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Niente paura

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«La morte è dolce; ci libera dalla paura della morte», scriveva Jules Renard quand'era giovane e in salute. «Una consolazione? No, è un sofisma. O piuttosto una prova supplementare che per sconfiggere la morte e i suoi terrori ci vuole ben più della logica e del ragionamento». Lo sa bene Julian Barnes, che dell'una e dell'altro ha sempre fatto ampio uso nel tentativo di esorcizzare la più atavica e insuperabile delle paure, quella della morte, senza mai riuscire ad addomesticarla. Quali armi restano, dunque, all'agnostico scrittore che, per trovare sollievo dall'idea dell'estinzione, non può neppure contare sul balsamo della fede? Be', innanzitutto ricordare che, oltre a essere la piú viscerale e antica, la paura della morte è anche la più comune e condivisa. E se è vero che «ogni tanatofobo ha bisogno del conforto temporaneo di un caso più grave del proprio», guardarsi intorno può aiutare. Julian comincia dal suo entourage più immediato, la famiglia di sangue – suo padre, un professore «amabile e tollerante», sua madre, anche lei insegnante, ma «lucida, categorica, apertamente intollerante delle opinioni contrarie», e suo fratello maggiore Jonathan, filosofo aristotelico, ateo, asciuttamente pragmatico – trovandoli tutti più bravi di lui in «questa cosa del morire». Allarga quindi lo sguardo ai compagni quotidiani della sua vita, la sua «vera famiglia»: artisti, filosofi, compositori e soprattutto scrittori, in primo luogo Jules Renard, di cui ripercorre la breve esistenza segnata da lutti prematuri, ma anche Émile Zola, Stendhal, Somerset Maugham, l'amato Flaubert.



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Niente paura 2022-05-30 17:46:48 Fiorella
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Opinione inserita da Fiorella    30 Mag, 2022

Autoreferenziale

Scrivere la recensione di un libro significa esaminare le due componenti: la trama e la scrittura con eguale attenzione, come gli studiosi ci ricordano. Significa anche documentarsi dedicando non poco tempo. Certamente se è una traduzione, come il libro di Barnes, è un problema per quanto riguarda l’analisi della scrittura, ma non l’ho scelto io: partecipo al Laboratorio di lettura alla Libreria “Nuova Europa” e questa è stata la proposta.

LA TRAMA
“Niente paura” (scritto nel 2008, editato in italiano nel 2022) parla della morte e della paura della morte, ma in verità è un andare e venire tra citazioni di amici celebri dell’autore, tra ricordi e storie personali: una sorta di diario liberatorio.

Io lo trovo scialbo, senza anima e attorcigliato sul nulla e autoreferenziale. Trovo, altresì, una miopia storica, nessun riferimento all’antico Egitto e alla Grecia: Epicuro scrisse contro la paura della morte e Lucrezio, nel “De rerum natura”: «Nil igitur mors est ad nos» per esempio e non sono bazzecole. Nessun riferimento all’Antologia di Spoon River in cui Edgar Lee Masters scherza con la vita e la morte: nelle poesie si prendono gioco dell’una e dell’altra.

LA SCRITTURA
Come dicevo, di una opera tradotta si può dire poco, ma l’uso esagerato dei puntini di sospensione (pagina 45) e delle maiuscole non depongono a favore. Anche l’assenza di capitoli è significativa dell’autorefenzialità nella scrittura. Concludo con un’altra critica: non c’è un indice e la ragione è evidente. Caro lettore, potrei lasciare il perché in sospeso, ma il mio disappunto mi sollecita a scrivere: è la logorrea egocentrica.

CONCLUSIONE
Come ho scritto all’inizio la scrittura oltre alla trama è elemento saliente di un libro. Purtroppo devo prendere atto che l’attenzione a questo aspetto è scarsamente presente anche nelle recensioni più autorevoli, ahi noi. Nei Laboratori di scrittura che organizzo nelle scuole elementari, medie e all’Università, questa “signora” è al centro.

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