La vita breve La vita breve

La vita breve

Letteratura straniera

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Juan María Brausen ha la moglie malata e sta per essere licenziato. La vita reale gli sembra orribile. Inizia a ideare un racconto ambientato nella città immaginaria di Santa María e a poco a poco si identifica con il protagonista. Ma mescolare realtà e fantasia è rischioso: Brausen rimane implicato in questioni di omicidio e spaccio di droga. La polizia è sulle sue tracce. Nella vita reale o in quella immaginaria? Alla fine, come vedrà ogni lettore, questa domanda non avrà più alcun senso. Uno dei più grandi capolavori della letteratura ispano-americana.



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La vita breve 2018-04-26 07:25:40 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    26 Aprile, 2018
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Cerebrale senza zucchero

La vita breve è un romanzo che spicca per la perfezione stilistica e con perfezione intendo includere non solo la scrittura ma anche l’impianto narrativo che procede (almeno all’inizio) su tre piani. Quella che sembra (è o non è?) la realtà; l’avventura, cioè la relazione che si inserisce come valvola di sfogo in tante vite e che qui è del tutto asentimentale (ma le altre come sono?); la fantasia dato che il protagonista è uno scrittore e sta immaginando la trama del suo prossimo romanzo. In questo romanzo, come in genere succede, i personaggi della storia richiamano quelli conosciuti dall’autore e l’autore stesso.
La costruzione è interessante, così come è interessante l’idea di confondere e disintegrare trama e personaggi, ma il tutto viene fatto con una modalità gelida che non è nemmeno quella del surreale perché il surreale aggiunge nei testi lo zucchero della follia pura, della fantasia a briglia sciolta e del sogno che sfonda la logica dei fatti. Nel testo la follia sembra quasi reale. Non posso dire nemmeno che il testo sia un esercizio di stile. Si capisce che alla base della scrittura c’è malessere e disperazione, ma non è una disperazione con sentimenti. E’ quel tipo di disperazione che diventa deserto per cui procedendo nella lettura ci si addentra in una specie di deserto con i suoi miraggi, i suoi abbagli, con connessioni tra i personaggi caratterizzate da empatia zero anche là dove un minimo sarebbe richiesto: la donna incinta, la moglie operata al seno. Sembrerebbe che è stato il protagonista a subire l’asportazione del seno della moglie. Per moltissime pagine ho voluto immaginare che la moglie, al di là di quello che si capiva dalla storia, fosse morta e che tutto il libro fosse un modo per farla rivivere: un modo incompleto e mancante di qualcosa. Da cui i dialoghi gelidi, i corpi che diventano barriere per i rapporti umani, la volontà distruttrice di morte, le relazioni che non relazionano.
Non posso dire che l’autore non sia interessante. Io dopo aver letto il cantiere ho acquistato tutta l’opera o quasi, ma questo romanzo non raggiunge del tutto né cuore né cervello. Sembra la dimostrazione che la disperazione non è sempre proficua per la letteratura. Quando si arriva ai livelli di non sentire più niente, anche il romanzo si sgretola e la bellezza si perde. Anche se il romanzo fosse stato costruito in funzione di una donna morta per il tumore al seno in una realtà mai detta al lettore, e Il romanzo fosse un tentativo di farla rivivere con mille volti in mille personaggi, in prostitute che le prestano un corpo, in fantasie che le prestano un anima il risultato è troppo gelido e inafferrabile.

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