Narrativa italiana Romanzi Il torto del soldato
 

Il torto del soldato Il torto del soldato

Il torto del soldato

Letteratura italiana

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Un vecchio criminale di guerra vive con sua figlia, divisa tra la repulsione e il dovere di accudire. Lui è convinto di avere per unico torto la sconfitta. Lei non vuole sapere i capi d’accusa perché il torto di suo padre non è per lei riducibile a circostanza, momento della storia. Insieme vanno a un appuntamento prescritto dalla kabbalà ebraica, che fa coincidere la parola fine con la parola vendetta. Pretesto sono le pagine impugnate da uno sconosciuto in una locanda.



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Il torto del soldato 2014-12-24 12:09:21 Riccardo76
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    24 Dicembre, 2014
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Gli ordini sono ordini?

Due racconti in uno solo, due storie che si intrecciano e si toccano. La rappresentazione del Male dell’olocausto e due diverse retrospettive, con dolori e traumi differenti che hanno afflitto l’umanità. Uno scrittore che deve tradurre un libro di Israel Yehoshua Singer dalla lingua yiddish all'italiano, un vecchio uomo criminale di guerra nazista e sua figlia, questi i personaggi di questo racconto intenso. Lo scrittore alla scoperta di quello che è stato l’olocausto è seduto in un locanda del Tirolo e incrocia lo sguardo della ragazza e di suo padre.
Una storia sui disastri della guerra e dell’olocausto, delle convinzioni incredibili che hanno portato morte, dolore e disperazione anche a distanza di anni. Due punti di vista sulla storia: il torto è aver obbedito ad ordini assurdi e inumani? oppure il torto è avere perso ed avere l’ossessione di essere braccato?
La paura che rimane per anni, per una vita intera, che forse non è più vita, o forse non lo è mai stata.
Un’altra perla di De Luca con un intreccio interessante e l’intensità dei sentimenti, delle sensazioni, delle paure. Bello il modo di rappresentare la dualità di sentimenti della ragazza, in bilico tra l’amore per un padre e il dissenso per quello che ha fatto, la condanna di una vita ad aver accettato ed eseguito ordini folli e la compassione per un uomo solo e pieno di fobie insostenibili.
Quello che l’olocausto ha portato è disperazione ovunque, la bellezza di questo racconto sta a mio avviso nel metter in evidenza tutta questa ingiusta ed inumana sofferenza, evidenziando anche i traumi inflitti ai carnefici che spesso non hanno neanche compreso la bestialità delle loro azioni.

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Il torto del soldato 2012-10-16 10:45:30 Fonta
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Fonta Opinione inserita da Fonta    16 Ottobre, 2012
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La storia che conduce alla pazzia

Un racconto, una storia, anzi due!

Una passione che si intreccia con una vita, con un'epoca storica, con un'ossessione.

Dove finisce il territorio della giustizia nella vita un soldato? Quale sottile linea separa la gloria e l'eroismo dei vincitori dalla condanna dei vinti ad essere "criminali di guerra"?

Può una lingua antica possedere nella sua grammatica dei segni che possano portare a leggere gli eventi ed i destini?

Una storia affascinante e di molteplici letture quella che ci propone il bravissimo De Luca, un racconto di 88 pagine che ci cattura e ci fa riflettere sulla guerra, sulle sue bugie e sulle sue "mezze verità", sul fatto che la storia in fondo la scrivono i vincitori e che ai vinti resta solo uno spettro, un pensiero che dall'oggi al domani passa da giustizia ad atroce crimine!

Un libro che con semplicità e a tratti leggerezza ci fa entrare nella complessa psiche umana, che ci fa riflettere su eventi passati attraverso un bellissimo "scontro generazionale" tra padre e figlia che coinvolge lo scrittore in un "ballo a tre", un insieme di passi e pensieri che porteranno il lettore a vedere la storia da diversi punti di vista con i vari pro ed i molteplici contro.

Se uno dei quesiti scritti sopra può avervi interessato, se la voglia di vedere il passato con gli occhi e con i pensieri di chi ne è stato protagonista vi affascina, allora questa storia non può mancare nelle vostre librerie!

Una storia che è un libro, un libro che è la storia!

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Il torto del soldato 2012-09-09 05:21:23 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    09 Settembre, 2012
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“Il torto del soldato” di Erri De Luca - Commento

“Il torto del soldato” è uno splendido ‘racconto lungo’, metà narrato da una prospettiva maschile, metà visto con occhio femminile. I due protagonisti, entrambi narratori, si incontrano in una locanda del Gadertal. Ove il destino esplode.
Il protagonista maschile è uno scrittore che conosce il dialetto yiddish. Ma anche la lingua ebraica: “la iod, iniziale del nome impronunciabile della divinità … jahwè … il tetragramma si può scrivere ma non dire, la bocca non è degna.” A lui, una casa editrice affida il compito di selezionare i racconti di Israel Yehoshua Singer. In questa attività, il narratore vaga indifferentemente tra le escursioni della sua vacanza in montagna e tra le memorie dell’Olocausto: “… Non riuscii a raggiungere Treblinka … Entrai invece in Auschwitz e in Birkenau, il più vasto luogo di sterminio … Mi sedetti su una delle panche di legno che a castello ospitavano i corpi sfiniti da lavoro e fame. Chiusi gli occhi, mi addormentai per un minuto, perché non so pregare.” Coinvolto dalla tragedia che lì si è consumata: “Prima di uscire compii un furto sacrilego. Tra i binari dismessi che finivano dentro il campo, mi chinai e raccolsi il bullone di una traversina, storto e ribattuto.”
La protagonista femminile promette sintesi e lucidità nella sua narrazione, salvo esclamare ripetutamente: “Chiedo scusa della digressione”. Così, per nostra fortuna, quelle digressioni noi possiamo leggerle ...
La donna è figlia di un gerarca nazista (“Ha vissuto in Patagonia, al confine col Cile, sotto le Ande basse che ripetevano paesaggi a lui familiari, case di pietra e legno” e “ha fatto il portalettere fino alla pensione”). Temendo di essere individuato, vive nella paura (“A forza di guardarsi le spalle aveva occhi pure dietro la nuca. Annotava le targhe …”). La sua vera identità viene rivelata alla figlia all’età di vent’anni, quando la madre decide di andarsene. Lei resta, risucchiata dai ricordi (“Dell’infanzia viennese ho ricordi metallici”), soprattutto delle estati trascorse a Ischia: “… imparai a nuotare da un ragazzo sordomuto, figlio di pescatore … il contatto delle sue dita mi toglieva il peso.” “Sull’isola ho saputo per la prima volta che il vento non viaggia come un fiume a corrente continua, ma come il mare che si muove a onde.”
Le descrizioni paesaggistiche di De Luca sono uniche. Ne riporto una: “Le montagne intorno si erano accostate. Il sole radente le perquisiva entrando nelle linee verticali, scendendo alla loro altezza. Veniva voglia di trovarmi lassù dove avveniva lo struscio tra le rocce e la luce. In quell’ora succede un’intimità fisica tra la materia e l’aria. Il sole si spalma a burro, si strofina addosso.”
La prosa procede originale, serrata, a colpi di aforismi.
Come questi, sulla bellezza:
“Il bello consiste in variazioni?”
“La bellezza inventa varianti, non si ripete a specchio.”
E questi, sui sensi:
“La voce umana lascia nell’udito impronte più decise di quelle digitali.”
“La voce dei carcerieri si conficca in alta fedeltà nell’insonnia dei prigionieri.”
Affermando, delle orecchie: “Sono la parte del corpo più simile alle conchiglie”.
E sulla condizione della donna:
“Ho cercato negli uomini le mani che da bambina mi toglievano peso mettendomi su un letto di acqua e dita. Nessuno mi ha esaudito.”
Anche replicando un aforisma di Hofmannsthal: “La profondità si nasconde in superficie”.
Una lettura che non può deludere. Né mancare.

Bruno Elpis

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Il torto del soldato 2012-08-21 11:09:16 Solaria 51
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Solaria 51 Opinione inserita da Solaria 51    21 Agosto, 2012
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Il torto di avere obbedito

Il torto del soldato di Erri De Luca


Il romanzo inizia con un preambolo dell’autore. Essendo un appassionato cultore della lingua yiddish, viene contattato da un editore il quale gli propone la traduzione delle più interessanti opere in yiddish di Israel Yehoshua Singer, fratello maggiore del più famoso Isaac Bashevis Singer, premio Nobel per la letteratura. Di quest’ultimo, l’autore sta traducendo l’ultimo capitolo del romanzo “La famiglia Moshkat”, capitolo che, per volere di Isaac B. Singer, nella traduzione inglese decide di non inserirlo, pertanto, si hanno due finali opposti del romanzo: quello completo in yiddish ha un finale di speranza, mentre nella sua traduzione il finale è drammatico. Lo scrittore accetta la proposta dell’editore a tradurre le opere più significative di Israel Y. Singer e, una volta ricevuto le fotocopie degli scritti, decide di recarsi in montagna per iniziare la traduzione. Chiusa questa premessa inizia il romanzo raccontato in prima persona dalla protagonista. Il padre, un criminale nazista, era sfuggito alla cattura e quindi ad eludere il processo per crimini di guerra. Dopo avere vissuto per alcuni anni all’estero, rientra a Vienna. Alla figlia, fino all’età di vent’anni, tiene nascosta la sua paternità, facendole credere di essere il nonno; questa menzogna dura fino a quando la madre, stanca di vivere con un uomo tormentato dalla paura di essere scoperto e di vivere nella precauzione e nell’isolamento, racconta tutto alla figlia prima di abbandonarli. L’ossessione di essere braccato conduce il padre a studiare la Kabbalà ebraica, convinto di scoprire la causa del fallimento nazista sugli ebrei. Lo studio della Kabbalà lo porta alla convinzione di una profezia che da lì a poco si sarebbe compiuta.
Erri De Luca ci fa dono di un suggestivo romanzo diviso in due parti: nella prima descrive la sua passione per la scrittura in yiddish, il viaggio intrapreso a Varsavia, dove percorre i luoghi in cui si sono consumati atroci delitti e dopo il trasferimento nelle Dolomiti, luogo scelto per iniziare la traduzione delle opere di Israel Y. Singer. Una sera, nella locanda in cui è solito cenare, incrocia il suo sguardo con quello di una ragazza seduta al tavolo accanto che gli sorride. Qui inizia a svolgersi la seconda parte del romanzo. Una ragazza che ripercorre la sua infanzia, lo stupore dopo essere venuta a conoscenza che suo nonno è in realtà suo padre ed il rapporto di silenziosa estraneità che condividono. Una storia dal sapore amaro dove alla fine la libertà per entrambi passa per un incidente imprevisto. Una scrittura che si avvicina alla poesia. Un contenuto che riempie l'anima.

Siracusa 21-8-2012

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Il torto del soldato 2012-08-15 07:26:35 Marghe Cri
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Marghe Cri Opinione inserita da Marghe Cri    15 Agosto, 2012
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Poesia e olocausto?

Quando leggo Erri De Luca la trama passa spesso in secondo piano: mi si impongono con forza il ritmo, la scelta lessicale, l'unione inconsueta di un termine con un altro, che porta la sua prosa a sconfinare con la poesia.
La lettura si fa lenta, attenta a cogliere i sapori, gli odori e le luci nascosti fra le parole.
Il piacere deriva dall'attraversare le righe come fossero un bosco di salici piangenti, sentendosi sfiorare da immagini e sensazioni lievi eppure persistenti. Le sue parole si sciolgono sulla lingua come un boccone di gelato, lasciando un gusto buono, anche quando raccontano di atrocità, di olocausto, di disperazione.
Di questo parla questo piccolo libro, un argomento non originale che però non scade nel banale grazie alla doppia scelta di inserire se stesso, l'autore, come personaggio che, nella prima parte del libro, getta le basi per introdurre l'argomento principale - gli ultimi anni di vita di un gerarca nazista in fuga dalla vendetta dei cacciatori di nazisti - da un punto di vista inedito, quello della figlia, che sembra gli rimanga accanto solo in attesa dell'epilogo che verrà e che lo osserva spesso con occhio distaccato e freddo, incapace di provare per lui pietà amore o perdono.
Del resto non c'è pentimento in quest'uomo, che non si è lasciato trascinare dal nazismo, ma l'ha vissuto e fatto suo, e che disprezza i gerarchi che a Norimberga si sono fatti scudo dell'aver “obbedito agli ordini” come ogni soldato deve fare. No, lui gli ordini li ha fatti suoi e lo afferma con orgoglio. Non rinnega il passato e rimpiange solo che l'esito finale l'abbia posto fra i vinti.
Un testo, questo, che tratta argomenti sempre angosciosi nonostante il tempo che passa, ma che lo fa con la delicatezza e con la capacità di immedesimazione che è propria di questo narratore-poeta.


[...] “Un ordine non va solo eseguito, va creato dal niente. Spesso è sommario e spetta al soldato inventare i mezzi per eseguirlo.”
“Non mi discolpo dicendo di essermi trovato costretto a eseguire degli ordini. Li ho sentiti, i miei superiori in Tribunale, dichiararsi sotto befehlotstand, in stato di costrizione, in seguito a un ordine. Noi quegli ordini li abbiamo smontati e rimontati come si fa con le armi. Li abbiamo oliati e lubrificati perché non si inceppassero. Li abbiamo eseguiti con l'efficienza dell'entusiasmo. La nostra colpa è più imperdonabile: è la sconfitta” [...]

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Il torto del soldato 2012-07-23 21:10:28 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    23 Luglio, 2012
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La logica del soldato

88 pagine. Poche per un romanzo. Troppe per un racconto. Abbastanza per una storia.
Impegnata, intensa, profonda. Capace di penetrare in te e di consolidarsi in immagini e riflessioni. In grado di pesare là, nella mente.

E' sbagliato leggere questi testi come se fossero un consueto romanzo, aspettandosi il picaresco.
Bisogna abbandonare ogni difesa, lasciarsi cullare dalle parole, dalle pagine. Dalla poesia che la penna di De Luca sprigiona, dall'anima che scoppietta in queste frasi, mentre ti ritrovi circondato dall'indefinito, e ti chiedi quale sia il punto. Quale sia il messaggio finale.

Prima mossa sbagliata. A volte non serve ricercare il simbolismo, a volte non serve appesantirsi la mente con ricerche febbrili di significati secondi.
A volte è necessario abbandonarsi e seguire la storia, mentre la realtà si frantuma in immagini delicate. Incredibili. A volte la penna esprime la realtà con una sublimità tale da superarla.
Allora pensi che il libro sia solo immagini, belle ma inconsistenti.

Seconda mossa sbagliata. Perché Il torto del soldato è un testo impegnato, una raccolta di pagine che porta umanità sul genocidio ebraico. Già, una raccolta di pagine, perché in fondo tutte possono essere lette autonomamente. Continui a pensare che nonostante tutte le qualità, il libro non sia memorabile.

Terza mossa sbagliata. Perché De Luca indaga la vita dei carnefici sfuggiti alla pena.
Il senso di colpa, famelico, che ti attanaglia, i sensi continuamente allarmati per non cadere nell'arresto. Ma tu, vecchio criminale, macchiato di alcune delle colpe più atroci immaginabili, o meglio, inimmaginabili, non temi la prigione. Temi il processo civile. Perché sei un militare e obbedisci solo agli ordini. Il tuo torto non è aver obbedito, ma aver perso.
Pensi così perché l'ideologia della perfezione ti ha plasmato, perché hai bisogno di un nemico, la sconfitta, contro cui riversare la tua frustrazione. Ma in realtà il tuo più grande torto è l'aver provato soddisfazione nella sofferenza degli altri. Perché c'è un limite dopo cui l'obbedienza è crimine contro gli altri e contro la propria dignità.
E ora c'è tua figlia, in bilico su un solo pensiero: conoscere i tuoi crimini e probabilmente aborrirli, o rimanerne all'oscuro e continuare ad accudirti. Tua figlia sente il peso della storia e ha solo un desiderio: sentirsi leggera. E solo il tatto può riuscirsi, solo Erri seduto ad un tavolo in montagna mentre sfoglia fogli in yiddish. Non è solo carta. E' il peso del passato, di se stessi.

Erri de Luca scrive poesia, un po' come Baricco, ma il suo stile è più incisivo, meno leggero.
Il mio più grande torto è aver commesso tutti e tre gli errori da cui vi ho messo in guardia.

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Il torto del soldato 2012-06-13 20:26:31 Ally79
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Ally79 Opinione inserita da Ally79    13 Giugno, 2012
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Grazie Erri.

Qual è il torto del soldato?
Aver obbedito o esser stato sconfitto?
Cosa non gli si perdona davvero?

Erri siede al tavolo di una locanda di montagna.
Birra,frittelle di spinaci e ricotta,fogli sparsi scritti in yiddish,da tradurre,comprendere,per lasciare aria a una lingua che tenta di sopravvivere.

Tavolo affianco:un padre,un ex nazista in fuga.
Seduta di fronte c’è sua figlia,donna adulta,con un cognome che è moneta falsa.

Un incontro casuale questo,che suscita ricordi nell’una,paure che temute giungono a realizzazione nell’altro.

Poi c’è solo un’auto bianca che corre troppo in fretta.

Romanzo breve,che lascia inizialmente storditi:dove mi stai portando Erri?
Cosa vuoi raccontarmi?
Lentamente i pezzi iniziano a incastrarsi,la comprensione si trasforma in stupore.
Per due motivi:in primis la storia in se.
Diversa da quelle a cui De Luca mi ha abituata.
In secondo luogo perché lui,ancora,di nuovo,ogni volta come la prima, ti riempie l’anima con le sue parole,con il suo senso della vita,con i suoi insegnamenti umili.
Non ci si può limitare ad apprezzare in questo autore lo stile o la scrittura.
Non siamo di fronte a qualcuno che come un bravo architetto costruisce una trama che solida resta in piedi.
Qui siamo dinanzi a un uomo che mentre narra ci racconta se stesso,senza vanità,senza ergersi a maestro,ma con la semplicità di chi prova a dire qualcosa,a dire la sua,a darci una delicata,quanto intelligente, visione delle piccole cose.

Sapete cosa vorrei?Incontrarlo e dirgli semplicemente “Grazie.”
Perché dopo una giornata difficile leggere lui ti riconcilia con il mondo.

“A Ischia da bambina imparai a nuotare da un ragazzo sordomuto, figlio di
pescatore. Mi insegnò a galleggiare. Mi teneva la mano sinistra sotto la testa, l’altra
sotto il dorso. Il contatto delle sue dita mi toglieva il peso. Imparavo a stare distesa
in sospensione.
Dicono: fare il morto, ma per me quello era sdraiarmi sopra il mare.”

Sdraiarmi sopra il mare.................
Adesso capite perché lo venero?
Non ho altro da aggiungere.

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Il torto del soldato 2012-05-01 10:58:01 LuigiDeRosa
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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    01 Mag, 2012
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Ci si puo affezionare ad un terrore

Erri De Luca è seduto al tavolo di una locanda, mentre aspetta la cena, fritelle fritte di ricotta e spinaci in ladino sono turtles in napoletano pizzelle:il palato ne sancisce l'identica soddisfazione,legge le fotocopie di un testo in yiddish di Isaac Babel' dal titolo "Di Familie Mushkat" che un editore gli ha chiesto di tradurre.
Questo romanzo ha la particolarità di avere due finali,nella versione inglese due ebrei che si incontrano nel ghetto di Varsavia invaso dai Nazisti e si rivelano che presto arriverà il messia, ma chi è il messia per loro in quel momento? La morte, la morte è la terribile risposta.
Nella versione yiddish, il finale cambia, mentre i tedeschi bombardano, un gruppo di giovani ebrei fugge nei boschi in direzione della Russia e lo scrittore chiosa la loro corsa con la frase:
"Dalla nostra parte sta la vittoria finale.Per voi verrà il messia."
Perchè Babel ha scelto questo differente finale, uno per il Mondo l'altro per gli Ebrei?
Mentre Erri De Luca si inerpica fra le vette di quella lingua verticale e profetica che è l'yiddish tentando di capire il perchè del significato differente dato al messia da Babel nelle due lingue, si accorge che accanto al suo tavolo siedono un padre ed una figlia. Il padre sembra ostile e insofferente alla presenza di De Luca, soprattutto alle carte che ha sul proprio tavolo.
Dopo cena lo scrittore risale in macchina, scende dalla vetta yiddish ritorna sulle Dolomiti,ma lungo la strada è costretto a fermarsi dietro una colonna d'auto, c'è stato un grave incidente, un'auto con a bordo un vecchio ed una ragazza sono precipitati nel burrone.
Ancora una volta Erri De Luca con una lingua che ha la capacità di incantarci come quella dei poeti ci prende per mano, ci guida,lui esperto scalatore, lungo una parete impervia e ripidissima,quella del nazismo e della shoah,quella ancora più sconvolgente della vendetta e dei sopravvissuti ad una vergogna.

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