Saggistica Scienze umane La mattina dopo
 

La mattina dopo La mattina dopo

La mattina dopo

Saggistica

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«Sono anni che mi interrogo sul giorno dopo. Sappiamo tutti di cosa si tratta, di quel risveglio che per un istante è normale, ma subito dopo viene aggredito dal dolore.» Quando si perde un genitore, un compagno, un figlio, un lavoro, una sfida decisiva, quando si commette un errore, quando si va in pensione o ci si trasferisce, c'è sempre una mattina dopo. Un senso di vuoto, una vertigine. Che ci prende quando ci accorgiamo che qualcosa o qualcuno che avevamo da anni, e pensavamo avremmo avuto per sempre, improvvisamente non c'è più. Perché dopo una perdita o un cambiamento arriva sempre il momento in cui capiamo che la vita va avanti, sì, ma niente è più come prima, e noi non siamo più quelli di ieri. Un risveglio che è inevitabilmente un nuovo inizio. Una cesura dal passato, un da oggi in poi. A questo momento, delicato e cruciale, Mario Calabresi dedica il suo nuovo libro, partendo dal proprio vissuto per poi aprirsi alle esperienze altrui. E racconta così prospettive e vite diverse, che hanno tutte in comune la lotta per ricominciare, a partire dalla mattina dopo. Per Daniela è dopo l'incidente in cui ha perso l'uso delle gambe, per Damiano è dopo il disastro aereo a cui è sopravvissuto, per Gemma è dopo la perdita del marito. Ma è anche un viaggio nel passato familiare, con la storia di Carlo e del suo rifiuto di prendere la tessera del fascismo, che gli costò il posto di lavoro ma gli aprì una nuova vita felice. Storie di resilienza, di coraggio, di cambiamento, storie di persone che hanno trovato la forza di guardare oltre il dolore dell'oggi, per ricostruirsi un domani. Perché, realizza Calabresi, «il giorno dopo finisce quando i conti sono regolati, quando ti fai una ragione delle cose e puoi provare a guardare avanti, anche se quel davanti magari è molto diverso da quello che avevi immaginato».



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La mattina dopo 2020-03-15 10:18:20 mariaangela
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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    15 Marzo, 2020
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Non guardare al passato con rabbia.

La lettura di questo romanzo è stata coinvolgente come solo le situazioni che sai possono accaderti e che ti levano il fiato sanno essere. Mi batte leggermente più forte il cuore, mi prende l’ansia e tanta tanta paura e altrettanta tristezza.
Non vorrei sentirmi coinvolta, ma puntualmente è ciò che mi accade. Beh, tutto sommato meno male. Altrimenti che senso avrebbe leggere?
Mi spiace per Calabresi certo. Ma lui si rialzerà presto e si reinventerà qualcosa di interessante. E, come pensavo, nel frattempo andrà in giro per il mondo a ricostruire i suoi ricordi. Sono un po’ cinica, o forse solo realista. La lettura completa del romanzo rafforzerà le mie iniziali impressioni.

“Grazie soprattutto a chi mi ha tenuto la mano quando la corrente era più forte.”

Lo stile cosi semplice e diretto, i caratteri grandi, i capitoli brevi, sono un continuo invito a girare la successiva pagina, e ho terminato il libro in due giorni, soprattutto desiderosa di conoscere le tante storie di vita vera narrate.

I racconti di questi personaggi inizialmente sconosciuti a lui e a noi, e quelli dei suoi amici e familiari, mi appaiono quasi come un monito verso qualcosa che potrebbe essere, e da afferrare, poiché potrebbero non esserci più, e quel tempo potrebbe essere passato per sempre. Un avvertimento a fare, facendolo con consapevolezza, fino in fondo, imparare ad apprezzare davvero per non avere rimpianti.

Immagino che chi ha vissuto una vita ricca di impegni e soddisfazioni, quando tutto di colpo finisce, quando tutto si ferma e scompare, abbia maggiore facilità a reinventarsi e ripartire.
E se non fosse così?

“Non guardare al passato con rabbia. Non si può cambiare ciò che è successo, bisogna farci pace. E prima lo si fa meglio è.”

Un racconto di sofferenze personali che si accostano alla sofferenza personale di Calabresi, molto intime, anche molto quotidiane, che mette a nudo per noi ma soprattutto per se stesso. Come se fosse in analisi. Si analizza Calabresi. E lo fa attraverso le storie altrettanto vere di dolore ma anche di immensa forza di volontà di volercela fare no semplicemente a sopravvivere, ma a rinascere a nuova vita. E a questi racconti lo scrittore intreccia quelli della propria vita e della sua numerosa famiglia, il cui albero genealogico prova a ricostruire andando sui luoghi e ripercorrendo storie e incontrando persone. Perché ora ha il tempo, perché ora desidera far questo e decide che questo è il momento di farlo. Anche se ci sono prove dure. Per lui è l'incontro con Giorgio Pietrostefani.

“In ogni cosa c'è una crepa, è da lì che passa la luce.”

Sorrido e gli chiedo, come se potesse sentirmi… Il cane sua madre l’ha tenuto? Sono certa di si.

Quando leggo mi capita spesso di identificarmi in ciò che viene raccontato, sento forte empatia sempre e cerco di trovare delle ricette che vadano bene anche per me, quella frase , quel passaggio illuminante che mi sollevi dalla tristezza momentanea, il libro si trasforma sempre in una sorta di ancora di salvataggio alla quale mi aggrappo; leggere è per me terapeutico, e insegnamenti di vita, dalla conoscenza delle altrui storie, ne ho avuti tanti.

In questo libro Daniela la garagista e Damiano Cantone sono gli esempi terapeutici che più fortemente mi arrivano; spero di riuscire a ricordarmene quando arriverà il momento in cui ne avrò bisogno sperando mi aiutino a non soffocare e a non rimpiangere passivamente quello che non può più essere ma che è stato, ma anzi felicitarmi di averlo vissuto per cercare di trovare il buono e il bello in quello che ancora mi resterà.

Quello che resta. La sfida è non collegarlo solo a ciò che è stato. Perché….

“Più di tutto mi ricordo il futuro.”
Salvador Dalì

Buone prossime letture

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La mattina dopo 2019-11-25 10:14:13 vivian84
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vivian84 Opinione inserita da vivian84    25 Novembre, 2019
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RICOMINCIO DA ME

In questo racconto autobiografico l’autore descrive il suo percorso dopo aver abbandonato la dirigenza de La Repubblica; dalla riscoperta delle proprie origini all’incontro con vecchi e nuovi amici, senza tralasciare il ricordo del padre, il Commissario Calabresi, e la dura risalita della madre, rimasta vedova con 3 figli, dopo il grave fatto avvenuto nel 1972.
“La mattina dopo” è un libro che va assaporato lentamente, a piccoli bocconi, come le deliziose cipolle ripiene della nonna o come il vino proveniente dalle colline del Roero che la stessa nonna definisce “il Bricco delle Ciliegie”; dopo lo smarrimento iniziale di un uomo abituato a vivere nella frenesia della professione, districandosi fra giornate dense di appuntamenti e appunti disseminati ovunque (nei cassetti, fra l’agenda, nella tasca della giacca), ecco giungere questo nuovo tempo lento, il tempo delle riflessioni e degli abbandoni, il tempo di far visita ad un amico lontano e di condurre ricerche presso l’Archivio Storico della Città di Torino, dove riscoprirà finalmente le origini dei propri cari, del nonno Carlo che rifiutò la tessera del fascismo e che perse il posto di lavoro, pur tuttavia non perdendosi d’animo dando nuova vita ad una propria azienda che negli anni divenne un pilastro nell’economia del Nord Italia.
C’è una frase che mi ha colpito ed è pronunciata dall’amico giornalista di Calabresi, Yavuz Baydar, rifugiato politico in Europa dopo il golpe in Turchia avvenuto nel 2016: “la strada che prendi la mattina dopo che si rompe il tuo mondo spesso decide cosa sarà della tua vita”.
Talvolta non c’è spazio per il dolore e lo smarrimento, c’è necessità di agire con raziocino e fermezza, altre volte ci si abbandona alla corrente degli eventi ed a quel senso di vuoto che poco a poco riempie ogni piega dell’animo. L’incipit è proprio la mattina dopo, quel punto di arrivo che si trasforma in un punto di partenza.
Mi soffermo un minuto in più per dedicare ancora una riflessione su questo libro: leggetelo senza pregiudizi né particolari aspettative, l’autore non compie voli pindarici né memorabili esercizi di stile, tanto meno snocciola lezioni di vita come tondi acini d’uva dorati e succosi; è un semplice racconto che mi è parso umile e sincero, pur tuttavia non del tutto indispensabile, se mi è concesso dirlo.

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