Narrativa straniera Romanzi storici La morte dell'avversario
 

La morte dell'avversario La morte dell'avversario

La morte dell'avversario

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Un romanzo capace di raccontare con lucidità e vigore narrativo la duplice, contraddittoria, ambigua reazione degli ebrei all’avvento del nazismo. Scritto da Keilson mentre viveva in clandestinità in Olanda e pubblicato per la prima volta nel 1947, La morte dell’avvversario è l’autoritratto di un giovane che sente di non potersi sottrarre al fascino di un anonimo avversario che sta conquistando il potere nella Germania degli anni Trenta. È un sentimento che avverte nascere dentro di sé dal momento in cui, ancora ragazzo, ascolta di nascosto le preoccupate conversazioni dei genitori su un controverso leader politico chiamato B. che ha iniziato la sua scalata al potere. Convinto che avere un nemico è indispensabile alla propria sopravvivenza, quando finalmente ascolta i discorsi di B. il protagonista, ormai adulto, rimane abbagliato da quelle parole e comincia a capire chi è davvero il suo avversario. Capisce soprattutto che B. ha bisogno di lui tanto quanto lui ha bisogno di B. Ci sono odio e disprezzo, nel suo animo, ma anche un forte senso di superiorità e una sinistra fascinazione.



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La morte dell'avversario 2011-07-11 11:32:59 LuigiDeRosa
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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    11 Luglio, 2011
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Le alci e i lupi

Per apprezzare la grandezza di questo romanzo bisogna porre attenzione alla biografia di Hans Keilson, ebreo olandese sfuggito ai nazisti, che ha passato la vita , come psicanalista,a curare bambini traumatizzati da campi di concentramento e guerre.Uno scrittore celebrato dai maggiori tabloid di settore negli Stati Uniti che in Italia abbiamo conosciuto solo grazie a questa pubblicazione Mondadori, peccato che proprio in questi giorni, il 1 giugno 2011 il signor Hans Keilson ci abbia lasciati, dopo 101 anni di vita passata a combattere l'avversario.
Nel testo mi ha colpito questo aneddoto che proverò a sintetizzarvi che a mio parere racchiude la riflessione amara, lucida e decisamente scioccante sul rapporto che viene sempre a crearsi fra vittima e carnefice magnificamente illustrata in tutto il romanzo.
Un giorno il Kaiser decise di far visita allo Zar il quale fu ben lieto di ospitare il cugino, in una delle sue tenute di caccia più belle. Il Kaiser durante la vacanza russa, fra l'altro, sottolineò più volte al cugino di quanto lo invidiasse per gli splendidi esemplari di alci che popolavano i suoi boschi, mentre in Germania non ne era rimasto vivo nessuno.
Lo Zar che aveva grande stima e simpatia per il cugino, quando venne il momento di congedarlo, gli fece dono di una splendida mandria di alci.
Il Kaiser, al settimo cielo, tornato a casa,radunò tutti i suoi guardiacaccia e ordinò loro di individuare un territorio salubre per clima e flora dove le sue alci avrebbero potuto vivere felici.
Dopo alcuni mesi però, i guardiacaccia cominciarono a registrare una moria di questi splendidi animali. Il Kaiser , su tutte le furie convocò i migliori veterinari, biologi, geologi del regno, ma tutti lo rassicurarono sulla bontà del fieno, delle foglie, del clima e della morfologia del territorio, senza tuttavia individuare la causa della moria. Alla fine lo Zar, contrariato inviò in Germania il suo miglior guardiacaccia che esaminò le bestie morte, il terreno,il fieno, poi si recò dal Kaiser e disse: "Maestà la sua tenuta è perfetta, c'è solo un problema,direi una mancanza". "Che problema? ,Che cosa manca?"chiese il Kaiser.
Il guardiacaccia rispose: "Maestà, mancano i lupi". Il Kaiser :"I lupi? Come è possibile, ho capito bene? I lupi?"
"Sì, maestà, le alci hanno bisogno anche dei lupi" , detto questo salutò e se ne tornò in Russia, fra le sue alci e i suoi lupi.
C'è un legame profondo che si crea fra le vittime e il loro carnefice che solo un uomo che ha provato le zanne di Hitler penetrare nelle proprie carni vi potrà spiegare per rilevarvi che alla fine anche i lupi muoiono ma non per la mancanza di alci.
di Luigi De Rosa

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