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Un'odissea. Un padre, un figlio e un'epopea
 
Un'odissea. Un padre, un figlio e un'epopea 2020-10-07 17:29:55 Rossella
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Opinione inserita da Rossella    07 Ottobre, 2020

“Non c’è niente che non puoi fare se hai il libro

L’autore, Daniel, racconta un episodio autobiografico della propria vita, vissuto insieme al padre, Jay, un matematico e ricercatore universitario ottantenne, il quale, un giorno, chiede sorprendentemente al figlio di poter assistere ad un seminario da lui tenuto sul poema di Omero, L’Odissea.
Il figlio acconsente pensando che il padre si sarebbe limitato ad assistere passivamente alle sue lezioni. Invece così non è, in quanto, da subito, il vecchio interviene e prende la parola (tra lo stupore ed il divertimento dei ragazzi, ma anche trovando vari consensi tra gli studenti) e contesta la figura di Odisseo/Ulisse, descritto da sempre come un eroe, astuto e coraggioso.
Jay, in particolare, ritiene il protagonista dell’Odissea, oltre che “un piagnucolone”, in primis un traditore, poiché nel corso del suo peregrinare lungo un decennio tradisce in più di un’occasione la moglie, devota fino alla fine, in secundis un mediocre condottiero, perché perde tutti i suoi uomini, tanto che sarà l’unico a sopravvivere alle varie sventure e agli accadimenti che lo riporteranno ad Itaca.
Jay sostiene, infine che, senza l’intervento benevolo degli Dei, Ulisse non sarebbe mai riuscito a tornare nella propria patria e neanche a riconquistare il proprio regno usurpato dai proci.
Da questo pensiero sulla figura di Ulisse, Daniel propone al padre, su suggerimento di una sua ex insegnante, di intraprendere una crociera a tema sulle orme di Odisseo.
Così i due partono per l’Europa ripercorrendo i luoghi cantati da Omero. E’ durante questo viaggio che a Daniel si rivelano degli aspetti del padre diversi da quelli conosciuti nell’ambiente domestico e lavorativo, tanto che il paragone con il poliedrico Ulisse viene spontaneo. Al rientro dal viaggio i protagonisti verranno colpiti da un evento nefasto che porterà l’autore a comprendere meglio molti atteggiamenti del padre che da giovane gli sembravano incomprensibili e che adesso gli appaiono chiari e sotto una nuova luce, soprattutto grazie al contributo di altre persone che gravitano intorno ai due.
Il romanzo, quindi, fondamentalmente parla del rapporto conflittuale e complesso, a tratti anche amorevole, sussistente tra lo scrittore ed il proprio padre e si incentra sul parallelismo sussistente tra l’Odissea e la vita reale di Daniel e Jay. Quest’ultimo viene in un primo momento paragonato ad Ulisse, mentre lo scrittore appare come Telemaco, il figlio alla ricerca di questo padre, sconosciuto, lontano ed irraggiungibile. In un secondo momento, invece, il paragone è tra Jay ed il vecchio Laerte; non più la figura austera, forte ed inarrivabile ma un anziano bisognoso di protezione, più debole e insicuro di quanto non sia apparso a Daniel nel corso della vita.
L’autore dal descrivere, con un linguaggio tra l’altro molto semplice, una grande opera come l’Odissea, narrando del rapporto tra padri e figli (Laerte e Ulisse e poi Ulisse e Telemaco) mette il lettore a conoscenza della propria realtà, delle sensazioni, dei turbamenti nati dal confronto con questo austero genitore, che fin da quando era piccolo appare invincibile ed inattaccabile, un muro invalicabile, che però poi si rivela più umano, più bisognoso di protezione di quanto anche lui stesso pensi.
Dal punto di vista formale è un libro che affronta temi importantissimi e complessi con un linguaggio semplice e comprensibile, soffermandosi spesso sull’etimologia di determinate parole.
La lettura di questo libro mi è apparsa veramente fluida, benché sicuramente non adatta a tutti, piana di nozioni, di vocaboli in greco antico, a tratti anche molto didascalica, ma per niente noiosa, né ridondante, anzi molto piacevole. Mi ha risvegliato i ricordi liceali: del poema classico, del pensiero dei greci, fornendomi nozioni nuove e molti spunti di riflessione. Particolarmente interessanti sono anche le varie traduzioni in inglese della parola “viaggio”, con le molteplici sfaccettature e diverse interpretazioni.
Il parallelismo tra questo romanzo e l’Odissea è singolare: Omero compie continui flashback, salti temporali e spaziali, così come anche l’autore che, dalla descrizione delle lezioni tenute durante il proprio seminario, arriva a parlarci del viaggio in Europa, e poi di nuovo del padre da giovane e poi rimanda ancora ad episodi della propria infanzia, fino a raccontarci dei giorni che seguono il rientro dal viaggio, delle interviste ai parenti (proprio come Telemaco parte da Itaca per conoscere e chiedere del padre a coloro che si erano imbattuti sul suo cammino).
Ci son due temi a me molto cari, per i quali questo romanzo autobiografico mi ha coinvolto ancor più di quel che avrei immaginato: il viaggio come metafora della vita e la passione per la letteratura.
A proposito di quest’ultima, essendo una grande divoratrice di libri e romanzi di vario genere, una delle frasi che più mi hanno colpito, è stata quella pronunciata da Jay, il padre dello scrittore, anche lui grande lettore, e che ho scelto come titolo di questa recensione.

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