La malalegna La malalegna

La malalegna

Letteratura italiana

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Teresa e Angelina sono sorelle diverse in tutto: tanto delicata, schiva e silenziosa è Teresa, la voce narrante di questa storia, quanto vitale, curiosa e impertinente è Angelina, la sorella più piccola. Siamo all'inizio degli anni Quaranta a Copertino, nelle Terre d'Arneo, un'immensa distesa di campi coltivati nel cuore della Puglia. Qui, Teresa e Angelina crescono in una famiglia di braccianti, povera ma allegra e piena di risorse: i nonni sono dei grandi narratori, briganti, lupi e masciare diventano vivi nei loro racconti davanti al camino, mentre la madre Caterina ha ricevuto in sorte una bellezza moresca, fiera, che cattura gli sguardi di tutti gli uomini, compreso quello del barone Personè, il latifondista più potente del paese. "La tua bellezza è una condanna" le dice sempre nonna Assunta. Una bellezza - e una condanna - che sono toccate in eredità ad Angelina. Quando il padre parte per la guerra lasciando sole le tre donne, Caterina per mantenere le figlie non ha altre armi se non quella bellezza, ed è costretta a cedere a un terribile compromesso. O, forse, a un inconfessabile desiderio. È qui che comincia a essere braccata dalla malalegna , il chiacchiericcio velenoso delle malelingue, un concerto di bisbigli che serpeggia da un uscio all'altro e la segue ovunque. Questa vergogna, che infetta tutta la famiglia, avrà su Angelina l'effetto opposto: lei, che non sopporta di vivere nella miseria, inseguirà sfacciatamente l'amore delle favole. Anche a costo di rimanerne vittima. Sono la nostalgia e il rimpianto a muovere con passo delicato la voce di Teresa, che, ricostruendo la parabola di una famiglia, ci riconsegna un capitolo di storia italiana, dalla Seconda guerra mondiale alle lotte dei contadini salentini per strappare le terre ai padroni nel 1950.



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La malalegna 2022-06-07 13:32:10 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    07 Giugno, 2022
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Due sorelle

«Ora so che è per questo che io sono rimasta. Per raccontare la storia di tutti noi. Chiano chiano – come diceva nonna Assunta –, partendo dal principio. “E da dov’è che inizi?” mi domanda mio padre. […] “Dalla malalegna” gli rispondo. È di lì che devo partire. Da quando si è insinuata nelle nostre vite.»

Due donne. Due sorelle. Due volti intrisi di malalegna, del pettegolezzo. Due sorelle che conoscono fin troppo bene il significato di una parola velenosa pronunciata da persone che non hanno scrupoli e che danno adito al proprio animo umano. Persone che colorano queste pagine con vividezza. Teresa, la maggiore delle due figlie di Caterina e Nardino Sozzu, che ci accompagna con la sua voce narrante in questa Puglia fatta di dipinti e immagini vivide, in quel di una Seconda guerra mondiale giunta al termine e di un arco temporale che raggiunge gli anni ’50, e la sorella Angelina, la minore.
Due donne così diverse ma così vicine e lontane al contempo. Una memoria personale quanto collettiva, un vivere che rappresenta forza e che è intriso di resilienza. Riscatto, vitalità.
E se Angelina sin da bambina ha una scintilla di ribellione a caratterizzarla, Teresa è pacata ma anche calma e riflessiva. La più giovane che è così coraggiosa e talvolta sconsideratamente irruenta si affianca la pacatezza di una maggiore così silenziosa da essere quasi invisibile.

«Quanti anni sono passati, Angelina? Quanto intensamente ti ho amato? Se da bambine le comari avessero provato a descriverci, io sarei stata quella incompresa, taciturna, schiva, la spettatrice. E tu? Tu, Angelina saresti stata il sole.»

Al tutto si aggiunge una narrazione scorrevole, composta da una prosa abbastanza chiara anche se non sempre chiarissima a causa di un continuo alternarsi temporale che rende la lettura a tratti caotica o comunque incapace di rendere e trattenere lo stesso ritmo narrativo.
Un titolo che si legge con piacevolezza, forse ancora un poco acerbo e con una tematica spesso ritrattata ma che consente al lettore di trascorrere alcune ore liete. Certamente adatto a chi ama storie di questo genere e a chi desidera approfondire della tematica del pettegolezzo legato alle piccole realtà nostrane.

«Nonno Armando aveva il dono della narrazione. Mio padre quello del silenzio. Nonna Assunta la saggezza contadina. Mia madre e mia sorella, la bellezza. Io? Il mio dono lo dovevo ancora scoprire. Per gran parte della mia infanzia sono stata solo a guardare.»

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