficina, il rosso del sangue che tutto tinge, le trincee che bucano la pancia della montagna, il fragore degli spari, morte e orrore, i cimiteri di fortuna.

Una penna quella di Malaguti che viene posta al servizio della Storia partendo dai ritratti dei singoli volti, degli italiani, di chi ha fatto e subito l'inesorabile avanzata dei tempi e degli eventi, ricalcando le orme del grande Sebastiano Vassalli nell'elaborato stilistico del contenuto.

“La montagna è donna finchè resta fertile, finchè i suoi pascoli danno erba nuova e nuovi fiori anno dopo anno. Lassù su quella che un tempo era stata la sua cima, casa sua, erba non ne sarebbe più cresciuta. Era diventato quello che avevano cercato e voluto dalla guerra in poi. Il monte, il simbolo del popolo vittorioso, il sarcofago dei guerrieri morti nel fuoco e nel ferro.”

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I romanzi di Sebastiano Vassalli
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