Pian della Tortilla
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Tortilla Flat
«È un fatto rilevato e comprovato in molte istorie che l’anima capace del bene più grande è anche capace del più grande male.»
Un piccolo grande gioiello è “Pian della Tortilla” di John Steinbeck, il celebre autore de “Furore” e “Uomini e topi” che, proprio 1935, quando ancora non era chi oggi sappiamo essere, pubblica questo scritto tradotto in italiano da Vittorini che insieme alle traduzioni anche di Pavese ha aperto l’Italia alla letteratura americana nei suoi più grandi risvolti. Vittorini non conosceva direttamente l’universo americano, alcune sue traduzioni sono state ritenute imprecise, vede in questa dimensione un qualcosa di ancora “barbaro” ma resta il fascino per questo mondo da scoprire. Un luogo dalle mille possibilità, mitizzato. Al tempo stesso è anche perplesso da quel che sta traducendo, ne sono una riprova le note inviate all’editore Bompiani dopo la traduzione dei quattro libri affidatogli ove afferma: “Lo confesso che dopo tale lettura sono, sono rimasto un po’ perplesso circa il valore genuino dello scrittore. […] Perché uno dei libri, “To a God Unknown” (Al Dio sconosciuto), è pieno di un senso molto misterioso e segreto della vita, […] e finalmente Picarilla Flat (Pian della Tortilla) è picaresco né più né meno come il Gil Blas.
Ed ecco allora che ha inizio questa storia picaresca in cui i protagonisti sono dei Paisanos, termine coniugato dalla fusione dello spagnolo, indio, messicano e che ci porta in California, a Pian della Tortilla, Monterey. E qui già torna un tema caro a Steinbeck; quello della povera gente che nulla ha e che spesso è dimenticata dal mondo.
La vicenda si apre con una banda di disperati che nulla hanno e che nulla hanno da perdere. Sono abituati a non avere niente, non concepiscono come sia possibile “avere qualcosa”. E come da incipit questa è la storia di Danny, degli amici di Danny e della casa di Danny. Eh sì, perché Danny è il primo volto che conosciamo, un uomo che nella vita non ha mai posseduto nulla e che si ritrova proprietario appena tornato dalle milizie. Ed è subito colto dal peso della responsabilità del possedere, responsabilità poi sopraffatta dalla gioia dell’accaduto. Ma cosa fare di quei beni? Come gestirli? E perché non affittare una di quelle proprietà a Pilon per quindici dollari anche se con la consapevolezza che mai vedrà quel denaro esattamente come Pilon sa bene che non potrà mai pagarlo?
Danny, Pablo, Pilon, Il Pirata e i suoi cani, Gesù Maria e Joe il portoghese sono i protagonisti eclettici di questo scritto che narra una profonda storia di legami e amicizia. Amano il vino e amano condividerlo tra momenti di ilarità e gioco. Sono un po’ dei perdigiorno le cui principali attività sono essere attaccabrighe e ladruncoli, ma sono accomunati da un sincero legame che li porta a poter contare l’uno sull’altro e a poter sopravvivere alle tante difficoltà.
Peculiarità dell’opera è la sua struttura stessa. Ogni capitolo è narrato da una voce diversa che viene a intervallarsi e intrecciarsi con le voci precedentemente narranti, ogni capitolo, ancora, è preannunciato da brevi frasi che rendicontano ciò che accadrà.
A ciò si aggiungono dei denominatori comuni che si ripropongono man mano che lo scritto si evolve. Sono uomini semplici ed elementari, uomini fatti della loro vita e della loro pur semplice umanità. Uomini che agiscono per schemi per soddisfare i propri bisogni. Dalla ricerca di denaro ad avventure con ragazze del momento, a dollari spesi per galloni di vino anziché per pagare la pigione o bisogni di altra necessità.
Al tutto si somma uno stile che rimanda a quello del poema epico cavalleresco con temi sarcastici e ironici. Il “Re Artù” di questa tavola rotonda è Danny, leader del gruppo che a seguito dell’eredità ricevuta sale di un gradino nella scala sociale ritrovandosi da nullatenente a proprietario. Sarà poi Pilon a salire diventando locatore che subaffitterà nuovamente l’abitazione per assicurare la pigione. Anche qui dunque riemergono altri temi cari all’autore e che abbiamo ritrovato anche nelle opere successive, una tra tanti “Uomini e topi”. Il sogno di avere, il sogno di possedere, la contrapposizione tra povertà e gente abbiente. Tra sogno e mito di un fazzoletto di terra a gran proprietario terriero ricco e abbiente.
“Pian della Tortilla” è un ottimo romanzo per avvicinarsi all’autore laddove non lo si conosca ed è dunque altamente consigliato quale primo titolo da poter leggere laddove lo si voglia conoscere. Al contempo, è uno scritto con cui poterlo approfondire laddove, al contrario, già si abbia avuto modo di leggerlo e apprezzarlo.
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I nuovi cavalieri della Tavola Rotonda
Quando Steinbeck non era ancora Steinbeck, prima di “Furore” e “Uomini e topi”, nel 1935 venne pubblicato questo libro che in Italia è stato tradotto da Vittorini. Eppure questa storia “picaresca” che racconta le (dis)avventure di sei amici che possono definirsi Paisanos (“Che cos’è un paisanos? E’ un miscuglio di spagnolo, di indio, di messicano e di varie razze caucasiche. Gli antenati suoi vivevano in California anche cento e anche duecento anni fa”), ambientata a Pian della Tortilla, Monterey (California), mostra quell’attenzione e sensibilità tipica dell’autore nei confronti della povera gente, degli emarginati dimenticati dal mondo.
Ciò che accomuna Danny, Pablo, Pilon, il Pirata (ed i suoi cani), Gesù Maria e Joe il portoghese, banda di disperati perdigiorno radunati sotto lo stesso tetto e che hanno come principale occupazione quella di rifornirsi di vino, è in realtà una solidale e sincera amicizia. Possono considerarsi degli attaccabrighe, ladruncoli provocatori ma forniti di un gran cuore. Riescono a superare le difficoltà sostenendosi a vicenda, annegando nell'alcol le disavventure quotidiane e rivelando "al mondo il buono che c'è in ogni cosa cattiva".
Steinbeck imposta la narrazione come se ogni capitolo fosse un racconto a sé stante nel quale si combinano alcuni schemi ricorrenti che ritornano frequentemente, quasi a sottolineare la natura goliardica e guascone di questo libro: la ricerca di denaro -con qualsiasi espediente- necessario per acquistare l’alcol da condividere (“Che bella cosa avere amici! Com’è desolato il mondo quando non si ha nessun amico col quale dividere, seduti insieme, la nostra grappa!”), oppure le avventure libertine con ragazze compiacenti. Il tutto avviene scegliendo uno stile che ammicca al poema epico cavalleresco, con l’impiego di una brevissima sinossi all’inizio di ogni capitolo che anticipa quanto verrà narrato ed un richiamo, sarcastico ovviamente, ai cavalieri della Tavola Rotonda, qui rappresentati dai sei amici protagonisti. Tra questi emerge Danny, una sorta di “Re Artù”, leader di questo strampalato gruppo, che mette a disposizione degli altri le case ereditate da un vecchio parente. Proprio questo riferimento alla proprietà privata al fatto che Danny, improvvisamente, da nullatenente diventa proprietario di immobili, sembra anticipare certe tematiche care a Steinbeck, quella contrapposizione, quella frattura che si delinea tra la povera gente e chi detiene invece un capitale.
Un libro da leggere quindi per avvicinarsi all’autore o semplicemente, per chi lo conosce già, per continuare ad immergersi nel suo mondo.
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Novella epica etilica
Terza prova narrativa dell’autore, rivelatrice del genio, anticipatrice della consacrazione ricevuta con Furore. Traduzione di Elio Vittorini. Imbarazzante parlarne, ci si ritrova a cercare di capire quanto ci piaccia Steinbeck e quanto in realtà stiamo filtrando tutto il suo humus attraverso la riconoscibilissima penna di Vittorini, semplicemente perfetta. Superata l’iniziale titubanza, ci si affida a questa prosa poetica dove regna l’inversione e la dislocazione a sinistra dell’oggetto in ogni singolo periodo, e si è quasi rassicurati che sia un ottimo modo di restituirci una prosa originale, sicuramente altrettanto poetica. Certo rimane il dubbio sugli echi danteschi, ma questo aprirebbe filoni di ricerca che lasciamo a chi ha competenze per intraprenderli, aspettando semmai una nuova traduzione.
In mano un piccolo Don Chisciotte, ridotto a diciassette capitoli, anche se privi della dimensione del viaggio, prosecutore ideale di quel mondo picaresco, antifrastico del genere cavalleresco, in una linea ideale che congiunge il ciclo arturiano a Lazarillo de Tormes passando per Cervantes e via via per le ottave italiane del nostro Ariosto. Un‘epica che rimanda ai grandi temi della vita: l’amicizia, l’onore, l’amore, la follia. Non manca niente. Questa è la breve storia di Pilon, Pablo, Gesù Maria, Joe Portoghese il Grande e il Pirata con i suoi cinque cani, una non storia di amicizia, un succedersi di espedienti utili a godere della vita rifuggendo lavoro, società, obblighi morali e civili, all’insegna della ricerca perenne del bere. Non è vero neanche questo, il gruppo ha invece un suo codice morale, strampalato, assurdo ma funzionale ad una nuova etica, non riconoscibile dal mondo civile. E infatti, loro sono paisanos, gli ultimi discendenti californiani dei conquistadores spagnoli, “un miscuglio di spagnolo, di indio, di messicano e di varie razze caucasiche” e hanno pure partecipato alla guerra contro la Germania. Vivono a Monterrey, precisamente nella parte alta, nella baraccopoli di Pian della Tortilla, una sovrapposizione di miserie umane con una sua narrazione epica e nuovi miti da alimentare. Perché anche Danny, il protagonista, perno dell’intera vicenda insieme all’evento di rottura dell’equilibrio iniziale ( riconoscibilissime tutte le funzioni proppiane), ovvero la ricezione in eredità di due “case” del quartiere, è il nuovo mito nascente del quale la voce narrante vuole fissare l’epos, con rigore documentale, al fine di evitare insieme futuri scherni o al contrario eccessive riscritture. Un senso del tempo dilatato che rimanda a tratti al realismo magico di Macondo, una dimensione altra che una volta varcata avvolge il lettore senza più nulla fargli dubitare. Consigliatissimo.
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Lazarillo de Tormes
Ariosto
Vittorini
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Storie di uomini
Mano a mano che leggo Steinbeck noto delle sue peculiarità letterarie e la prima che mi salta subito all'occhio è la sua leggerezza nel raccontare drammi. Anche qui si ha di fronte una situazione disperata, seppur meno tragica delle altre in quanto i personaggi sono dei fannulloni e se sono dei senzatetto lo sono per scelta. Senzatetto si ma senza cuore no! Come in "Uomini e topi" è presente un forte senso dell'amicizia e della bontà e Steinbeck riesce a fare dei suoi personaggi negativi dei gran signori che condividono non solo il vino ma tutto quello che hanno e sono pronti a darsi una mano con animo sincero! C'è molta purezza e ingenuità di sentimenti in queste losche situazioni perlopiù comiche ma che nel finale riserva il magone al lettore, c'è anche la lezione che l'unione fa la forza, come si è visto anche in "Furore" dove la famiglia unita è fondamentale per andare avanti e avere speranza. Steinbeck canta i sentimenti e le emozioni umane come pochi altri sanno fare, una opera minore ma non ha nulla da invidiare alle più famose.
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Come ereditare due case e perderle entrambe
Steinback, al suo esordio, immagina al vita in un paesino della California, dove gli abitanti di origine ispanica, sembrano vivere in un mondo parallelo. La storia è quella di un gruppo di amici che vivono di espedienti e poco alla volta vanno ad occupare ogni angolo libero di due case ereditate da uno di loro. La prima delle due a causa di un incidete brucia, ma lascia Danny, il proprietario più sollevato che dispiaciuto. Dopo il primo momento in cui si è goduto il prestigio di essere diventato un proprietario, infatti ha iniziato a rimpiangere i tempi in cui dormiva tra i cespugli e non aveva preoccupazioni. Il gruppo nonostante sia dedito al vino, che costituisce qualcosa di irresistibile, per avere il quale non si scende mai troppo in basso, ha delle proprie regole anche di tipo morale. Ci sono cose sacre da non toccare e una di queste è Danny che ha messo a disposizione la propria casa, ma non il proprio letto. Poi c'è l'amicizia tirata in ballo spesso come scuse per truffare i coinquilini, ma che alla resa dei conti li vede sempre in prima linea per dar una mani come possono. Tutto il resto è lasciato alla libera interpretazione: dalla proprietà privata, ai rapporti con le donne, fino alla definizione di reato. Ho trovato questo libro strano, in alcuni punti difficile da seguire e scritto con una prosa che non è uscita indenne dal trascorrere degli anni ne complesso, però credo che il tema sia ancora attuale e che sia una lettura che merita di essere affrontata. Magari affrontata dà troppo l'idea di una lotta, forse la lettura sarà più agevole per chi cerca di farsi amici i paisanos di Pian della Tortilla lasciando da parte la proprie convinzioni e cercando di dare un'occhiata al mondo attraverso i loro occhi, così, tanto per avere un diverso punto di vista.
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Pian della Tortilla
“Pian della Tortilla” nasce dalla penna di un giovane Steinbeck, agli albori della sua attività letteraria.
Ad accoglierci una calda e umida California; sono i primi decenni del secolo scorso ed un manipolo di “paisanos”, uomini di sangue ispanico, anima il racconto.
Sono uomini perduti, devoti al “dio vino”, spiantati, senza denaro e senza legami familiari; l'autore mette in scena un'allegra e triste brigata, dai connotati picareschi, un piccolo mondo che ruota secondo le proprie leggi ed i propri costumi.
Pur essendo un romanzo dal sapore acerbo rispetto ad un “Uomini e topi” scritto successivamente, tuttavia contiene già i temi cari all'autore e le doti stilistiche che lo contraddistingueranno.
I protagonisti sono rappresentativi di uno spaccato sociale dilaniato dalla povertà, vuoi per la crisi economica del momento vuoi per i disagi sociali che toccano certi strati della popolazione.
L'umanità rappresentata in una sorta di quadro naif, è senza veli, è dominata dagli eccessi, è in piena caduta morale e spirituale.
Emblematici i nomi; Pirata, Pilon, Portoghese, Gesù Maria.
Uomini spettatori della vita, alla ricerca di espedienti per passare la giornata, scaltri e furfanti eppure comici e commoventi.
Quello di Steinbeck è un mondo di reietti, un mondo di esseri sofferenti che il pubblico ama e odia, un mondo in bilico tra cruda realtà e un pizzico di fantasia.
Insomma un mondo in cui il bene si fonde indelebilmente con il male, fino a fluire in un unicum inestricabile.
E' una lettura veloce e piacevole, che nasconde tra le sue pagine le riflessioni dell'autore e la visione della società a lui contemporanea, mettendo in luce valori come amicizia, solidarietà, solitudine.
E' un'analisi interessante quella di Steinbeck ed efficace la scelta espressiva operata, creando figure ben scolpite, ritratte in una quotidianità schietta e genuina, colte nella bassezza del comportamento o nell'attimo di slancio di generosità.
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Uomini e topi
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pian della tortilla
questo libro di poche pagine scritto da Steinbeck ci trasporta in un paesino della california assai misero . il pian della tortilla è diciamo un quartiere abitato da personaggi alquanto strani, dediti al bere in un modo quasi religioso. ogni soldo guadagnato dava il via ad acquistare galloni di vino e a sbornie colossali. formato da molte storie , questo libro dà molti esempi di amicizia e di reciproco soccorso. da leggere.
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Un viaggio nell'amicizia
È una collezione di micro storie che si annodano insieme per formare un affresco più vasto sull'amicizia e la libertà. Deluderà chi cerca l'epica, ma in poche righe trasporta in un mondo di piccole cose, di boccali di vino e di sentimenti sinceri come il momento in cui si presentano per poi scomparire. Meravigliosa, anche se un po' datata, la traduzione di Vittorini.