Doppio cielo Doppio cielo

Doppio cielo

Letteratura italiana

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Ha vent'anni Luisu quando dalle dolci colline della contadina Fraus il padrone lo spedisce in groppa al puledro Baieddu nella città che Mussolini s'è inventato intorno all'industria estrattiva del prezioso carbone sardo. Adesso ancora più pregiato, in anni di ambizioso sforzo bellico. Ignaro, anche se scosso da un brutto sogno premonitore, Luisu è atteso da una vita di miniera, sotto un cielo diverso da quello che ha conosciuto nella sua vita campestre: la volta nera del Pozzo Uno, centosettanta metri sotto terra. Stesso destino spetterà al suo cavallo, convertito in bestia da traino per cunicoli asfittici. Però Carbonia - la cittadina nuova nuova del Duce - e le sue miniere, accettate da Luisu con rassegnazione, sono anche un mondo che raccoglie disparati pezzi di mondo mai visti a Fraus. Pezzi maligni - come il capo mezzo teutonico che pare sempre spuntare dal nulla o le stesse insidie del lavoro in miniera - e benigni, come Dondi, il sovversivo toscano lì confinato, o come l'amore da scoprire nei pochi svaghi che la vita concede sotto il cielo di sopra. Ogni novità, comunque, nel male e nel bene, viene bruciata da Luisu con energia e curiosità giovanili.



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Doppio cielo 2017-11-26 10:20:14 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    26 Novembre, 2017
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Storie di miniera

L'autore ci conduce con la maestria del grande narratore nel profondo delle viscere della terra, all’interno di un mondo buio e pieno d’insidie dove guadagnarsi il pane significa rischiare la vita ogni giorno. È infatti una storia di ambientazione mineraria quella che inizia a scorrere mentre si segue il giovane protagonista, Luisu Melas, le cui vicende finiscono per perdersi inevitabilmente tra quelle tumultuose della Storia con la esse maiuscola.
Era il tempo del “Taci, il nemico ti ascolta” e del carbone autarchico del Sulcis. La grande miniera di Serbariu raccoglieva braccia da ogni parte d’Italia sullo sfondo di Carbonia, città nuova e moderna che il regime fascista aveva fatto sorgere dal nulla solo pochi anni prima.
Luisu, vent’anni scanditi unicamente dai ritmi della vita contadina del paese immaginario di Fraus, vi giunge in groppa al puledro Baieddu quasi al termine del 1942, in pieno conflitto mondiale; per conto del padrone deve consegnare il cavallo, destinato a diventare bestia da traino nelle gallerie sotterranee, ma anche lui, trattenuto laggiù in qualità di “abile arruolato minatore” per assolvere il dovere della leva militare, è costretto a conoscere la traumatica discesa nel Pozzo Uno, tutto un altro mondo a ben centosettantasei metri sottoterra.
Luisu non ci metterrà molto a vedere con i suoi occhi campagnoli la miniera come un campo di battaglia, con tanto di morti e feriti da essere non meno pericolosa della guerra stessa.
Anche quella nuova realtà ha il suo cielo, anzi due: cielo doppio che alterna i suoi volti di buio e luce nell’eterno scendere e risalire dal pozzo; quello infido è il “cielo di sotto nero e basso, […] cielo che può cadere”, spazio angusto per corpo e mente dove il grisù, ancor più traditore, tende i suoi agguati di fuoco. Intorno a Luisu, che di sopra e di sotto percorre il suo personale percorso di crescita, si muovono altri personaggi, tra i quali il toscano anarchico, nonché confinato politico, Ferriero Dondi, il minatore-penitente tziu Macis e la figlia di quest’ultimo, Marialuisa, ragazza decisa dal bel nome d’erba.
Il libro di Angioni sa tenere viva l’attenzione del lettore dalle prime alle ultime pagine e solo allora, alle concitate battute conclusive, si comprenderà con amarezza che la fine del romanzo era già racchiusa nel suo inizio.
Una storia semplice e preziosa. Una lettura che ha il merito di farci voltare indietro ancora una volta per riscoprire, grazie all’intreccio inscindibile e ben dosato di finzione e realtà, un passato che ci appartiene e neppure tanto lontano.

Il professor Giulio Angioni se n’è andato, a causa di un male incurabile, lo scorso mese di gennaio. Faceva parte a pieno titolo di quel gruppo di scrittori sardi contemporanei il cui successo editoriale ha oltrepassato i confini isolani; era anzitutto un antropologo e i suoi studi accademici sono conosciuti anche nelle università europee. Per chi, come la sottoscritta, ha amato i suoi libri è stata una grave perdita, pensando a quante altre bellissime storie come questa di "Doppio cielo" avrebbe ancora potuto scrivere.

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Doppio cielo 2011-12-29 15:43:50 triven
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triven Opinione inserita da triven    29 Dicembre, 2011
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Pozzo zero

Eccolo qui, il libro raro e appartato che tutti vorremmo incontrare. Vivido come il ricordo lancinante del passato, profondo come l'abisso intravisto in una tragedia greca, tenero come la gioventù, semplice e totale come il primo amore... questo e tanto altro è la storia di Luisu che si fa un corpo, un cuore e una testa da minatore, da bovaro che era... e sembra, forse, all'inizio, un idillio bucolico, mentre invece è un'immagine realistica ma anche surreale dell'insensatezza della guerra, la seconda mondiale, vissuta negli sprofondi della miniera mussoliniana di Carbonia, immaginando di uscirne a puntellare il mondo. Lo consiglio assolutamente.

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Doppio cielo 2011-12-28 17:23:34 taxan
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taxan Opinione inserita da taxan    28 Dicembre, 2011
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Cose profonde

Letto d’un fiato, come a 15 anni. E’ un libro significativo, non solo per me che fino a 12 anni di età ho vissuto in quel mondo, anche quando non si tratti di un buon lettore. Di grande maestria è la costruzione del racconto e la dimensione dotta del narratore, che trama la narrazione di un altissimo intertesto letterario, dalla rivisitazione del mito di Prometeo alla struttura profonda di tragedia - proprio alla maniera greca - che assume la vicenda di Luisu, che non può sottrarsi al destino di morte, anzi va incontro a questo destino come un eroe tragico. Grande si rivela questo scrittore nella dimensione simpatetica con i suoi personaggi e ancor nella straordinaria capacità di scandagliarne gli animi. Molto bello anche l’uso della lingua che va di pari passo alla maturazione della coscienza del protagonista e che passa dal irismo della prima parte - quando il narratore si fonde col suo personaggio e il suo monologo interiore - alla prosa referenziale della parte finale. E quella delicata dimensione di pudore con cui è avvolta la gioia del dono di sé, espressa solo con le parole: “Poi, nell’erba alta degli incolti de Is Loccis, quel pomeriggio Luisu ha capito molto meglio che cosa vuol dire avere un corpo nuovo”. Particolarmente mi ha toccato il rapporto d’amore con un animale ...Baieddu che ti sveglia all’alba con i suoi labbroni sul viso e sulla testa, ... finché si è fatto mandare in superficie a preparare e accompagnare Baieddu nello sprofondare, per tenerlo buono, consolarlo, che non gli muoia di crepacuore ...e se l’è tenuto abbracciato, così, sacchetta al collo e panno sugli occhi, finché ha cominciato a prendere e tenere una carruba con le labbra, soffiando a lungo quei suoi grandi soffi di paura, come singhiozzi di un bambino che ha già pianto troppo. Sensibilità e modo di esprimerla da grande scrittore.

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Doppio cielo 2011-12-26 09:20:54 Nur
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Nur Opinione inserita da Nur    26 Dicembre, 2011
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Il cielo di sotto

Un bel romanzo italiano di formazione.
Un racconto antropologicamente e storicamente vero, e insieme commovemte. Gran bei personaggi. Ma il migliore è il puledro Baieddu, cavallino di miniera.
Certo la formazione di Luisu come minatore non è allettante come quella di Cenerentola che sposa il principe. Ma Doppio cielo è un racconto perfetto di una vita vissuta col salario della paura vivificata dal coraggio e dalla solidarietà e illuminata da pensieri di uguaglianza e di pace in un mondo in guerra mondiale. Tre indimenticabili personaggi, a parte i tanti "minori": il giovane Luisu che da bifolco si fa minatore, l'anarchico toscano Ferriero che con Lisu la fa da simpatico maestro in tutto, Marialuisa che ama Luisu. E c'è da aggiungere, infine ma non ultimo, il cavallino Baieddu, la cui fine commuove.




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